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Perché Bersani dovrebbe silenziare Fassina
La 'rivelazione' contro Renzi è stata una canagliata. Ora dovrebbe lasciare il partitoMore Sharing Services
Tecnicamente quella di Stefano Fassina, cioè l’accusa a Matteo Renzi di essere in capo dei 101 rivoltosi che affossarono Romano Prodi, non è una rivelazione ma una canagliata.
Provo a spiegarmi. La cosiddetta “rivelazione” avviene molto tempo dopo il fatto contestato, lasciando immaginare una lunga omertà di Fassina dovuta a viltà o a contiguità con l’accusato nell’operazione ammazza-Prodi.
La cosiddetta “rivelazione” fatta ora crea un indebolimento “morale” del premier-segretario che è accettabile solo da un esponente politico di un altro partito, non da un dirigente dello stesso partito.
La cosiddetta “rivelazione” è poi manifestamente menzognera, perché tutto lascia pensare che la rivolta dei 101 ebbe più capi e più facilitatori, non escluso quindi anche Renzi, ma non esclusi leader della stessa area di Fassina e forse Fassina medesimo.
NON HA IL FISICO DEL CAPO. Quest'ultimo sta svolgendo un ruolo non bello nello scontro politico.
Si è presentato sulla scena, dopo una fase ultra-liberista, come un neo-statalista, legato al sindacato, cultore della sinistra di un tempo. È apparso serio, studioso, un po’ schematico, non alieno da ambizioni di potere. Fece, infatti, il sottosegretario alla prima occasione utile, fu coerentemente anti-renziano a differenza di Matteo Orfini che non riesce a stare in minoranza più di cinque minuti.
Questo Fassina ha non il fisico del capo né la parlantina del leader. È tragicamente triste e appare voto-repellente, cioè se non sostenuto da qualcuno, altro leader o organizzazione, tipo la Cgil, difficilmente verrebbe votato. Tuttavia si è aperto un varco nella politica nazionale con caparbietà e di ciò gliene va dato atto.
Le sue polemiche sono sempre astiose, come prima del bicarbonato. Si vede che ha un rapporto ostile con il mondo e che considera il nemico interno peggiore di quello esterno.
Con questo stato d’animo e con questa cultura lo stalinismo fece stragi.
DOVREBBE USCIRE DAL PARTITO. Oggi Fassina, e alcune decine di dirigenti del Pd, mostra non solo disprezzo nei confronti di Renzi ma sogna di stare da un’altra parte.
La domanda è: perché non ci va? È una domanda normale fatta da un apolide di sinistra che ormai non capisce perché persone che si disistimano, che hanno progetti diversi, che passano le giornate a insultarsi e a fare prove muscolari, debbano comunque stare nello stesso partito.
Bisogna anche dire che Pier Luigi Bersani, che ho recentemente elogiato per il suo spirito unitario, non può più fare finta di non vedere.
Il suo più fedele collaboratore e affossatore, Miguel Gotor, capeggia la rivolta dei senatori dem. Il suo pupillo, Fassina, viene dalla covata di Vincenzo Visco, a lungo fratello gemello in politica di Bersani, e lancia accuse da codice penale: di fronte a tutto questo l'ex segretario Pd che fa: tace? Dissente? incoraggia? Mi piacerebbe saperlo.
Provo a spiegarmi. La cosiddetta “rivelazione” avviene molto tempo dopo il fatto contestato, lasciando immaginare una lunga omertà di Fassina dovuta a viltà o a contiguità con l’accusato nell’operazione ammazza-Prodi.
La cosiddetta “rivelazione” fatta ora crea un indebolimento “morale” del premier-segretario che è accettabile solo da un esponente politico di un altro partito, non da un dirigente dello stesso partito.
La cosiddetta “rivelazione” è poi manifestamente menzognera, perché tutto lascia pensare che la rivolta dei 101 ebbe più capi e più facilitatori, non escluso quindi anche Renzi, ma non esclusi leader della stessa area di Fassina e forse Fassina medesimo.
NON HA IL FISICO DEL CAPO. Quest'ultimo sta svolgendo un ruolo non bello nello scontro politico.
Si è presentato sulla scena, dopo una fase ultra-liberista, come un neo-statalista, legato al sindacato, cultore della sinistra di un tempo. È apparso serio, studioso, un po’ schematico, non alieno da ambizioni di potere. Fece, infatti, il sottosegretario alla prima occasione utile, fu coerentemente anti-renziano a differenza di Matteo Orfini che non riesce a stare in minoranza più di cinque minuti.
Questo Fassina ha non il fisico del capo né la parlantina del leader. È tragicamente triste e appare voto-repellente, cioè se non sostenuto da qualcuno, altro leader o organizzazione, tipo la Cgil, difficilmente verrebbe votato. Tuttavia si è aperto un varco nella politica nazionale con caparbietà e di ciò gliene va dato atto.
Le sue polemiche sono sempre astiose, come prima del bicarbonato. Si vede che ha un rapporto ostile con il mondo e che considera il nemico interno peggiore di quello esterno.
Con questo stato d’animo e con questa cultura lo stalinismo fece stragi.
DOVREBBE USCIRE DAL PARTITO. Oggi Fassina, e alcune decine di dirigenti del Pd, mostra non solo disprezzo nei confronti di Renzi ma sogna di stare da un’altra parte.
La domanda è: perché non ci va? È una domanda normale fatta da un apolide di sinistra che ormai non capisce perché persone che si disistimano, che hanno progetti diversi, che passano le giornate a insultarsi e a fare prove muscolari, debbano comunque stare nello stesso partito.
Bisogna anche dire che Pier Luigi Bersani, che ho recentemente elogiato per il suo spirito unitario, non può più fare finta di non vedere.
Il suo più fedele collaboratore e affossatore, Miguel Gotor, capeggia la rivolta dei senatori dem. Il suo pupillo, Fassina, viene dalla covata di Vincenzo Visco, a lungo fratello gemello in politica di Bersani, e lancia accuse da codice penale: di fronte a tutto questo l'ex segretario Pd che fa: tace? Dissente? incoraggia? Mi piacerebbe saperlo.
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