giovedì 19 giugno 2014

Quello di Grillo é un partito azienda tutto c'entrato su strategie di marketing. Politica zero.

M5s, con l'apertura al Pd cambia la strategia comunicativa: largo agli uomini "istituzionali", meno spazio ai "barricaderi"

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DI BATTISTA DI MAIO
Che sia vera o strumentale, l'apertura di Beppe Grillo al dialogo con il Partito democratico ha rimescolato le carte all'interno del Movimento 5 stelle. Non una mossa improvvisata. Il cambio di strategia, incubato all'indomani delle elezioni europee, è stato meditato a lungo e studiato a tavolino.
Prima l'incontro con Andrea Orlando sulla legge anticorruzione, poi la proposta di dialogo a Matteo Renzi sulla legge elettorale. Non servono retroscena di sorta per inquadrare le prime mosse del nuovo corso, bastano le parole di Luigi Di Maio: "Prima delle Europee eravamo convinti che con il dato che avremmo ottenuto avremmo potuto aprire una crisi di governo ma non è stato possibile. Speravamo di spaccare la maggioranza, adesso invece si prospetta un'altra vita di questa legislatura, una vita più lunga e abbiamo il dovere di proporre la nostra idea di riforma elettorale votata dai cittadini".
Tutto chiaro, tutto alla luce del sole. Ma la svolta, decisa a Milano e condivisa con i capigruppo solamente lo scorso 5 giugno, quando per la prima volta hanno incontrato Gianroberto Casaleggio dopo l'esito del voto, ha spiazzato in molti. I più critici, perché sono state raccolte unilateralmente le loro proposte datate di un anno, le stesse per le quali quattro senatori furono espulsi dal Movimento. Ma anche i più duri, che hanno visto sconfessare clamorosamente la linea di dura protesta sulla quale avevano trascinato l'intero gruppo.
Il cambio di linea ha disorientato più questi ultimi che i cosiddetti dissidenti. Alessandro Di Battista, il cui volto ha incarnato tante delle battaglie "al limite" condotte dal M5s in questi mesi, è stato avvistato sui divanetti di Montecitorio in una sorta di sfogo alla presenza di Roberto Fico, Giuseppe Brescia e Manlio Di Stefano. Un'unica parola è uscita più volte dalla bozza del parlamentare romano: "Renzi". L'area intransigente del Movimento non vuole mollare di un millimetro, e desidera continuare a incalzare il governo così come è stato fatto finora.
Ma lo staff ha virato decisamente anche sullo stile della comunicazione. Dopo l'overdose pre-elettorale, le presenze televisive si sono diradate, e vengono studiate al millimetro una ad una. L'indicazione è quella di mostrare pubblicamente il volto rassicurante dell'universo a 5 stelle, quei parlamentari che funzionano meglio comunicativamente nel trasmettere quella sensazione di "forza moderata" della quale i due diarchi vogliono vestire la propria creatura.
Così, negli ultimi giorni, sono stati i due capigruppo - considerati dei pontieri fra le due anime del Movimento - a sobbarcarsi il peso di spiegare quel che stava maturando nell'universo a 5 stelle. Con Maurizio Buccarella e Giuseppe Brescia la Casaleggio Associati tiene un filo diretto, assume le scelte strategiche e decide come veicolarle all'esterno. Decisioni unidirezionali, che creano inevitabili cortocircuiti. "Abbiamo fatto tre assemblee e deciso insieme di cambiare linea rispetto ai partiti", ha spiegato Brescia. Sconfessato a stretto giro di posta da Walter Rizzetto: "Mai parlato in assemblea di aprire a Renzi".
Ma al di là dell'immancabile dissidio interno, la strategia del M5s ha portato alla ribalta quelli che sono considerati i volti più istituzionali, meno barricaderi tra gli uomini di Grillo. Così oltre a Di Maio (vero player di questa nuova stagione) e ai due capigruppo, in televisione vengono spesi i toni dotti e le facce pulite di Danilo Toninelli, Riccardo Fraccaro e Carla Ruocco (che spesso fa capolino corso del Tg1 della sera per commentare i provvedimenti economici del governo), l'aplomb inscalfibile del professor Nicola Morra, come anche la "dissidenza soft" del friulano Walter Rizzetto.
Sembra per ora archiviata la fase di rottura, quando a bucare il piccolo schermo erano i toni battaglieri di Di Battista, di Laura Castelli o di Alessio Villarosa. Di Maio cerca di scrollarsi di dosso la leadership della nouvelle vague movimentista: "Vogliono solo spaccare il Movimento". Forse. O forse nel M5s sta semplicemente accadendo quel che ricordava Machiavelli cinque secoli fa: "Deve essere ricordato che nulla è più difficile da pianificare, più dubbio a succedere o più pericoloso da gestire che la creazione di un nuovo sistema".

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