CALIFFATO
La sharia dell'Isis: esecuzioni, torture e legge del taglione
Gay giù dai tetti. Donne lapidate. Eretici sgozzati. Ladri crocifissi. Risate vietate. Il senso della giustizia per gli jihadisti. Che pubblicano le loro crudeltà in Rete.
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23 Gennaio 2015
Montagne di sigarette bruciate, roghi di libri blasfemi, persino il divieto di ridere in strada.
Ma c’è di peggio nei territori controllati dall’Isis, o Daesh, come in arabo si chiamano i jihadisti dello Stato islamico.
Omosessuali gettati dal tetto, oppositori religiosi (anche musulmani) sgozzati o crocefissi, ragazzi fucilati in pubblico per aver guardato una partita di calcio in tivù: gesti continuamente riportati - spesso per immagini - dalle cronache dei media, per loro convintamente normali.
DIATRIBA SULLA LEGITTIMAZIONE. In Occidente c’è grande diatriba su come etichettare i fondamentalisti islamici, che appoggiano gli attentati terroristici in Europa, Canada e Australia: gli Stati Uniti, per esempio, rifiutano la denominazione di Stato islamico, per non legittimare internazionalmente le istituzioni, politiche e anche giuridiche, dei tagliagola.
Non solo nel Nord dell’Iraq e della Siria. L’applicazione più estrema della sharia(legge islamica), in atto tra i talebani iconoclasti dell’Afghanistan e del Pakistan - il leader del gruppo della distruzione dei Buddha è lo stesso della strage di bambini alla scuola di Peshawar - è prassi in ogni fortino o lembo di territorio controllato da gruppi dell’Isis.
DECAPITAZIONI A CATENA. Nel Califfato di Derna, in Libia, come a Raqqa, capitale siriana dello Stato islamico, le teste degli infedeli, takfir, vengono tagliate.
In Egitto, nel Sinai infestato dagli affiliati di al Qaeda, casa madre ripudiata dall’Isis, si rapisce e decapita come nella Cabilia algerina, di rimpetto al Mediterraeno.
O a Sud, nel Mali dove le teste dei tuareg finiscono sui banchi del mercato. In Nigeria, i jihadisti pro Isis di Boko Haram massacrano migliaia di civili.
Coperto da un passamontagna l’uomo è precipitato nel vuoto dopo che, a terra, un jihadista incappucciato aveva letto la sentenza delle corti islamiche.
«ATTI INDECENTI CON I MASCHI». Non è la prima volta. Dopo la proclamazione del Califfato, nel giugno 2014, lo Stato islamico ha regolarmente giustiziato gay, lanciandoli dagli edifici o lapidandoli.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani, organo di propaganda dei ribelli con base a Londra, ha denunciato la morte a pietrate di due ragazzi, a Deir Ezzor, per «atti indecenti con i maschi».
Diverse lapidazioni sono state compiute dall’Isis, in Siria e in Iraq, su donne accusate di adulterio, giustiziate anche dai qaedisti rivali di al Nusra.
Altre decine, almeno 150 secondo il ministero per i Diritti umani di Baghdad e in maggioranza curde-yazide, sono state vittime di esecuzioni, nella provincia irachena di Anbar, per il loro rifiuto di sposare i jihadisti dopo la deportazione e riduzione in schiavitù.
RIVENDUTE COME SCHIAVE. Un rapporto delle Nazioni unite ha confermato che nello Stato islamico le donne vengono rapite e rivendute come schiave: l’Isis ha anche pubblicato un tariffario.
E in Rete è circolato un video di una donna accusata di adulterio a Hama, nella Siria centrale, lapidata dal padre con i jihadisti. «Ciò che succede adesso è il risultato di quello che hai fatto», rivendicano i boia.
Le vittime sono, in genere, donne punite per l’adulterio o la gravidanza fuori dal matrimonio, anche nei casi di stupro.
