venerdì 23 gennaio 2015

Per Maroni e Salvini la mafia al nord, ed in particolare in Lombardia, non c'è.

La Lombardia delle ecomafie, tra cemento e rifiuti 

Prima regione del Nord per reati nel ciclo illegale del cemento e quarta nella classifica nazionale di quello dei rifiuti: il rapporto annuale di Legambiente mostra una regione in mano alla criminalità ambientale

La Lombardia delle ecomafie, tra cemento e rifiuti
Erica Balduzzi
La Lombardia dell’Expo è anche la Lombardia delle ecomafie, con buona pace dello slogan dell’esposizione universale:  più che nutrire il pianeta, la regione del Nord continua a nutrire anche i traffici illeciti di chi fa del sacco ambientale una delle proprie (illecite) fonti di reddito. A denunciarlo  è il rapporto di Legambiente “Ecomafia 2014”, il cui estratto lombardo è stato presentato mercoledì scorso a Milano e ha evidenziato come la regione del Nord sia tra i primi posti nella classifica nazionale per quanto riguarda numero di arresti per reati accertati contro l’ambiente, il ciclo illegale del cemento e quello dei rifiuti.
I numeri dell’illegalità ambientale in Italia. Più di 80 al giorno, cioè più di 3 ogni ora.  A tanto in Italia ammonta la quantità di infrazioni penali accertate negli ultimi dodici mesi dalle forze dell’ordine: 29.274, per l’esattezza. Il 25% dei reati sono stati accertati nel ciclo alimentare, il 22% nella fauna, il 15% nel ciclo dei rifiuti, il 14% in quello del cemento, mentre l’8% riguarda gli incendi boschivi e il 2% beni culturali e archeomafia. La nota positiva a livello nazionale, per quanto riguarda il 2013, è il calo del 14,2% dei reati ambientali rispetto all’anno precedente, quando era stato registrato il record di 34.120 infrazioni: calo dovuto principalmente al dimezzamento del numero degli incendi boschivi, passati da 8.304 a 3.042.  A dominare la macabra classifica dei reati ambientali in Italia è la Campania (4.703), seguita da Sicilia (3.568),  Puglia (2.931), Calabria (2.511) e Lazio (2.084). La Lombardia si classifica al nono posto nella classifica nazionale su base territoriale.
I dati lombardi. Nel 2013 in Lombardia sono stati 1.268 i reati accertati contro l’ambiente (pari al 4,3% del totale), 1085 le persone denunciate e 339 i sequestri effettuati. Sono stati invece 24 gli arresti: un numero più basso solo di quello registrato in Campania e in Puglia. Un balzo avanti è stato compiuto per quanto riguarda la classifica nazionale relativa al ciclo illegale di rifiuti: la Lombardia è infatti passata dal sesto al quarto posto, con 448 infrazioni accertate (il 7,8% del totale nazionale) , 376 persone denunciate e 114 sequestri effettuati. È inoltre la prima regione del Nord per quanto riguarda il ciclo illegale del cemento, con 341 persone denunciate e 265 infrazioni accertate (ottavo posto a livello nazionale).
Non solo. Se si considera la serie storica che registra i grandi traffici di rifiuti accertati dal 2002 ad oggi, la Lombardia occupa un posto di primo piano: è stata oggetto di 66 inchieste su 237 (pari al 27,8%), con l’emanazione di 148 ordini di custodia cautelare e il coinvolgimento di 85 aziende. La provincia lombarda per infrazioni accertate è quella di Bergamo (128), seguita da Milano (72), Cremona (63) e Monza (60).
“Sotto scacco da parte delle cosche”. I numeri emersi dal rapporto di Legambiente mettono in luce una regione che dietro la maschera tradizionale dell’efficienza nasconde un territorio in cui la criminalità ambientale è diffusa e pervasiva. Un esempio? Lo scioglimento per mafia del Comune di Sedriano: dal decreto di scioglimento e dalle sentenze è emerso infatti che in quel comune – così come in altri dell’hinterland milanese – faceva affari un’organizzazione criminale di origine calabrese, che con il monopolio sul movimento terra e i legami con l’amministrazione locale controllava cantieri e il settore dell’intermediazione  immobiliare.
«La Lombardia è sempre più sotto scacco da parte delle cosche e delle ecomafie – ha dichiarato Sergio Cannavò, responsabile Ambiente e Legalità Legambiente Lombardia – che trafficano e fanno affari ai danni dell’ambiente e del territorio, spesso con la complicità di colletti bianchi e di pubblici amministratori. Ma mentre la società civile, con fatica, cerca di reagire e rilanciare la lotta contro la criminalità ambientale, da parte della politica e del mondo imprenditoriale mancano prese di posizione forti e iniziative concrete». La principale difficoltà, secondo Cannavò, va ricercata nell’«assenza di una normativa penale in grado di prevenire e reprimere un fenomeno contro cui forze dell’ordine e magistratura stanno combattendo una lotta impari, con armi completamente spuntate. E’ da quasi un anno  – prosegue – che giace in Senato la proposta di legge, già approvata a larga maggioranza dalla Camera, che introduce i delitti contro l’ambiente nel nostro codice penale. Quanti altri disastri ambientali impuniti si dovranno avere prima che il Senato si decida a legiferare su questo punto?».

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