Lavoro, 8 milioni di individui non utilizzati
I 15-34enni sono il 76% dei disoccupati. Crescono i Neet, chi non studia e non lavora.
Lo spreco del cibo, dell’acqua e ora anche delle risorse umane. A dirlo sono i numeri: 3 milioni di disoccupati, 1,8 milione di inattivi e 3 milioni di persone che, pur non cercando attivamente un impiego, sarebbero disponibili a lavorare. E’ quanto emerge dal 48esimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2014, in cui il centro di studi ha contato quasi 8 milioni di individui non utilizzati: gli effetti della crisi sono più diseguaglianze, meno integrazione, ceto medio corroso.
L’Italia «ha fatto della coesione sociale un valore e si è spesso ritenuto indenne dai rischi delle banlieue parigine», ma le problematicità ormai incancrenite di alcune zone urbane «non possono essere ridotte ad una semplice eccezione».
GIOVANI: IL GRANDE SPRECO. I 15-34enni costituivano già prima della crisi il 50,9% dei disoccupati, ma adesso sono arrivati a quota 75,9%. In forte aumento anche i Neet, i giovani che non studiano, non lavorano e non svolgono attività di formazione, passati dai 1.946.000 del 2004 ai 2.435.000 del 2013.
I giovani sono anche la maggior parte dei sottoinquadrati, orami il 19,5% degli occupati. Nel 2004 era occupato il 60,5% dei giovani, nel 2012 era occupato il 48%: in meno di dieci anni sono scomparsi oltre 2,6 milioni di occupati, con una perdita di oltre 142 miliardi di euro che si ripercuote drammaticamente già adesso sul sistema di welfare. Per chi lavora i salari sono bassissimi: di 4,7 milioni di giovani che vivono per conto proprio, oltre la metà ricevono un aiuto economico dai genitori.
IL 60% HA PAURA DELLA POVERTÀ. Il picco negativo della crisi è ormai alle spalle, ne è convinto il 47 per cento degli italiani, il 12 per cento in più rispetto allo scorso anno. Ma per oltre il 60 per cento può capitare a chiunque di finire in povertà. È quanto emerge dal 48esimo rapporto del Censis sulla situazione del Paese. A prevalere ora, spiega il Centro Studi Investimenti Sociali, è l’incertezza.
Nel nostro Paese c’è una vulnerabilità diffusa tanto che il 60 per cento degli italiani ritiene che possa capitare a chiunque di finire in povertà, quota che sale al 67 per cento tra gli operai e al 64 per cento tra i 45-64enni.
Una delle conferme viene anche dal tasso di natalità: in Italia si fanno sempre meno figli, per 8 su 10 è colpa proprio della crisi. Più diseguaglianze, meno integrazione, ceto medio corroso. Sono gli effetti della crisi secondo il Censis. L’Italia «ha fatto della coesione sociale un valore e si è spesso ritenuto indenne dai rischi delle banlieue parigine», ma le problematicità ormai incancrenite di alcune zone urbane «non possono essere ridotte ad una semplice eccezione».
SUI SOCIAL NETWORK IL 49% DELLA POPOLAZIONE. È sempre più l’Italia dei social network, utilizzati dal 49% della popolazione e dall’80% degli under 29, ma anche della solitudine segnata dalla diffidenza: solo il 20,4% degli italiani pensa che gran parte della gente sia degna di fiducia, mentre il 79,6% è invece convinto che occorra stare molto attenti. E infatti domina la paura: il 60% degli italiani ritiene che ‘a chiunque possa capitare di finire in povertà’. E’ il Paese descritto dal 48° Rapporto del Censis, presentato il 5 dicembre al Cnel.
L’Italia «ha fatto della coesione sociale un valore e si è spesso ritenuto indenne dai rischi delle banlieue parigine», ma le problematicità ormai incancrenite di alcune zone urbane «non possono essere ridotte ad una semplice eccezione».
GIOVANI: IL GRANDE SPRECO. I 15-34enni costituivano già prima della crisi il 50,9% dei disoccupati, ma adesso sono arrivati a quota 75,9%. In forte aumento anche i Neet, i giovani che non studiano, non lavorano e non svolgono attività di formazione, passati dai 1.946.000 del 2004 ai 2.435.000 del 2013.
I giovani sono anche la maggior parte dei sottoinquadrati, orami il 19,5% degli occupati. Nel 2004 era occupato il 60,5% dei giovani, nel 2012 era occupato il 48%: in meno di dieci anni sono scomparsi oltre 2,6 milioni di occupati, con una perdita di oltre 142 miliardi di euro che si ripercuote drammaticamente già adesso sul sistema di welfare. Per chi lavora i salari sono bassissimi: di 4,7 milioni di giovani che vivono per conto proprio, oltre la metà ricevono un aiuto economico dai genitori.
IL 60% HA PAURA DELLA POVERTÀ. Il picco negativo della crisi è ormai alle spalle, ne è convinto il 47 per cento degli italiani, il 12 per cento in più rispetto allo scorso anno. Ma per oltre il 60 per cento può capitare a chiunque di finire in povertà. È quanto emerge dal 48esimo rapporto del Censis sulla situazione del Paese. A prevalere ora, spiega il Centro Studi Investimenti Sociali, è l’incertezza.
Nel nostro Paese c’è una vulnerabilità diffusa tanto che il 60 per cento degli italiani ritiene che possa capitare a chiunque di finire in povertà, quota che sale al 67 per cento tra gli operai e al 64 per cento tra i 45-64enni.
Una delle conferme viene anche dal tasso di natalità: in Italia si fanno sempre meno figli, per 8 su 10 è colpa proprio della crisi. Più diseguaglianze, meno integrazione, ceto medio corroso. Sono gli effetti della crisi secondo il Censis. L’Italia «ha fatto della coesione sociale un valore e si è spesso ritenuto indenne dai rischi delle banlieue parigine», ma le problematicità ormai incancrenite di alcune zone urbane «non possono essere ridotte ad una semplice eccezione».
SUI SOCIAL NETWORK IL 49% DELLA POPOLAZIONE. È sempre più l’Italia dei social network, utilizzati dal 49% della popolazione e dall’80% degli under 29, ma anche della solitudine segnata dalla diffidenza: solo il 20,4% degli italiani pensa che gran parte della gente sia degna di fiducia, mentre il 79,6% è invece convinto che occorra stare molto attenti. E infatti domina la paura: il 60% degli italiani ritiene che ‘a chiunque possa capitare di finire in povertà’. E’ il Paese descritto dal 48° Rapporto del Censis, presentato il 5 dicembre al Cnel.
Nessun commento:
Posta un commento