Maria Elena Boschi e Paolo Romani: sì alla riforme.Ecco il nuovo Senato. Ora i dettagli, il sì di Silvio dopo Ruby (FOTO)
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Ormai è questione di dettagli tecnici. E ormai c’è solo da aspettare che si compiano i rituali della politica, per un sì che deve apparire sofferto e solenne. Perché per Berlusconi è difficile che il giorno del grande annuncio del si alle riforme possa coincidere con quello in cui è stato ascoltato come teste a Napoli nell’ambito del processo Lavitola e prima dell’appello su Ruby. Meglio rimandare a lunedì, per uscire un po’ meglio sui giornali.
Ma l’accordo è ormai blindato su cosa farà il nuovo Senato: avrà competenza sulla legislazione regionale e su quella europea, co-eleggerà il presidente della Repubblica, il Csm e i giudici costituzionali e avrà voce su leggi elettorali e riforme Costituzionali. E c’è l’accordo anche sulla composizione. È da ieri che tra Paolo Romani e il ministro Boschi c’è un filo diretto sul tema: i due si sono visti, sentiti, e ancora visti nel pomeriggio di oggi. Lo schema che fonti vicine a entrambi definiscono “quasi definitivo” prevede che il nuovo Senato sia composto da cento senatori, tutti di “secondo livello”: cinque “a vita” nominati per la durata di sette anni dal capo dello Stato, 21 sindaci (per la durata del loro mandato) e tutti gli altri indicati dai consigli regionali al loro interno (anch’essi in carica per la durata dei consigli regionali). Quel “quasi definitivo” è legato alle ultime trattative sul numero dei senatori a vita e su quello dei sindaci che, per Forza Italia, dovrebbe scendere ancora. Mentre per il Pd il pacchetto è chiuso. Ma è anche legato alla discussione parallela che sta avvenendo sulla legge elettorale, che il premier vuole approvare subito dopo il passaggio al Senato della prima lettura. Ovvero entro l’estate.
E c’è un motivo se il ministro Boschi si presenta agli incontri con un plico contenente le simulazioni elettorali predisposte dall’ufficio studi della Camera. Tabelle, schede, numeri che aiutano in una discussione sulle soglie di sbarramento. Fino a che punto possono essere cambiate senza trasformare la legge elettorale in una maionese impazzita. Il nuovo Italicum, al momento, dovrebbe prevedere la soglia del 40 per cento per accedere al ballottaggio e soglie di coalizione più basse. Mentre è ancora da definire il discorso delle preferenze che Forza Italia giudica una bestemmia mentre piacciono a pezzi di Pd.
Si capisce così perché Romani parla di “incontro positivo” in cui si sono fatti “passi in avanti rispetto al testo base” ma allo stesso tempo sottolinea che “c’è ancora da fare”. Una formula praticamente di rito, perché il via libera definitivo non può che essere dato con maggiore solennità e non dopo uno scambio di idee, sia pur costruttivo, in una stanza del Senato. E perché, effettivamente, c’è ancora da limare qualcosa. Il segnale dell’accordo fatto, al netto delle dichiarazioni e mentre si consuma la ritualità di circostanza, sarà quando saranno depositati gli emendamenti al testo base su cui sta lavorando Anna Finocchiaro. Una ventina, che recepiscono e traducono il patto con Lega e Forza Italia. Possibile che possa avvenire anche stasera o nella giornata di domani. Da martedì si vota in commissione. Dal 3 luglio in Aula.
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