BIMBA DI 6 ANNI STUPRATA E UCCISA. Nel 2015 i sauditi - alleati degli Usa contro l’Isis - hanno anche decapitato in strada una donna, per aver stuprato e assassinato la figliastra di 6 anni. Ma la sharia dell’Isis è ancora più radicale.
A Mosul, 13 ragazzini sono stati massacrati a mitragliate, per aver tifato la nazionale di calcio davanti alla tivù, «violando la sharia», hanno denunciato gli attivisti di 'Raqqa is being slaughtered silently' ('Raqqa è macellata in silenzio').
Diversi cittadini dello Stato islamico sono stati esposti crocifissi, alla mercé della folla.
SPIA PORTATA IN PROCESSIONE. È il caso di alcuni «ladri di Mosul» o di una presunta «spia anti-Isis» di Aleppo, legata sulla croce, sgozzata dal boia e da lì trasportata in strada, come in processione, come ha documentato il sito di intelligence Site, che monitora i network islamisti.
Online, l’Isis ha diffuso un suo «codice penale» che prescrive la pena di morte per blasfemia, sodomia e spionaggio, anche se pentiti. Lapidazione per l’adulterio. Morte e crocifissione per omicidi e rapinatori.
Ad Aleppo, in Siria, i jihadisti hanno spaccato gli strumenti musicali e bastonato i loro possessori.
NON RIDERE IN PUBBLICO. In Libia, chi è in fuga da Derna racconta di «montagne di sigarette bruciate e del divieto di ridere in strada dei folli dell’Isis».
Un soldato è stato decapitato e i drogati o chi beve sono incatenati e frustati nei centri di disintossicazione.
Non aiuta frenare il flusso dei sunniti nell’Isis l’invito alle donne del vice premier turco, moderato islamico Bülent Arinç (Akp), di «non ridere in pubblico».
Ma c’è di peggio nei territori controllati dall’Isis, o Daesh, come in arabo si chiamano i jihadisti dello Stato islamico.
Omosessuali gettati dal tetto, oppositori religiosi (anche musulmani) sgozzati o crocefissi, ragazzi fucilati in pubblico per aver guardato una partita di calcio in tivù: gesti continuamente riportati - spesso per immagini - dalle cronache dei media, per loro convintamente normali.
DIATRIBA SULLA LEGITTIMAZIONE. In Occidente c’è grande diatriba su come etichettare i fondamentalisti islamici, che appoggiano gli attentati terroristici in Europa, Canada e Australia: gli Stati Uniti, per esempio, rifiutano la denominazione di Stato islamico, per non legittimare internazionalmente le istituzioni, politiche e anche giuridiche, dei tagliagola.
- Cumuli di sigarette bruciate dall'Isis a Mosul, in Iraq. (Twitter)
Non solo nel Nord dell’Iraq e della Siria. L’applicazione più estrema della sharia(legge islamica), in atto tra i talebani iconoclasti dell’Afghanistan e del Pakistan - il leader del gruppo della distruzione dei Buddha è lo stesso della strage di bambini alla scuola di Peshawar - è prassi in ogni fortino o lembo di territorio controllato da gruppi dell’Isis.
DECAPITAZIONI A CATENA. Nel Califfato di Derna, in Libia, come a Raqqa, capitale siriana dello Stato islamico, le teste degli infedeli, takfir, vengono tagliate.
In Egitto, nel Sinai infestato dagli affiliati di al Qaeda, casa madre ripudiata dall’Isis, si rapisce e decapita come nella Cabilia algerina, di rimpetto al Mediterraeno.
O a Sud, nel Mali dove le teste dei tuareg finiscono sui banchi del mercato. In Nigeria, i jihadisti pro Isis di Boko Haram massacrano migliaia di civili.
1. Omosessuali lanciati dai tetti
- Un gay giustiziato dall'Isis a Mosul, in Iraq.
