Al Qaeda in India, Umar: chi è l'ideologo della jihad
Investito da Zawahiri. Ideologo. Invoca la ricostituzione dell'impero Moghul. Profilo di Umar, capo qaedista in India.
NUOVA FRONTIERA
Ha la divisa d'ordinanza dei qaedisti, turbante nero e barba incolta. Eppure Maulana Assim Umar, l'uomo scelto per guidare l'avanzata di al Qaeda in India non ha il profilo da guerrigliero di Mullah Omar e men che meno il carisma ipnotico dello sceicco Osama bin Laden.
Ideologo, piuttosto, o intellettuale, il nuovo volto del terrorismo asiatico è noto all'intelligence Usa per aver tradotto in urdu, la lingua ufficiale pachistana molto simile all'hindi, discorsi e appelli dell'al Qaeda 'talebana': è, insomma, un traduttore del terrore.
SEI STATI NEL MIRINO. In un video di 55 minuti, diffuso giovedì 4 settembre, il numero uno di al Qaeda Aymal al Zawahiri lo ha nominato guida del movimento nel Subcontinente indiano, o meglio in sei Stati che si estendono da ovest a est a cavallo dei confini settentrionali del colosso indiano: Birmania, Bangladesh, Assam, Gujarat, Ahmedabad e Kashmir. Tutti Paesi in cui la lingua pashtun dei Taliban è praticamente sconosciuta e in cui invece è diffuso l'hindi.
Il suo ruolo non ha nulla a che vedere con la leadership politica, che, come ha specificato al Zawahiri, resta saldamente nelle mani del Mullah Omar.
MEGAFONO DELLA JIHAD. Ma la nomina pubblica di Umar sembra aprire una nuova fase nella strategia qaedista, un investimento sul contintente asiatico, nuovo bacino di potere e di conflitto.
Umar dovrebbe essere il megafono della jihad, capace di adattare il messaggio più truce delle milizie pachistane e sfruttare l'integralismo contrario e opposto degli hindu per infiammare i 175 milioni di musulmani indiani, il 15% di una popolazione di 1,27 miliardi di cittadini, la terza comunità islamica più grande al mondo, tradizionalmente moderata e tollerante.
Ideologo, piuttosto, o intellettuale, il nuovo volto del terrorismo asiatico è noto all'intelligence Usa per aver tradotto in urdu, la lingua ufficiale pachistana molto simile all'hindi, discorsi e appelli dell'al Qaeda 'talebana': è, insomma, un traduttore del terrore.
SEI STATI NEL MIRINO. In un video di 55 minuti, diffuso giovedì 4 settembre, il numero uno di al Qaeda Aymal al Zawahiri lo ha nominato guida del movimento nel Subcontinente indiano, o meglio in sei Stati che si estendono da ovest a est a cavallo dei confini settentrionali del colosso indiano: Birmania, Bangladesh, Assam, Gujarat, Ahmedabad e Kashmir. Tutti Paesi in cui la lingua pashtun dei Taliban è praticamente sconosciuta e in cui invece è diffuso l'hindi.
Il suo ruolo non ha nulla a che vedere con la leadership politica, che, come ha specificato al Zawahiri, resta saldamente nelle mani del Mullah Omar.
MEGAFONO DELLA JIHAD. Ma la nomina pubblica di Umar sembra aprire una nuova fase nella strategia qaedista, un investimento sul contintente asiatico, nuovo bacino di potere e di conflitto.
Umar dovrebbe essere il megafono della jihad, capace di adattare il messaggio più truce delle milizie pachistane e sfruttare l'integralismo contrario e opposto degli hindu per infiammare i 175 milioni di musulmani indiani, il 15% di una popolazione di 1,27 miliardi di cittadini, la terza comunità islamica più grande al mondo, tradizionalmente moderata e tollerante.
- Il libro di Asim Umar sulle presunte azioni dell'armata statunitense in Iraq intitolata L'esercito dell'Anticristo.
Il sogno di rinascita dell'impero Moghul: l'India sotto la legge islamica
La propaganda jihadista sull'India cala dunque dal Nord, cola dalle valli tra Pakistan e Afghanistan e cerca di incunearsi nel caleidoscopio di religioni indiano.
