L’Isis e l’inferno per le donne
La denuncia delle giovani yazide costrette alla schiavitù e alla violenza sessuale
Per le donne l’Isis significa inferno. Stupri sistematici, schiavitù oppure matrimoni combinati organizzati per soldi e con la violenza. Questo è stato il destino di centinaia di giovani yazide, la minoranza etnica dell’Iraq settentrionale che hanno subito sui loro corpi l’orrore del fondamentalismo islamico predicato dal califfo al-Baghdadi.
LE DONNE E L’INFERNO DELL’ISIS - L’Isis ha effettuato violenze sistematiche sulle donne yazide, come testimoniato da un rapporto di Amnesty International che si intitola «Fuga dall’inferno». Decine di ragazze e donne appartenenti alla minoranza etnica che vive nell’Iraq settentrionale hanno raccontato l’orrore subito dall’Isis dopo che nei mesi scorsi i miliziani fondamentalisti di al-Baghdadi hanno conquistato i territori dove vivevano questi «infedeli». Centinaia di uomini sono stati trucidati, mentre le donne hanno subito numerose forme di violenza. Amnesty rimarca come nei racconti raccolti le yazide parlino sempre al plurale, un altro modo per condividere assieme il viaggio all’inferno iniziato con l’arrivo dell’Isis. Le donne erano tenute in gruppo dopo esser state catturate dai jihadisti iracheni, come spiega la sedicenne Randa di Mosul. «Eravamo circa 150 ragazze, che sono state portare al quartiere generale di Mosul. Un uomo di nome Salwan mi ha detto che avrei dovuto sposarlo, e quando mi sono rifiutata mi ha picchiato fino a farmi sanguinare. Per fortuna quando è arrivata mia cugina Arwa, anch’ella destinata al matrimonio combinato con un guerrigliero dell’Isis, siamo riuscite a scappare». Un’altra donna racconta come insieme alle sue sorelle siano state vendute in gruppo, e siano riuscite a scappare solo dopo aver annunciato il loro suicidio in caso di loro separazione.
L’ISIS, GLI SCHIAVISTI E IL SUICIDIO - Diverze yazide raccontano come alcune loro amiche abbiano scelto il suicidio piuttosto che piegarsi agli ordini dell’Isis. La diciannovenne Jilan ha preferito uccidersi quando ha capito che sarebbe stata violentata da un miliziano di al-Baghdadi. «Le hanno dato alcuni vestiti e le hanno dato ordinato di farsi il bagno e indossarli. Jilan si è tagliata le vene e si è impiccata. Credo sapesse che sarebbe stata costretta a far sesso con un uomo, e per questo si è uccisa» racconta il fratello della ragazza e una sua amica che era con lei. Nel report di Amnesty la ventisettenne Wafa racconta di aver provato a uccidersi insieme alla sorella, ma come le prigioniere yazide le abbiano fermate, slegando le corde con cui si stavano impiccando. Decisioni dettate dall’orrore della schiavitù e degli stupri a cui queste donne sarebbero state condannate. La diciottenne Fawziya racconta di esser stata venduta a un guerrigliero dell’Isis di 30 anni, che è stata tenuta come schiava per diversi giorni. La ragazza però non piaceva ai genitori del jihadista che la teneva prigioniera, perché non era musulmana. Dopo aver subito diverse violenze Fawziya è riuscita a scappare insieme ad altre ragazze yazide.
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