REBUS POLITICO
M5s, sul Quirinale divisioni, dilemmi e rischio di strappo
Sfaldati, indeboliti e spaesati. I 137 pentastellati in crisi sul dopo-Napolitano: restare fedeli ai capi o rompere? Vendola e Civati: «Votate assieme a noi».More Sharing Services
Ma il Movimento 5 stelle cosa fa? Chi vota al Quirinale? Subito dopo le disquisizioni sulle risse interne al Partito democratico, nei Palazzi della politica romana sono gli interrogativi sui grillini a tenere banco.
Soprattutto ora che Pippo Civati e Nichi Vendola hanno lanciato l'assist: «Giocate con noi questa partita».
Sfaldati, indeboliti, separati in casa che siano, i “guerrieri meravigliosi” di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio restano comunque la seconda forza politica di peso dopo il Pdn (Patto del Nazareno o Partito della nazione che dir si voglia) e i suoi alleati.
È logico, quindi, che i riflettori vengano puntati proprio sulle loro facce.
Lettera43.it ha provato a capire quale sia l'orientamento pentastellato, scoprendo però divisioni, programmi, desideri e dilemmi di una truppa che appare sempre più sfilacciata e senza una meta comune.
IL 50% RESTA FEDELE. Usando il gioco di percentuali calcolato da un parlamentare nelle pause dei lavori, i 137 parlamentari del M5s sono divisi in tre blocchi: un 50% che è e sarà fedele ai capi politici, rispettando ogni indicazione del blog.
Un 25% di dissidenti che vorrebbero creare l'incidente diplomatico per mollare il gruppo, ma sono bloccati da dubbi e paure di un salto nel buio.
UN 25% NON NE PUÒ PIÙ. E un altro 25% di «incazzati irrecuperabili» che vorrebbero approfittare della elezione del nuovo capo dello Stato per sbattere la porta in faccia al direttorio, ai talebani, al blog, di cui hanno ormai le tasche piene.
Soprattutto ora che Pippo Civati e Nichi Vendola hanno lanciato l'assist: «Giocate con noi questa partita».
Sfaldati, indeboliti, separati in casa che siano, i “guerrieri meravigliosi” di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio restano comunque la seconda forza politica di peso dopo il Pdn (Patto del Nazareno o Partito della nazione che dir si voglia) e i suoi alleati.
È logico, quindi, che i riflettori vengano puntati proprio sulle loro facce.
Lettera43.it ha provato a capire quale sia l'orientamento pentastellato, scoprendo però divisioni, programmi, desideri e dilemmi di una truppa che appare sempre più sfilacciata e senza una meta comune.
IL 50% RESTA FEDELE. Usando il gioco di percentuali calcolato da un parlamentare nelle pause dei lavori, i 137 parlamentari del M5s sono divisi in tre blocchi: un 50% che è e sarà fedele ai capi politici, rispettando ogni indicazione del blog.
Un 25% di dissidenti che vorrebbero creare l'incidente diplomatico per mollare il gruppo, ma sono bloccati da dubbi e paure di un salto nel buio.
UN 25% NON NE PUÒ PIÙ. E un altro 25% di «incazzati irrecuperabili» che vorrebbero approfittare della elezione del nuovo capo dello Stato per sbattere la porta in faccia al direttorio, ai talebani, al blog, di cui hanno ormai le tasche piene.
«Se non ce ne andiamo dal Movimento ora, quando?»
Insomma, proprio un bel clima alla vigilia di uno degli appuntamenti più importanti per la vita delle istituzioni del nostro Paese.
«Sono mesi che viviamo in una situazione assurda, paradossale. Alcuni di noi hanno avuto la forza di andarsene, altri invece non hanno avuto lo stesso coraggio», sospira un deputato meridionale in una delle poche pause tra un voto e l'altro sulla riforma del Senato.
Il tempo appena di un caffè per staccare la spina dal “costruzionismo” grillino e magari sfogare qualche frustrazione. «Se non ce ne andiamo adesso, quando dovremmo farlo?», aggiunge la fonte in uno slancio di confidenza con il cronista.
«CI STANNO AFFONDANDO». «Beppe e Gianroberto stanno affondando il Movimento perché il loro obiettivo è sempre stato quello di creare una forza dal 10-15% al massimo, con truppe più esigue e parlamentari fedeli. Anzi, fedelissimi...».
Finito il caffè, la gola profonda è costretta a tornare in Aula.
Altri colleghi aspettano il loro turno per un giro alla buvette o un pit-stop al bagno. Il presidio dell'aula è totale.
Lettera43.it ha comunque parlato con esponenti di tutte e tre le micro-aree interne ai cinque stelle, scoprendo anche i timori di quel 25% di delusi da Grillo e Casaleggio, ma ancora in dubbio se compiere o meno lo strappo durante le votazioni per il successore di Napolitano.
