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ROMA - Il capo coperto dal velo e vestite di nero. In mano un cartello con la data del 17 dicembre 2014. E un messaggio di 23 secondi in cui dicono di essere Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due cooperanti italiane rapite in Siria e di cui non si hanno notizie dal 31 luglio scorso. Così, in un video messo su YouTube ieri, 31 dicembre, le due giovani chiedono aiuto per tornare a casa, perché in "grave pericolo". La Farnesina, però, non conferma l'autenticità delle immagini. "Siamo Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, supplichiamo il nostro governo e i suoi mediatori di riportarci a casa prima di Natale. Siamo in grave pericolo e potremmo essere uccise. Il nostro governo e i mediatori sono responsabili delle nostre vite", dice in inglese con un forte accento italiano la prima delle ragazze, tenendo gli occhi bassi. Le due sarebbero ostaggio dei qaedisti del fronte Jubath al-Nusra e non dei miliziani dello Stato islamico come si era temuto a lungo, come detto da un esponente del gruppo e da un rappresentante dell'Osservatorio siriano per i diritti umani. "Non ci sono parole per il video" è stato il commento del papà di Vanessa. "Abbiamo visto quelle immagini, le prime immagini di Vanessa e Greta da mesi, sembra stiano abbastanza bene anche se in una condizione difficile", ha detto Salvatore Marzullo, che ha aggiunto: "Siamo contenti di averle viste, siamo ottimisti".


Servizi: "Trattativa in fase delicatissima". La trattativa è "in una fase delicatissima: consentiteci di lavorare in silenzio" è l'invito che arriva da una fonte dei servizi di informazione e sicurezza. Il video è ritenuto autentico dagli 007 italiani, anche se c'è qualche dubbio sulla data, indicata sul foglio tenuto in mano da una delle ragazze.

"In mano ad al Nusra". Il fronte al Nusra ha confermato di tenere prigioniere le due ragazze italiane. "E' vero, abbiamo le due donne italiane... perché il loro Paese sostiene tutti gli attacchi contro di noi in Siria", ha detto all'agenzia di stampa tedesca Dpa Abu Fadel, un esponente del gruppo legato ad al Qaeda che opera in Siria e Libano, quando gli è stato chiesto di commentare il video diffuso su Youtube.

Anche Rami Abdel Rahman, dell'Osservatorio Siriano per i diritti umani, un gruppo vicino all'opposizione che ha sede a Londra, ha confermato la notizia: "Ho ricevuto informazioni a conferma che al Nusra detiene le due donne italiane rapite alla periferia occidentale di Aleppo", ha detto all'agenzia Dpa.

Boldrini:" Spero tornino presto a casa". "Mi auguro che noi, nel riserbo necessario in questi casi, si riesca a riportarle a casa", ha commentato la presidente della Camera, Laura Boldrini. "Le ragazze mandano un grido di soccorso, un sos, chiedono aiuto. Certo, non sappiamo quanto questo video sia attendibile ma la situazione di queste ragazze è angosciante".

Il rapimento. Era il 31 luglio quando si persero le tracce di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, rapite ad Alabsmo, vicino ad Aleppo. Avevano fondato il Progetto Horryaty ed erano entrate tre giorni prima in Siria da Atma, a pochi chilometri di distanza dal campo profughi omonimo. Originarie una di Brembate, nel Bergamasco, e l'altra di Besozzo, nel Varesotto, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli erano al loro secondo viaggio in Siria in poco meno di quattro mesi: a marzo, la prima tappa del 'progetto Horryaty', le aveva portate a compiere un sopralluogo per capire il da farsi.

Marzullo, 21 anni, studia mediazione linguistica e culturale all'Università di Milano, dove ha cominciato a imparare l'arabo oltre all'inglese. Sulla sua pagina Facebook racconta la guerra, mette foto di bombe e bimbi dilaniati, descrive la sua esperienza in Siria: l'ultimo 'post' risale al 16 luglio scorso. Il 20 settembre la notizia, mai confermata, che sarebbero state vendute due volte ad altri gruppi ma senza finire nelle mani dei jihadisti sunniti dello Stato Islamico (Is).

La notizia veniva dal quotidiano libanese Al-Akhbar (anti-israeliano e considerato vicino alle milizie sciite di Hezbollah), che raccontava come le due giovani fossero state attirate con l'inganno nella ''casa del capo del Consiglio rivoluzionario di Alabsmo'' con il giornalista de Il Foglio, Daniele Ranieri, che era riuscito a scappare.