Il Papa in Calabria davanti a 250mila fedeli: “I mafiosi sono scomunicati”
"La 'ndrangheta adora i soldi e disprezza il bene": anatema del Pontefice nell'omelia della Messa celebrata sulla Piana di Sibari. Prima ha fatto anche visita ai detenuti nel carcere di Castrovillari: "Pregate per me perché anche io faccio i miei sbagli e devo fare penitenza". Poi ha incontrato i famigliari di Cocò Campilongo, ucciso e bruciato dalle cosche della 'ndrangheta a 3 anni: "Mai più - ha detto loro Bergoglio - succeda che un bambino debba sopportare queste sofferenze"
“La Chiesa deve dire di no alla ‘ndrangheta. I mafiosi sono scomunicati”. Papa Francesco, nell’omelia della Messa celebrata sulla piana di Sibari, ha aggiunto a braccio il suo durissimo anatema contro i mafiosi. “Quando non si adora il Signore – ha affermato Bergoglio – si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza e la vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ‘ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male – ha scandito con forza il Papa – va combattuto, va allontanato. Bisogna dirgli di no. La Chiesa, che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostriragazzi. Ce lo domandano i nostri giovani, bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare”. Nell’omelia il Papa ha invitato i duecentomila fedeli presenti a “rinunciare agli idoli del denaro, della vanità, dell’orgoglio e del potere” e “al male in tutte le sue forme”.
“Come vescovo di Roma – ha affermato Francesco – sono qui per confermarvi non solo nella fede ma anche nella carità, per accompagnarvi e incoraggiarvi nel vostro cammino con Gesù carità. Voglio esprimere il mio sostegno al vescovo, ai presbiteri e ai diaconi di questa Chiesa. Ma lo estendo a tutti i pastori e fedeli della Chiesa in Calabria, impegnata coraggiosamente nell’evangelizzazione e nel favorire stili di vita e iniziative che pongano al centro le necessità dei poveri e degli ultimi. E lo estendo anche alle autorità civili che cercano di vivere l’impegno politico e amministrativo per quello che è, un servizio al bene comune”. Francesco ha incoraggiato “tutti a testimoniare la solidarietà concreta con i fratelli, specialmente quelli che hanno più bisogno di giustizia, di speranza, di tenerezza. Grazie a Dio ci sono tanti segni di speranza nelle vostre famiglie, nelle parrocchie, nelle associazioni, nei movimenti ecclesiali“. E ai giovani “che vogliono mettersi in gioco e creare possibilità lavorative per sé e per gli altri”, il Papa ha rivolto un monito particolare: “Non lasciatevi rubare la speranza! Opponetevi al male, alle ingiustizie, alla violenza con la forza del bene, del vero e del bello”.
“Pregate per me perché anche io faccio i miei sbagli e devo fare penitenza”. Papa Francesco lo ha detto a braccio guardando negli occhi i duecento detenuti del carcere di Castrovillari, prima tappa del suo viaggio in Calabria. Qui ha incontrato anche i famigliari del piccolo Cocò Campolongo, il bimbo di 3 anni ucciso e bruciato, nel gennaio scorso, insieme al nonno dalle cosche della‘ndrangheta. “Mai più – ha detto loro Bergoglio – succeda che un bambino debba sopportare questesofferenze“. Il Papa ha assicurato anche la sua preghiera per i bambini e per tutte le vittime della violenza. Nel carcere di Castrovillari è detenuto anche Dudu Nelus, il giovane rumeno accusato di aver ucciso a sprangate, nel marzo scorso, padre Lazzaro Longobardi, dopo che il sacerdote aveva scoperto dei furti di denaro nella canonica. Con un fuori programma, Francesco ha pregato nella parrocchia di San Giuseppe dove padre Lazzaro viveva il suo apostolato.
video di Lucio Musolino
“Nelle riflessioni che riguardano i detenuti, – ha affermato il Papa nel carcere di Castrovillari – si sottolinea spesso il tema del rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e l’esigenza di corrispondenti condizioni di espiazione della pena. Questo aspetto della politica penitenziaria è certamente essenziale e l’attenzione in proposito deve rimanere sempre alta. Ma tale prospettiva non è ancora sufficiente, se non è accompagnata e completata da un impegno concreto delle istituzioni in vista di un effettivo reinserimento nella società. Quando questa finalità viene trascurata, l’esecuzione della pena degrada a uno strumento di sola punizione e ritorsione sociale, a sua volta dannoso per l’individuo e per la società”. Dopo l’incontro con i carcerati il Papa ha visitato gli ammalati dell’Hospice “San Giuseppe Moscati” di Cassano allo Jonio, diocesi del segretario generale della Cei, monsignorNunzio Galantino.
Ai sacerdoti di Cassano, invece, Bergoglio ha voluto ricordare la “gioia di essere preti”, sottolineando il pericolo di diventare “un po’ degli ‘impiegati’”. “Anche noi preti – ha spiegato il Papa – siamo immersi nella cultura soggettivistica di oggi, questa cultura che esalta l’io fino a idolatrarlo. E poi a causa di un certo individualismo pastorale che purtroppo è diffuso nelle nostre diocesi. Perciò dobbiamo reagire a questo con la scelta della fraternità. Intenzionalmente – ha sottolineatoFrancesco – parlo di ‘scelta’. Non può essere solo una cosa lasciata al caso, alle circostanze favorevoli. No, è una scelta, che corrisponde alla realtà che ci costituisce, al dono che abbiamo ricevuto ma che va sempre accolto e coltivato: la comunione in Cristo nel presbiterio, intorno al vescovo. Questa comunione chiede di essere vissuta cercando forme concrete adeguate ai tempi e alla realtà del territorio, ma sempre in prospettiva apostolica, con stile missionario, con fraternità e semplicità di vita”.
Infine, Francesco ha voluto incoraggiare i sacerdoti di Cassano a lavorare “con le famiglie e per la famiglia” in un tempo che ha definito “difficile sia per la famiglia come istituzione, sia per le famiglie, a causa della crisi”. Pranzo del Papa con i poveri della Caritas diocesana e con i giovani della comunità terapeutico riabilitativa “Mauro Rostagno”, subito dopo visita agli anziani ospiti della “Casa Serena” di Cassano. Infine, la Messa nella piazza di Sibari e l’abbraccio con i fedeli della diocesi. Qui in prima fila monsignor Galantino ha voluto che non ci fossero autorità e politici ma la gente semplice.
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