Coperto da un passamontagna l’uomo è precipitato nel vuoto dopo che, a terra, un jihadista incappucciato aveva letto la sentenza delle corti islamiche.
«ATTI INDECENTI CON I MASCHI». Non è la prima volta. Dopo la proclamazione del Califfato, nel giugno 2014, lo Stato islamico ha regolarmente giustiziato gay, lanciandoli dagli edifici o lapidandoli.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani, organo di propaganda dei ribelli con base a Londra, ha denunciato la morte a pietrate di due ragazzi, a Deir Ezzor, per «atti indecenti con i maschi».
2. Donne lapidate per adulterio
- La donna lapidata dall'Isis a Hama, in Siria. (Youtube)
Diverse lapidazioni sono state compiute dall’Isis, in Siria e in Iraq, su donne accusate di adulterio, giustiziate anche dai qaedisti rivali di al Nusra.
Altre decine, almeno 150 secondo il ministero per i Diritti umani di Baghdad e in maggioranza curde-yazide, sono state vittime di esecuzioni, nella provincia irachena di Anbar, per il loro rifiuto di sposare i jihadisti dopo la deportazione e riduzione in schiavitù.
RIVENDUTE COME SCHIAVE. Un rapporto delle Nazioni unite ha confermato che nello Stato islamico le donne vengono rapite e rivendute come schiave: l’Isis ha anche pubblicato un tariffario.
E in Rete è circolato un video di una donna accusata di adulterio a Hama, nella Siria centrale, lapidata dal padre con i jihadisti. «Ciò che succede adesso è il risultato di quello che hai fatto», rivendicano i boia.
3. Ragazzi mitragliati per un partita
- Bastonato dall'Isis per possedere strumenti musicali. (Twitter)
Le vittime sono, in genere, donne punite per l’adulterio o la gravidanza fuori dal matrimonio, anche nei casi di stupro.
BIMBA DI 6 ANNI STUPRATA E UCCISA. Nel 2015 i sauditi - alleati degli Usa contro l’Isis - hanno anche decapitato in strada una donna, per aver stuprato e assassinato la figliastra di 6 anni. Ma la sharia dell’Isis è ancora più radicale.
A Mosul, 13 ragazzini sono stati massacrati a mitragliate, per aver tifato la nazionale di calcio davanti alla tivù, «violando la sharia», hanno denunciato gli attivisti di 'Raqqa is being slaughtered silently' ('Raqqa è macellata in silenzio').
4. “Eretici” sgozzati e ladri crocifissi
- Crocifissi a Mosul. (LiveLeak)
Diversi cittadini dello Stato islamico sono stati esposti crocifissi, alla mercé della folla.
SPIA PORTATA IN PROCESSIONE. È il caso di alcuni «ladri di Mosul» o di una presunta «spia anti-Isis» di Aleppo, legata sulla croce, sgozzata dal boia e da lì trasportata in strada, come in processione, come ha documentato il sito di intelligence Site, che monitora i network islamisti.
Online, l’Isis ha diffuso un suo «codice penale» che prescrive la pena di morte per blasfemia, sodomia e spionaggio, anche se pentiti. Lapidazione per l’adulterio. Morte e crocifissione per omicidi e rapinatori.
5. Frustrati per alcol, droghe o divertimenti
- Strumenti spaccati dall'Isis ad Aleppo. (Twitter)
Ad Aleppo, in Siria, i jihadisti hanno spaccato gli strumenti musicali e bastonato i loro possessori.
NON RIDERE IN PUBBLICO. In Libia, chi è in fuga da Derna racconta di «montagne di sigarette bruciate e del divieto di ridere in strada dei folli dell’Isis».
Un soldato è stato decapitato e i drogati o chi beve sono incatenati e frustati nei centri di disintossicazione.
Non aiuta frenare il flusso dei sunniti nell’Isis l’invito alle donne del vice premier turco, moderato islamico Bülent Arinç (Akp), di «non ridere in pubblico».
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