In Italia durante la crisi sono aumentati gli occupati con 55-64 anni, in assoluto (+1,1 milioni) e in rapporto alla popolazione della stessa età. Il tasso di occupazione, infatti, è salito al 46,9% nel terzo trimeste 2014 dal 34,2% nel terzo 2007, livelli molto bassi rispetto agli altri paesi. Nel contempo sono molto diminuiti gli occupati tra i 25-34enni1: -1,6 milioni di persone e -11,2 punti percentuali il tasso di occupazione, sceso dal 70,3% al 59,1%. Lo sottolinea il Centro studi di Confindustria, spiegando che questo andamento a forbice è stato comune a quasi tutte le economie europee, ma è risultato più accentuato in quelle che hanno subito le maggiori contrazioni di domanda e produzione.

Nella classifica tra i più significativi paesi della Ue, l'Italia è quarta per incremento nel 2007- 2013 del tasso di occupazione tra i lavoratori «anziani», dietro a Germania, Polonia e Paesi Bassi. Ed è quarta anche per dimensione della caduta del tasso di occupazione tra i «giovani», preceduta da Grecia, Spagna e Irlanda.

Il calo dell'occupazione giovanile è riconducibile all'aumento registrato tra gli anziani? Ossia a minori opportunità occupazionali per i giovani a fronte dell'allungamento della vita lavorativa? «Il confronto internazionale - spiega Confindustria -, non conferma questo effetto `spiazzamento´. Anzi, dove maggiori sono livelli e incrementi dell'occupazione di persone più avanti negli anni, più elevati sono anche livelli e incrementi dell'occupazione giovanile. Tuttavia, rimane urgente rendere più occupabili i giovani italiani, con una maggiore integrazione tra istruzione e lavoro». «Inoltre - conclude Confindustria -, riforme che rendano più moderni il funzionamento del mercato del lavoro, come punta a fare il Jobs Act, e il sistema di contrattazione salariale favorirebbero più lavoro per tutti».