Tasi, i comuni incassano milioni ma non dicono come li spendono
I sindaci sono obbligati a informare i cittadini, però è quasi impossibile districarsi tra i bilanci. La maggior parte delle risorse a trasporti, sicurezza, verde e fontanelle
di VALENTINA CONTE
ROMA . Dove finiscono i soldi della Tasi? La legge che ha istituito la Tassa sui servizi indivisibili dice chiaro e tondo che i sindaci devono indicare in modo “analitico” non solo il gettito incassato dagli immobili, ma anche l’uso che se ne fa in termini di servizi pubblici finanziati. E lo devono fare in modo chiaro e trasparente. Dunque sui siti dei Comuni, ad esempio. È così? No. Per capire la destinazione del più tormentato dei balzelli, il cittadino dovrebbe essere un segugio informatico, un esperto di bilanci pubblici e rapido di calcolo. Aprire così delibere, documenti contabili e programmatici, relazioni, regolamenti, bozze. E chi più ne ha, più ne metta. E poi fare tabelle, applicare percentuali, sempre ad avere tempo da perdere. Insomma, una fatica immane. Eppure non dovrebbe essere così. E non solo perché la trasparenza è un obbligo di legge. Ma proprio per la natura stessa della Tasi, da quest’anno e per la prima volta nella storia italiana non più imposta sul patrimonio immobiliare, ma tassa per i servizi ricevuti. E invece niente. Altro che “vedo, pago, voto”. Qui di federalismo fiscale (ancora)neanche l’ombra.
Il Servizio politiche territoriali della Uil ci ha provato. Ed è andato a spulciare nei meandri dei documenti contabili di otto grandi città - Roma, Milano, Torino, Genova, Bologna, Venezia, Firenze e Napoli - per capire che fine fanno le tasse sulla casa. E
Il Servizio politiche territoriali della Uil ci ha provato. Ed è andato a spulciare nei meandri dei documenti contabili di otto grandi città - Roma, Milano, Torino, Genova, Bologna, Venezia, Firenze e Napoli - per capire che fine fanno le tasse sulla casa. E
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