giovedì 1 gennaio 2015

Riceviamo e pubblichiamo consapevoli che occorre fare tutto il possibile per i giovani.

Cosa succederà al mercato del lavoro nel 2015

Il giuslavorista Tiraboschi: “Gli stage faranno ancora concorrenza al contratto a tutele crescenti”

Getty Images/Franco Origlia/Stringer

   
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Anche nel 2015 il lavoro sarà una delle parole chiave del dibattito pubblico. Il 2014 ci lascia con un tasso di disoccupazione che supera il 13%, con una crescita dei disoccupati di lunga durata e la disoccupazione giovanile al 43,3 per cento. Ma cosa dovremo aspettarci nel 2015? Quello nuovo sarà l’anno del Jobs Act e dell’Expo. Cosa succederà? Lo abbiamo chiesto al giuslavorista Michele Tiraboschi, ordinario di Diritto del lavoro all’Università di Modena e direttore del Centro Studi “Marco Biagi”.
Professore, il Jobs Act come influenzerà l’occupazione nel 2015? Si vedrà qualche segno più?
È ancora presto per formulare ipotesi e non solo perché, allo stato, conosciamo solo i contenuti dei primi due decreti. La dedizione aziendale di assumere è legata a diversi fattori, non alle norme e agli incentivi, e dunque molto dipenderà da come andrà l’economia nei primi mesi del prossimo anno. Certo, molte imprese potrebbero essere invogliate ad assumere con contratti a tempo indeterminato più flessibili, ma questo non sarà per forza un segnale positivo in quanto si potrebbe riscontrare la tendenza delle imprese ad assumere con questo contratto (trovando modalità di conversione dei vecchi contratti) per avere una più ampia possibilità di licenziamento. Questo inciderà molto sulla qualità dell’occupazione, specialmente giovanile. Infatti solitamente sono i giovani i lavoratori più impreparati, bisognerebbe investire sulla loro formazione, ma il contratto a tutele crescenti non punta certo sulla formazione dei lavoratori, anzi sembra disinteressarsene. Il vero discrimine per un aumento del tasso di occupazione è vedere se gli incentivi per i nuovi contratti verranno utilizzati per creare nuova occupazione o assorbiti da chi già avrebbe assunto o da chi converte i contratti.

Qual è lo scenario per l’occupazione giovanile? E quella femminile?
Anche su questo fronte è difficile immaginare scenari positivi. È da decenni che l’Italia si posiziona nel fondo della classifica per i dati di occupazione giovanile e femminile, con gravi conseguenze sia sociali che economiche. Basti pensare che un italiano lavora per mantenere sé e altre due persone (spesso donne e giovani). Dobbiamo sperare che il piano Garanzia Giovani, di cui ormai poco si parla, abbia una svolta seria e che il 2015 sia l’anno in cui si passa dall’illusione alla realtà per le decine di migliaia di giovani che si sono iscritti e ora probabilmente dimenticati del piano, in quanto mai contattati. Per far questo il Jobs Act deve insistere realmente nella modernizzazione delle politiche attive, finora solo annunciata, per risolvere il grave problema di incontro tra domanda e offerta che è la causa principale, insieme alla separazione tra formazione teorica e pratica, della disoccupazione giovanile. Altro tema del contratto a tutele crescenti è poi la concorrenza con forme di lavoro iperflessibili come i tirocini che consentono l’utilizzo di giovani con costi decisamente più contenuti anche dei nuovi incentivi senza avere peraltro il problema di monetizzare la risoluzione del rapporto visto che lo stage non è un contratto di lavoro e questo lo rende particolarmente appetibile per le imprese.
 
Che ruolo avranno i sindacati? Si intravedono segnali di cambiamenti di rotta e atteggiamento?
Renzi ha lanciato una sfida ai sindacati su tre temi: contrattazione aziendale, salario minimo e legge di rappresentanza. Finora non si sono viste novità su queste tematiche, se non una recente ipotesi di una legge sulla rappresentanza. I leader di due dei maggiori sindacati sono appena stati eletti e il 2015 sarà un anno importante per loro per mostrare le proprie posizioni in un mondo del lavoro che sta subendo una grande trasformazione che quasi nessuno è in grado di interpretare. Il sindacato sembra sempre più isolato dal punto di vista politico e mediatico, ma allo stesso tempo le grandi crisi aziendali che si stanno risolvendo mostrano come il suo ruolo effettivo sia ancora molto importante. Il 2015, in cui la crisi continuerà a farsi sentire, sarà un anno di svolta che potrebbe segnare il sindacato in positivo o in negativo: la scelta tra modernizzazione o conservazione è in mano a loro.
 
Quali previsioni in termini di contrattazione collettiva e aziendale?
Il 2015 sarà un anno di svolta per la contrattazione collettiva: ci sono tavoli importanti da chiudere, come quelli del commercio, della distribuzione e delle professioni, e altri altrettanto importanti da aprire, come metalmeccanici e chimici. Il tutto in un contesto di persistente stagnazione della domanda, picchi storici di disoccupazione e inflazione ai minimi: tutti fattori che incidono molto sulle dinamiche negoziali, soprattutto per quanto riguarda la parte salariale. C’è poi la partita del Testo Unico sulla Rappresentanza ancora tutta da giocare.
Sarà un anno importante anche sul fronte della contrattazione aziendale. Qui lo scenario è duplice: molte aziende saranno chiamate a gestire ancora gli effetti della crisi con riduzioni di orario (vedremo se il Jobs Act favorirà davvero il contratto di solidarietà) e misure di contenimento del costo del lavoro; le aziende più competitive invece dovranno necessariamente affidarsi a una vera contrattazione di produttività, per riuscire ad intercettare i deboli segnali di ripresa dei mercati.

Che conseguenze avrà l’Expo di Milano sull’occupazione nel 2015?
Expo 2015 può essere una grande occasione per l’occupazione soprattutto lombarda. Le professioni più richieste sono quelle relative all'accoglienza turistica, quindi camerieri, receptionist alberghiera, cuochi, ‎ guide turistiche, trasporti turistici, pulizie, portierato, vigilanza ecc. Questi sono oltretutto alcuni tra i lavori che avranno sempre più spazio data la forte polarizzazione del lavoro che i cambiamenti produttivi e tecnologici stanno causando. La speranza è però che vi siano conseguenze positive anche sui settori economici tradizionali e, soprattutto, che gli effetti benefici vadano oltre i sei mesi di Expo. 
 

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