ALLEVATO DAI PUNJABI TALIBAN. Il nuovo leader di al Qaeda nel Subcontinente è stato infatti 'allevato' a fianco degli integralisti del Punjabi Taliban attivi nella provincia più popolosa del Pakistan. Umar ha partecipato anche a numerosi video del Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), la coalizione di militanti islamici che, dal 2007, combatte il governo unitario pachistano.
Poi è venuta la sua prima apparizione in un video di As-Sahab, la casa di produzione che gestisce la macchina della propaganda della rete del terrore. Una semplice comparsata durante una commemorazione della strage dell'11 settembre.
IDEOLOGO DELL'INTEGRALISMO. La sua fama tra gli agenti del controterrorismo, però, si è diffusa quando ha cominciato a leggere in video messaggi in urdu destinati ai musulmani del Kashmir, svincolando la propaganda dall'area dei pashtun e dei talebani.
Secondo Amir Rana, esperto pachistano della militanza qaedista, Umar è un «patrimonio intellettuale» sia di al-Qaeda sia del Ttp. Tuttavia finora non c'era alcuna prova che lo collegasse a un ruolo operativo di comando.
LA RICOSTRUZIONE DELL'IMPERO. Mentre non si conosce la sua età, sono invece conosciuti i titoli dei suoi libri, tra i quali campeggia Blackwater, l'esercito dell'Anticristo, ricostruzione delle azioni dei soldati americani durante la guerra in Iraq.
I suoi discorsi sono appelli alla ricostruzione del grande impero Moghul, la grande dinastia islamica che ha regnato in India per 300 anni, dalla prima metà del 1500 alla conquista britannica all'inizio del 19esimo secolo. È il sogno di un'India a maggioranza musulmana, unita dalla fede e dalla lingua farsi, oggi paradossalmente patrimonio di quell'Iran sciita arcinemico di al Qaeda.
NELLA JIHAD DA PROTAGONISTI. Nei suoi appelli, Umar invita i musulmani indiani a entrare nelle fila della lotta islamica globale da protagonisti: «Date la spinta finale per il collasso dell'edificio americano», esorta in un discorso. «Perché siete totalmente assenti dai campi jihadisti?», si domanda in un'altra registrazione.
La risposta però non è difficile da trovare: l'integralismo in India è storicamente intrecciato al nazionalismo hindu, che con il Bjp (il partito popolare indiano) è tornato al governo, è più forte ed è pronto a soffiare sul fuoco dell'intolleranza religiosa. Una manna per la lotta qaedista.
ALLEVATO DAI PUNJABI TALIBAN. Il nuovo leader di al Qaeda nel Subcontinente è stato infatti 'allevato' a fianco degli integralisti del Punjabi Taliban attivi nella provincia più popolosa del Pakistan. Umar ha partecipato anche a numerosi video del Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), la coalizione di militanti islamici che, dal 2007, combatte il governo unitario pachistano.
Poi è venuta la sua prima apparizione in un video di As-Sahab, la casa di produzione che gestisce la macchina della propaganda della rete del terrore. Una semplice comparsata durante una commemorazione della strage dell'11 settembre.
IDEOLOGO DELL'INTEGRALISMO. La sua fama tra gli agenti del controterrorismo, però, si è diffusa quando ha cominciato a leggere in video messaggi in urdu destinati ai musulmani del Kashmir, svincolando la propaganda dall'area dei pashtun e dei talebani.
Secondo Amir Rana, esperto pachistano della militanza qaedista, Umar è un «patrimonio intellettuale» sia di al-Qaeda sia del Ttp. Tuttavia finora non c'era alcuna prova che lo collegasse a un ruolo operativo di comando.
LA RICOSTRUZIONE DELL'IMPERO. Mentre non si conosce la sua età, sono invece conosciuti i titoli dei suoi libri, tra i quali campeggia Blackwater, l'esercito dell'Anticristo, ricostruzione delle azioni dei soldati americani durante la guerra in Iraq.
I suoi discorsi sono appelli alla ricostruzione del grande impero Moghul, la grande dinastia islamica che ha regnato in India per 300 anni, dalla prima metà del 1500 alla conquista britannica all'inizio del 19esimo secolo. È il sogno di un'India a maggioranza musulmana, unita dalla fede e dalla lingua farsi, oggi paradossalmente patrimonio di quell'Iran sciita arcinemico di al Qaeda.
