lunedì 8 dicembre 2014

Il vero e unico grande problema del nostro paese. Tutto il resto, compreso il rinnovo del contratto della scuola è secondario.


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Mentre il tasso di disoccupazione giovanile sale, scende la fiducia dei giovani nella possibilità di trovare un lavoro, tanto più se adeguato al livello di istruzione. Forse anche perché le politiche sulla fase di ingresso nel mercato del lavoro si sono spesso rivelate inadempienti e inefficaci.
Il tasso di disoccupazione giovanile, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat, è salito al 43,3 per cento. Si tratta dei valori peggiori mai incontrati dalle generazioni del secondo dopoguerra. È bene precisare, visto che molta confusione esiste su questo tema, che il dato si riduce se teniamo conto del fatto che molti a quell’età sono studenti, ma non migliora in senso relativo.
Se infatti il numeratore, che corrisponde a chi cerca attivamente lavoro, lo mettiamo in rapporto a tutti i giovani (e non solo a chi fa parte della forza lavoro) dal 43,3 per cento si scende all’11,9 per cento.
Si ottiene così un valore molto più basso, ma è una magra consolazione perché rimane il peggiore degli ultimi decenni e uno dei più alti in Europa. Lo stesso vale per la quota di Neet (quelli che non studiano e non lavorano). Le cose non migliorano nemmeno se guardiamo ai livelli più elevati di studio. La percentuale di chi a tre anni dal diploma o dalla laurea ha un lavoro è di quasi 20 punti sotto la media UE-27 (Istat, Rapporto Annuale 2014).
Va aggiunto poi che anche la qualità del lavoro si è progressivamente deteriorata. Secondo i dati del “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo oltre il 45 per cento degli occupati in età 19-30 anni si adatta a svolgere una attività poco coerente con il proprio percorso di studi e quasi uno su due percepisce una remunerazione considerata inadeguata.
Coerentemente, sempre secondo la stessa indagine, se si chiede agli under 30 “quante possibilità di trovare lavoro pensi offra l’Italia a un giovane con la tua preparazione”oltre la metà risponde “scarse” e uno su tre “limitate”. Chi le considera “adeguate” è una stretta minoranza, che va da meno del 10 per cento per chi si è fermato alla scuola dell’obbligo al 19 per cento per i laureati. Non stupisce quindi che quasi il 70 per cento dichiari di aver scarsa fiducia nella possibilità che la politica riuscirà a migliorare significativamente la condizione della propria generazione entro i prossimi tre anni.
Alta è anche la diffidenza verso il piano Garanzia giovani, la principale iniziativa in campo a favore dell’occupabilità degli under 30. Solo il 37 per cento pensa che migliorerà molto o abbastanza il rapporto dei giovani con il mercato del lavoro. I meno convinti sono proprio i Neet, a cui il piano specificamente si rivolge, per i quali il valore scende al 32 per cento.
NUOVI GOVERNI, NUOVE PROMESSE, STESSI RISULTATI?
Da dove deriva tutta questa sfiducia e diffidenza? Forse dal fatto che per troppi anni abbiamo avuto politiche inadempienti e inefficaci sulla fase di ingresso nel mercato del lavoro. Molte promesse e annunci, a cui non sono seguiti risultati concreti in grado di produrre un reale miglioramento delle opportunità per le nuove generazioni.
In figura 1 si vede come chiunque abbia governato si sia prodigato a rassicurare i giovani che era la volta buona e che ci sarebbe stata una svolta, senza però, alla prova dei fatti, mai incidere davvero sulla progressione verso l’alto della disoccupazione giovanile.
La Garanzia giovani, nonostante i finanziamenti europei, non è partita con il piede giusto e rischia di essere l’ennesimo flop. Ora arriva il Jobs Act. Sarà davvero questa la volta buona? Non possiamo che augurarcelo.
Nel frattempo, sempre secondo i dati dell’indagine dell’Istituto Toniolo, l’80 per cento degli under 30 intervistati afferma che il modo migliore per chi vuole migliorare la propria condizione, anziché attendere che le promesse dei politici si realizzino, sia quello di andare all’estero. Guardando i dati di figura 1 viene da pensare che chi ha fatto questa scelta in passato, ignorando le promesse dei Governi precedenti, non abbia sbagliato, visto che per chi è rimasto le condizioni anziché migliorare sono complessivamente peggiorate.
A trovare il modo di ottenere il meglio dai giovani, sia in tempi normali che di crisi, non ci siamo riusciti in Italia (finora).
Figura 1 - Tasso di disoccupazione giovanile in Italia. Serie trimestrale (gennaio 2007 – luglio 2014)
rosina1

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