mercoledì 21 gennaio 2015

Riceviamo e pubblichiamo.

Libertà è informazione

Oggi parliamo di informazione e giornalismo. E di come ci rendano - o ci dovrebbero rendere - liberi
giornalismo e libertà d'opinione

Londra, 26 giugno 2014: i giornalisti di Bbc News protestano contro l'incarcerazione di tre giornalisti di Al Jazeera in Egitto, in quanto accusati di dare false notizie (Rob Stothard/Getty Images)

   
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È difficile e molto rischioso dedicare una giornata a ragionare sul proprio mestiere – a celebrarlo, per certi versi – senza che la cosa suoni auto-referenziale. Questa volta, tuttavia, ha senso farlo. Perché ne abbiamo viste e sentite troppe, in questi giorni.
Abbiamo visto massacrare dodici persone, a colpi di kalashinikov, nel bel mezzo di una riunione di redazione, ovviamente.
Abbiamo visto sfilare a Parigi, in nome di Charlie Hebdo e in difesa della libertà di stampa, il premier ungherese Viktor Orban, il primo ministro turco Davutoglu, il ministro degli esteri russo Lavrov, gente che i giornalisti li intimidisce e li incarcera, per non dire peggio.
Abbiamo visto, in Francia e in Italia, la gente fare la fila per comprare in edicola il feticcio di una tragedia, o per provare l’ebrezza di sentirsi libertaria per un giorno, e non dire nulla (in Francia) per il fermo di Dieudonné, accusato di quello che è difficile non definire un reato d’opinione e (in Italia) per una legge sulla diffamazione che secondo Stefano Rodotà « mette a rischio il diritto costituzionale ad informare ed essere informati».
Infine, abbiamo visto un bambino, in quella piazza in cui tutti erano Charlie, reggere un cartello colorato su cui c’era scritto: «Diventerò un giornalista. Io non ho paura». E quel bambino, ci ha dato un po’ di coraggio e fiato, dopo giorni passati a digerire angoscia e ipocrisia.
Se oggi ne parliamo, parafrasando Gaber, perché crediamo che quel bambino abbia ragione. Che anche se non sono tempi semplici, per chi le informazioni le veicola - tra l'incudine del cambiamento tecnologico e il martello della crisi - così come per chi la riceve - letteralmente sommerso da un flusso informativo incontrollato -, l'informazione sia davvero un elemento costitutivo di una società che si definisce libera. Che sia un antidoto alla paura. Che possa davvero fare la differenza. 

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