Tutti gli sprechi dei Comuni
Mentre i sindaci devono risparmiare, la loro associazione distribuisce stipendi d’oro. Spesso ad amici di parlamentari che arrivano a oltre 200mila euro di retribuzione. E spende cinque milioni per la formazione
Con una pioggia di fondi pubblici su associazioni di enti che sulla carta sarebbero destinati a sparire, vedi le mitiche province, in teoria cancellate dalla riforma firmata daGraziano Delrio. Per esempio l’Upi, l’Unione delle province italiane, così ramificata da riuscire a bloccare per anni ogni tentativo di riforma dell’ente intermedio tra regione e comune: sarebbe destinata all’estinzione, invece continuerà a incassare un finanziamento statale per formare i suoi amministratori.
L’Anci, l’associazione nazionale dei comuni italiani oggi presieduta da un big della politica nazionale, il sindaco di Torino Piero Fassino, va a congresso a Milano in un clima di scontro con il governo e con il premier Matteo Renzi. L’incontro a Palazzo Chigi sulla legge di Stabilità, il 29 ottobre, è finito nella totale incomunicabilità. Con qualche apertura nel vertice successivo del 4 novembre.
Fassino e i sindaci protestano contro i tagli che nei calcoli dei comuni oscillano tra i 3,5 e i 3,7 miliardi di euro, compreso un miliardo in meno per le nuove città metropolitane e le province di secondo grado. Il premier, che è passato direttamente dalla fascia tricolore a Palazzo Chigi, va giù duro: «Per me le città metropolitane devono portare risparmi di spesa, non diventare il pretesto per chiedere altre risorse. Le province non esistono più: in attesa della riforma che le eliminerà dalla Costituzione già da ora sono annullate. I comuni si impegnino a tagliare spese superflue».
Lo stesso giorno, il 29 ottobre, ha finalmente cominciato le sue attività didattiche l’Accademia per l’Autonomia, il nuovo ente di formazione territoriale destinato a segretari comunali e provinciali, al personale degli enti locali e agli amministratori locali previsto da una convenzione tra lo Stato centrale con il ministero dell’Interno, l’Anci e l’Upi. La convenzione risale a quasi un anno fa, è stata firmata al Viminale il 12 dicembre 2013, quando c’era il governo Letta, l’anno solare è quasi finito ma non c’è problema, il corso comprenderà l’arco 2014-2015, finirà a maggio e darà modo agli enti organizzatori di incamerare i fondi previsti. La struttura è interamente centralizzata: i milioni di euro sono attribuiti dal Viminale all’Anci e all’Upi nazionale.
Tutto regolare e approvato dalla Corte dei conti. E non è in discussione la didattica: il comitato scientifico comprende i migliori docenti del settore e ogni costo sarà pubblicato sul sito alla voce trasparenza. Ma le spese per le lezioni coprono poco più del 30 per cento dei 4 milioni già stanziati: 1,4 milioni. Il resto se ne va in alberghi, ospitalità e logistica (1,9 milioni di euro) e amministrazione, quasi un milione. Ovvero un altro finanziamento alle strutture centrali di Anci e Upi, che a differenza delle città governate dai loro iscritti non sembrano soffrire l’austerity.
L’Anci ha contato negli ultimi anni sulla presidenza di politici di lungo corso come Sergio Chiamparino o Fassino, con Graziano Delrio che la lasciò per diventare ministro. È diventata una lobby potente man mano che il potere centrale si faceva evanescente e cresceva il ruolo pubblico dei primi cittadini. E anche Renzi quando era a Firenze sarebbe arrivato alla guida dei sindaci italiani se non fosse stato bloccato dalle divisioni interne al Pd. Ma il vero potere è sempre rimasto in mano alla macchina burocratica e amministrativa: quasi una metafora del resto del Paese che il sindaco d’Italia Renzi fatica a governare.
Per oltre un decennio il dominus dell’associazione come segretario generale dell’Anci è stato Antonio Rughetti, oggi deputato renziano e sottosegretario del ministro Marianna Madia alla Pubblica Amministrazione. Era in Ancitel con Enzo Bianco, all’epoca giovane e moderno sindaco di Catania, che lo volle con sé al Viminale. Enzo Bianco, di origine repubblicana, è stato eletto presidente dell’Anci nel 1995, ma per due decenni il motore dell’associazione è stato il fratello Arturo, a lungo responsabile degli Enti locali del Psi in era craxiana e presidente dell’Anci Sicilia. Ora Bianco (Enzo) è tornato a fare il sindaco di Catania e i siciliani sono tornati a guidare l’Associazione dei comuni. Parenti e amici. La nuova segretaria generale è Veronica Nicotra, figlia dell’ex deputato Dc Enzo. Il suo compenso annuo supera i 283mila euro, ampiamente sopra il tetto dei 240mila euro previsti dal governo Renzi per i manager pubblici. Da poco è stata assunta in Anci come responsabile marketing istituzionale associativo, promozione e organizzazione eventi, manifestazioni e convegni Patrizia Minnelli, l’ex segretaria e portavoce fedelissima di Enzo Bianco, con uno stipendio di 116mila euro. Il vice della Nicotra è Alessandro Gargani: figlio dell’ex deputato Dc e poi Forza Italia Giuseppe, supera i 210mila euro. L’ex senatore del Pd Lucio D’Ubaldo, a lungo uomo macchina dell’Anci, continua a prendere dall’associazione 197mila euro. E tanti dirigenti centrali superano i 100mila euro.
Vallo a dire a Renzi, con cui i Comuni piangono miseria. Anche nel caso dell’Accademia per le Autonomie la burocrazia si è sostituita ai vertici politici. Fassino pensa alle grandi strategie, i dirigenti centrali a far girare la macchina, fuori da ogni progetto politico. Eppure mai come nell’ultimo anno il settore degli enti locali è sottoposto a tentativi di cambiamento radicale. Ma le resistenze sono enormi e ogni innovazione rischia di trasformarsi nel suo opposto. La riforma Delrio con il cambio di modalità di elezione per le Province si è trasformata in una festa per il ceto politico locale che ha potuto votarsi da solo e nominarsi ai vertici delle province e delle città metropolitane senza più passare dagli imprevedibili elettori. L’Upi potrebbe diventare l’ennesimo caso di associazione che sopravvive alla scomparsa dei suoi associati, come i combattenti e reduci di guerra. E i segretari comunali di cui era stata annunciata l’eliminazione con la riforma del ministro Madia sono invece vivi e vegeti e continueranno a lottare. Anzi, è in arrivo per loro l’apposito corso di formazione a spese dello Stato centrale. Accademia per le Autonomie, fin troppo autonome.
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