NELLA JIHAD DA PROTAGONISTI. Nei suoi appelli, Umar invita i musulmani indiani a entrare nelle fila della lotta islamica globale da protagonisti: «Date la spinta finale per il collasso dell'edificio americano», esorta in un discorso. «Perché siete totalmente assenti dai campi jihadisti?», si domanda in un'altra registrazione.
La risposta però non è difficile da trovare: l'integralismo in India è storicamente intrecciato al nazionalismo hindu, che con il Bjp (il partito popolare indiano) è tornato al governo, è più forte ed è pronto a soffiare sul fuoco dell'intolleranza religiosa. Una manna per la lotta qaedista.
I love jihad, la propaganda inventata dagli hindu che fa il gioco di al Qaeda
Proprio negli stessi giorni in cui al Qaeda preparava il suo annuncio, sulla stampa indiana fioccavano notizie, poi smentite, su un presunto movimento integralista musulmano chiamato I love jihad e nato, stando alla propaganda induista, per imporre alle donne indiane la conversione forzata all'Islam.
UN FENOMENO MEDIATICO. Le voci sulla fantomatica campagna I love jihadhanno plasmato un tipico prodotto da moderna cospirazione. I racconti si sono moltiplicati, gonfiati, e diramati in tutta l'India centrale, fomentando manifestazioni di protesta, organizzate da movimenti integralisti indù come la Rashtriya Swayamsevak Sang che promuove il volontariato confessionale, sostiene la creazione di una nazione unitaria induista e, soprattutto, esprime dirigenti nel Bjp, partito del primo ministro Nerendra Modi, e uomini di governo.
NESSUNA PROVA REALE. La polizia ha avviato indagini ma non ha trovato alcuna prova dell'esistenza del movimento islamico. Ma la notizia è rimbalzata sulla stampa ufficiale. E nella regione settentrionale dell'Uttar Pradesh la minaccia delle conversioni forzate è diventata argomento di dibattito nei comizi della campagna elettorale. In questo clima di montata intolleranza, al Qaeda scommette di farsi strada.
MORBIDI PER CONVINCERE. Alimentare lo scontro è facile. E per solleticare la rivalsa e temprare l'identità dei musulmani indiani, i qaedisti sono disposti anche a farsi più morbidi: «Lottare per la jihad», ha spiegato Assim Umar nell'inusuale appello agli islamici del Subcontinente, «non significa necessariamente convertire chi non crede».
Una dichiarazione che conferma la raffinatezza del nuovo addetto alla propaganda. Nella guerra della fede, dell'identità e della religione, si può iniziare sfruttando le offensive degli altri.
UN FENOMENO MEDIATICO. Le voci sulla fantomatica campagna I love jihadhanno plasmato un tipico prodotto da moderna cospirazione. I racconti si sono moltiplicati, gonfiati, e diramati in tutta l'India centrale, fomentando manifestazioni di protesta, organizzate da movimenti integralisti indù come la Rashtriya Swayamsevak Sang che promuove il volontariato confessionale, sostiene la creazione di una nazione unitaria induista e, soprattutto, esprime dirigenti nel Bjp, partito del primo ministro Nerendra Modi, e uomini di governo.
NESSUNA PROVA REALE. La polizia ha avviato indagini ma non ha trovato alcuna prova dell'esistenza del movimento islamico. Ma la notizia è rimbalzata sulla stampa ufficiale. E nella regione settentrionale dell'Uttar Pradesh la minaccia delle conversioni forzate è diventata argomento di dibattito nei comizi della campagna elettorale. In questo clima di montata intolleranza, al Qaeda scommette di farsi strada.
MORBIDI PER CONVINCERE. Alimentare lo scontro è facile. E per solleticare la rivalsa e temprare l'identità dei musulmani indiani, i qaedisti sono disposti anche a farsi più morbidi: «Lottare per la jihad», ha spiegato Assim Umar nell'inusuale appello agli islamici del Subcontinente, «non significa necessariamente convertire chi non crede».
Una dichiarazione che conferma la raffinatezza del nuovo addetto alla propaganda. Nella guerra della fede, dell'identità e della religione, si può iniziare sfruttando le offensive degli altri.
Martedì, 09 Settembre 2014
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