Inps, le pensioni d'oro nel mirino di Boeri
di Sergio Luciano
Era stato messo in preallarme per entrare nel governo come ministro del Lavoro, Tito Boeri, ma nelle ultime ore della convulsa designazione dei responsabili dei vari ministeri, Renzi aveva concordato con Napolitano l'opportunità di chiamare a quell'incarico Giuliano Poletti, presidente della Lega Coop, sia per le innegabili competenze del personaggio sia forse per meglio collegare l'esecutivo e il suo partito-guida, il Pd, con il mondo della cooperazione. E così Boeri era rimasto al palo. Ma il professore della Bocconi, persona seria e misurata nei toni e nelle esternazioni, non aveva dato alcun segnale di disagio, neanche agli amici: come dire, non aveva scommesso sulla nomina, non è rimasto deluso dal disinganno.
Questa sua sobrietà, unita alla competenza, è stata adesso in qualche modo "premiata" da Matteo Renzi, che l'ha chiamato a presiedere l'Inps ma anche a riformarlo come in fondo il grande Istituto necessita e come lo stesso ex presidente Antonio Mastrapasqua - l'ultimo, prima del commissario Tiziano Treu - aveva auspicato e tentato di fare, ma con un successo solo parziale, vista la complessià dei problemi.
Ma come la pensa, sul sistema pensionistico italiano, il presidente designato dell'Inps Tito Boeri?
Un'idea interessante ce la dà la lettura del suo ultimo articolo-saggio in materia, scritto poco meno di un anno fa - il 14 gennaio 2014 - a sei mai con Fabrizio e Stefano Patriarca su Lavoce.info, il portale-giornale dei docenti di economia, soprattutto bocconiani ma non solo, da tempo estremamente qualificato nell'inquadrare criticamente la situazione economica nazionale. Con un taglio liberista temperato da una notevole sensibilità alle istanze sociali.
L'articolo, dal titolo: "Pensioni: l'equità possibile", va letto ritornando al dibattito del momento contro le pensioni d'oro. E dice chiaramente che "è possibile chiedere un contributo di equità basato sulla differenza tra pensioni percepite e contributi versati, limitatamente a chi percepisce pensioni di importo elevato. Si incasserebbero più di quattro miliardi di euro, riducendo privilegi concessi in modo poco trasparente".
Chiaro? Un anno fa Boeri si schierava apertamente per un contributo di equità da chiedere ai "pensionati d'oro". Tutto sta a capire chi sarebbero questi privilegiati, e a quanti soldi dovrebbero rinunciare per totalizzare quattro miliardi di euro a vantaggio dello Stato…
"Nel corso del dibattito alla Camera sui tagli alle cosiddette "pensioni d'oro", più voci hanno sostenuto che non è possibile attuare un provvedimento perequativo come quello prospettato a più riprese su questo sito perché non sarebbe possibile valutare in che misura le pensioni oggi percepite si discostano dai contributi versati nell'intero arco della vita lavorativa", scrivono Boeri e i suoi due coautori nell'articolo: "Non rimarrebbe perciò che "colpire nel mucchio", come accade con gli interventi arbitrari previsti dalla Legge di stabilità, che vanno a tagliare alcune pensioni indipendentemente dai contributi versati, portano a risparmi irrisori (dell'ordine di qualche decina di milioni) e, come gli interventi varati dal Governo Monti, sembrano essere fatti apposta per essere bocciati dalla Consulta.
In questo articolo ci proponiamo di documentare che i) una operazione di equità inter e intragenerazionale è possibile e ii) potrebbe avere un rilievo significativo. È più di quanto pensavamo, perché tutte le norme approvate negli ultimi decenni di revisione dei regimi privilegiati - come quelli dei pubblici dipendenti - o dei regimi speciali nell'Inps, sono state definite e applicate in modo tale da mantenere i vecchi privilegi. È forse proprio per questo che l'Inpdap non ha trasferito all'Inps i dati sulla storia contributiva del pubblico impiego?".
L'articolo, disponibile sul web all'indirizzo http://www.lavoce.info/archives/16340/pensioni-equita-generazioni-contributi/ prosegue nelle sue argomentazioni, con un innegabile rigore scientifico.
E si spinge a ipotizzare cifre precise: "Prendendo come riferimento lo stock di pensioni in pagamento nel 2013, si può stimare che un contributo circoscritto al solo reddito pensionistico superiore ai 2mila euro al mese (sommando tra di loro le pensioni ricevute da una stessa persona) creerebbe, tra i soli lavoratori dipendenti, una base imponibile di circa 17 miliardi. (…) La progressività dovrebbe però essere molto marcata (giungendo a chiedere un contributo sullo squilibrio fino al 50 per cento per le pensioni più alte) per raccogliere più di 4 miliardi di euro.
In particolare ecco come potrebbero essere strutturate le aliquote(2):
- 20 per cento dello squilibrio su pensioni tra 2mila e 3 mila euro
- 30 per cento dello squilibrio su pensioni tra 3 mila e 5 mila
- 50 per cento dello squilibrio su pensioni superiori 5 mila
Un contributo di questo tipo darebbe un gettito di circa 4,2 miliardi.
La riduzione dei trattamenti pensionistici si aggirerebbe mediamente tra il 3 e il 7 per cento delle pensioni complessive, quindi non si tratta affatto di intervento draconiano. (…) Complessivamente, questo intervento chiede a solo il 10 per cento dei pensionati che hanno un reddito più alto, e che possiedono il 27 per cento del totale delle pensioni, un contributo medio pari a meno di un quarto di quanto non è giustificato dai contributi che hanno pagato. Ciò riduce solo in parte il mare magnum delle iniquità presenti nel nostro sistema previdenziale. Ma forse farà sentire, per una volta, i padri più vicini ai figli".