«ABBIAMO PAURA DEL SALTO». «Ormai è un gioco di sguardi con gli altri colleghi “dissidenti”», rivela una deputata del centro Italia, «gli “incazzati” cronici mostrano segni di insofferenza con noi quotidianamente, ma come noi capiamo loro, anche loro devono capire noi. Abbiamo paura di fare un salto nel vuoto».
«Sono mesi che viviamo in una situazione assurda, paradossale. Alcuni di noi hanno avuto la forza di andarsene, altri invece non hanno avuto lo stesso coraggio», sospira un deputato meridionale in una delle poche pause tra un voto e l'altro sulla riforma del Senato.
Il tempo appena di un caffè per staccare la spina dal “costruzionismo” grillino e magari sfogare qualche frustrazione. «Se non ce ne andiamo adesso, quando dovremmo farlo?», aggiunge la fonte in uno slancio di confidenza con il cronista.
«CI STANNO AFFONDANDO». «Beppe e Gianroberto stanno affondando il Movimento perché il loro obiettivo è sempre stato quello di creare una forza dal 10-15% al massimo, con truppe più esigue e parlamentari fedeli. Anzi, fedelissimi...».
Finito il caffè, la gola profonda è costretta a tornare in Aula.
Altri colleghi aspettano il loro turno per un giro alla buvette o un pit-stop al bagno. Il presidio dell'aula è totale.
Lettera43.it ha comunque parlato con esponenti di tutte e tre le micro-aree interne ai cinque stelle, scoprendo anche i timori di quel 25% di delusi da Grillo e Casaleggio, ma ancora in dubbio se compiere o meno lo strappo durante le votazioni per il successore di Napolitano.
«ABBIAMO PAURA DEL SALTO». «Ormai è un gioco di sguardi con gli altri colleghi “dissidenti”», rivela una deputata del centro Italia, «gli “incazzati” cronici mostrano segni di insofferenza con noi quotidianamente, ma come noi capiamo loro, anche loro devono capire noi. Abbiamo paura di fare un salto nel vuoto».
L'attesa dei nomi di Renzi: bluff o faide interne?
Chi dubbi non ne ha sono ovviamente i fedelissimi alla 'ditta' pentastellata.
Anche se a leggere le dichiarazioni pubbliche dei cinque membri del Direttorio, non esiste nemmeno una sintesi sui nomi da proporre, né la volontà di intavolare una trattativa con Matteo Renzi o qualche emissario del Pd.
IL VOTO SUL BLOG. Dopo le bocciature plurime che Beppe Grillo ha elargito in uno dei suoi ultimi post, Carla Ruocco, Carlo Sibilia, Alessandro Di Battista, Roberto Fico e Luigi Di Maio ripetono in ogni occasione di aspettare che il premier fornisca al M5s un nome o una rosa di nomi, per poi sottoporli al vaglio della Rete degli iscritti. Naturalmente attraverso il blog.
IPOTESI DI FALSA APERTURA. Gli osservatori politici hanno dato a questa mossa due diversi tipi di interpretazione: o i vertici del M5s hanno mostrato una falsa apertura nei confronti della maggioranza per togliere alibi ai possibili scissionisti, o il gruppo è talmente sfaldato da non essere in grado di esprimere una o più candidature senza il rischio di nuove faide interne.
Qualunque sia la soluzione del rebus, resta comunque l'incertezza sul futuro del Movimento. E in un clima così teso, il silenzio di Grillo e Casaleggio non è un segnale di speranza.
Anche se a leggere le dichiarazioni pubbliche dei cinque membri del Direttorio, non esiste nemmeno una sintesi sui nomi da proporre, né la volontà di intavolare una trattativa con Matteo Renzi o qualche emissario del Pd.
IL VOTO SUL BLOG. Dopo le bocciature plurime che Beppe Grillo ha elargito in uno dei suoi ultimi post, Carla Ruocco, Carlo Sibilia, Alessandro Di Battista, Roberto Fico e Luigi Di Maio ripetono in ogni occasione di aspettare che il premier fornisca al M5s un nome o una rosa di nomi, per poi sottoporli al vaglio della Rete degli iscritti. Naturalmente attraverso il blog.
IPOTESI DI FALSA APERTURA. Gli osservatori politici hanno dato a questa mossa due diversi tipi di interpretazione: o i vertici del M5s hanno mostrato una falsa apertura nei confronti della maggioranza per togliere alibi ai possibili scissionisti, o il gruppo è talmente sfaldato da non essere in grado di esprimere una o più candidature senza il rischio di nuove faide interne.
Qualunque sia la soluzione del rebus, resta comunque l'incertezza sul futuro del Movimento. E in un clima così teso, il silenzio di Grillo e Casaleggio non è un segnale di speranza.
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