Fin qui Boeri, un anno fa. Si tratterà ora di vedere, su questa come sulle numerose altre questioni aperte in materia di pensioni, se e quanto il neopresidente dell'Inps potrà passare dalle teorie ai fatti, mediando le possibili decisioni con le ragioni politiche che devono ispirare l'azione di governo.
Questa sua sobrietà, unita alla competenza, è stata adesso in qualche modo "premiata" da Matteo Renzi, che l'ha chiamato a presiedere l'Inps ma anche a riformarlo come in fondo il grande Istituto necessita e come lo stesso ex presidente Antonio Mastrapasqua - l'ultimo, prima del commissario Tiziano Treu - aveva auspicato e tentato di fare, ma con un successo solo parziale, vista la complessià dei problemi.
Ma come la pensa, sul sistema pensionistico italiano, il presidente designato dell'Inps Tito Boeri?
Un'idea interessante ce la dà la lettura del suo ultimo articolo-saggio in materia, scritto poco meno di un anno fa - il 14 gennaio 2014 - a sei mai con Fabrizio e Stefano Patriarca su Lavoce.info, il portale-giornale dei docenti di economia, soprattutto bocconiani ma non solo, da tempo estremamente qualificato nell'inquadrare criticamente la situazione economica nazionale. Con un taglio liberista temperato da una notevole sensibilità alle istanze sociali.
L'articolo, dal titolo: "Pensioni: l'equità possibile", va letto ritornando al dibattito del momento contro le pensioni d'oro. E dice chiaramente che "è possibile chiedere un contributo di equità basato sulla differenza tra pensioni percepite e contributi versati, limitatamente a chi percepisce pensioni di importo elevato. Si incasserebbero più di quattro miliardi di euro, riducendo privilegi concessi in modo poco trasparente".
Chiaro? Un anno fa Boeri si schierava apertamente per un contributo di equità da chiedere ai "pensionati d'oro". Tutto sta a capire chi sarebbero questi privilegiati, e a quanti soldi dovrebbero rinunciare per totalizzare quattro miliardi di euro a vantaggio dello Stato…
"Nel corso del dibattito alla Camera sui tagli alle cosiddette "pensioni d'oro", più voci hanno sostenuto che non è possibile attuare un provvedimento perequativo come quello prospettato a più riprese su questo sito perché non sarebbe possibile valutare in che misura le pensioni oggi percepite si discostano dai contributi versati nell'intero arco della vita lavorativa", scrivono Boeri e i suoi due coautori nell'articolo: "Non rimarrebbe perciò che "colpire nel mucchio", come accade con gli interventi arbitrari previsti dalla Legge di stabilità, che vanno a tagliare alcune pensioni indipendentemente dai contributi versati, portano a risparmi irrisori (dell'ordine di qualche decina di milioni) e, come gli interventi varati dal Governo Monti, sembrano essere fatti apposta per essere bocciati dalla Consulta.
In questo articolo ci proponiamo di documentare che i) una operazione di equità inter e intragenerazionale è possibile e ii) potrebbe avere un rilievo significativo. È più di quanto pensavamo, perché tutte le norme approvate negli ultimi decenni di revisione dei regimi privilegiati - come quelli dei pubblici dipendenti - o dei regimi speciali nell'Inps, sono state definite e applicate in modo tale da mantenere i vecchi privilegi. È forse proprio per questo che l'Inpdap non ha trasferito all'Inps i dati sulla storia contributiva del pubblico impiego?".
L'articolo, disponibile sul web all'indirizzo http://www.lavoce.info/archives/16340/pensioni-equita-generazioni-contributi/ prosegue nelle sue argomentazioni, con un innegabile rigore scientifico.
E si spinge a ipotizzare cifre precise: "Prendendo come riferimento lo stock di pensioni in pagamento nel 2013, si può stimare che un contributo circoscritto al solo reddito pensionistico superiore ai 2mila euro al mese (sommando tra di loro le pensioni ricevute da una stessa persona) creerebbe, tra i soli lavoratori dipendenti, una base imponibile di circa 17 miliardi. (…) La progressività dovrebbe però essere molto marcata (giungendo a chiedere un contributo sullo squilibrio fino al 50 per cento per le pensioni più alte) per raccogliere più di 4 miliardi di euro.
In particolare ecco come potrebbero essere strutturate le aliquote(2):
- 20 per cento dello squilibrio su pensioni tra 2mila e 3 mila euro
- 30 per cento dello squilibrio su pensioni tra 3 mila e 5 mila
- 50 per cento dello squilibrio su pensioni superiori 5 mila
Un contributo di questo tipo darebbe un gettito di circa 4,2 miliardi.
La riduzione dei trattamenti pensionistici si aggirerebbe mediamente tra il 3 e il 7 per cento delle pensioni complessive, quindi non si tratta affatto di intervento draconiano. (…) Complessivamente, questo intervento chiede a solo il 10 per cento dei pensionati che hanno un reddito più alto, e che possiedono il 27 per cento del totale delle pensioni, un contributo medio pari a meno di un quarto di quanto non è giustificato dai contributi che hanno pagato. Ciò riduce solo in parte il mare magnum delle iniquità presenti nel nostro sistema previdenziale. Ma forse farà sentire, per una volta, i padri più vicini ai figli".
Fin qui Boeri, un anno fa. Si tratterà ora di vedere, su questa come sulle numerose altre questioni aperte in materia di pensioni, se e quanto il neopresidente dell'Inps potrà passare dalle teorie ai fatti, mediando le possibili decisioni con le ragioni politiche che devono ispirare l'azione di governo.
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