INCHIESTA
I funzionari che sussurrano ai ministri
Chi sono gli uomini ombra del Governo
Hanno in mano l’organizzazione, tengono la loro agenda, coordinano l’attività. Ecco chi sono i Richelieu della squadra del Governo Renzi. Fra magistrati fuori ruolo, alti papaveri di Stato e amici di vecchia data
di Paolo Fantauzzi e Michele Sasso
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Sono i numeri due dei ministri renziani e tirano le fila tra l’apparato e la politica. Sconosciuti ai più, i capi di gabinetto sono degli influenti Richelieu delle stanze romane. Hanno in mano l’agenda e sussurrano nelle orecchie dei potenti.
Al cambio della guardia Letta-Renzi molti neoministri come Maria Elena Boschi e Federica Guidi hanno scelto senza indugi tra i “papaveri di Stato” che conoscono alla perfezione la complicata macchina statale. Ma non mancano sopravvissuti della Prima repubblica (alla Cultura) e gli immancabili magistrati fuori ruolo, distaccati da più di dieci anni contrariamente a quanto prevede la legge. E se il Nuovo Centrodestra al potere (Angelino Alfano e Maurizio Lupi) ha puntato sui fidati collaboratori cresciuti a pane e fede ciellina, c’è anche chi è stato riconfermato (all’Agricoltura) grazie ad amicizie influenti e bipartisan, rimanendo imbullonato alla poltrona. Con buona pace dello sbandierato ricambio che dovrebbe portarci fuori dalla palude.
L’AMICO DI FAMIGLIA
Il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina ha preferito non cambiare le pedine chiave, confermando come capo di gabinetto Ferdinando Ferrara. Nominato da Nunzia De Girolamo, è un latifondista pugliese e soprattutto grande amico del marito, il deputato Pd Francesco Boccia. Un apprezzamento bipartisan, come ha ricostruito Emiliano Fittipaldi sull’Espresso : «I due hanno lavorato insieme alla presidenza del Consiglio a partire dal 2006, quando il parlamentare arrivò con un posto di capo dipartimento. Mentre Boccia dà consigli a Letta, nel 2008 Ferrara mette il turbo e fa carriera, diventando prima direttore generale di Palazzo Chigi, poi nel 2013 - grazie, dicono i maligni, proprio all’appoggio di Boccia - capo del Dipe, il dipartimento della programmazione economica. Stipendio da 218 mila euro l’anno».
Lo scorso dicembre, un nuovo balzo in avanti: al ministero delle Politiche agricole. Saltata la De Girolamo per l’affaire sanità a Benevento (con le imbarazzanti registrazioni delle lottizzazioni decise in giardino), è bastato aspettare il nuovo governo per tornare ai pieni poteri.
L’ETERNO POLITICO
Non mancano i “sempiterni” che grazie alle entrature giuste riescono sempre a trovare un approdo sicuro. Come Giampaolo D’Andrea, che Dario Franceschini ha voluto suo capo di gabinetto ai Beni culturali. Un amico di lunga data: a fine anni Novanta entrambi (insieme a Enrico Letta) erano vicesegretari del Partito popolare. D’Andrea di tecnico non ha nulla: capogruppo Dc alla Regione Basilicata nel 1990, due anni dopo diventa deputato. La Prima Repubblica finisce, la Balena bianca affonda ma per D’Andrea inizia una nuova stagione: alle europee del ’94 raccoglie 76.137 voti e vola a Strasburgo a fare l’europarlamentare. Nel ’98 D’Alema arriva a Palazzo Chigi e lui diventa sottosegretario ai Beni culturali. Nel 2001 Berlusconi stravince ma le sue quotazioni continuano a salire: è senatore della Margherita. Dopo cinque anni a Palazzo Madama, niente ricandidatura. In compenso con Prodi premier torna a fare il sottosegretario: stavolta alle Riforme.
E quando nel 2008 il Pdl trionfa alle urne, per l’ex popolare rimasto senza incarico si rimedia nel partito: Walter Veltroni lo nomina responsabile del settore Ricerca del Pd. Con un curriculum simile, si capisce perché il centrodestra, quando vide il suo nome nella lista del governo Monti, minacciò di non votare la fiducia. «Non faccio finta di essere un tecnico puro, ho un passato politico», ammise lui. Adesso, dopo un anno e mezzo coi tecnici e un altro anno a spasso, la grande rentrèe con l’amico di vecchia data.
TRA CIELLE E NUOVOCENTRODESTRA
Il potente Maurizio Lupi (Infrastrutture), sopravvissuto al tandem Letta-Renzi, non si è fatto mancare nulla nel suo staff. A capo della segreteria c’è Emmanuele Forlani, che insieme al ministro condivide la vicinanza a Comunione e Liberazione (entrambi ospiti fissi del meeting di Rimini). Nel passato di Forlani, infatti, c'è un posto da segretario della Fondazione per la Sussidiarietà e un incarico da responsabile dell'ufficio studi della Compagnia delle opere, il braccio economico del movimento fondato da don Giussani.
Nell’insolita veste di segretario particolare c’è Marcello Di Caterina, ex deputato Pdl che nel 2006 si distinse come uno dei più dinamici sostenitori dei Circoli della libertà di Marcello Dell'Utri. Non rieletto alle politiche dell’anno scorso, si è consolato con un premio-fedeltà a Lupi.
Sempre nel segno di Cl al Viminale Angelino Alfano ha scelto come capo della segreteria particolare l’avvocato Giovanni Antonio Macchiarola, ombra dell’ex Guardasigilli da parecchi anni e soprattutto figlio di Benito, peso massimo dell’organizzazione ciellina in Sicilia. Con Angelino è stato prima al ministero della Giustizia, poi nel quartier generale del Pdl in via dell’Umiltà e poi direttamente al ministero degli Interni. Nel 2012 diventa per pochi mesi assessore nella giunta di centro destra della Provincia di Palermo.
L’EREDITÀ DELLA CANCELLIERI
Il ministro della giustizia Andrea Orlando ha confermato al delicato incarico di capo dell’ufficio legislativo Domenico Carcano, vicedirettore del Massimario alla Corte di Cassazione. Una grana lasciata in eredità dalla Cancellieri che in un primo momento aveva chiesto di collocare il magistrato come fuori ruolo. Peccato che in base alla legge anti-corruzione le toghe non possano essere impiegati in trasferta per più di 10 anni nell’arco della loro carriera. E si dà il caso che Carcano abbia già superato questo limite.Per evitare il divieto imposto dalla legge il magistrato aveva chiesto di essere messo in aspettativa.
Un escamotage che non è piaciuto al parlamentare Pd Roberto Giachetti che in un’interrogazione ha messo in fila tutte le toghe (soprattutto provenienti dal Tar del Lazio e del Consiglio di Stato) prestate alla politica. Una lista in cui oltre a Carcano spuntanoPaolo Carpentieri, capo legislativo ai Beni culturali e
Gerardo Mastrandrea, nello stesso incarico delle Infrastrutture. Entrambi riconfermati.
LO SAI CHE I PAPAVERI
La pattuglia più gettonata è quella degli alti papaveri dell’amministrazione, che conoscono tutti gli ingranaggi della macchina statale. Come Vito Cozzoli, il capo dell'Avvocatura di Montecitorio che il ministro Federica Guidi (Sviluppo economico) ha messo alla guida del suo gabinetto. Un rapporto non nuovo, a incrociare le biografie dei due: Cozzoli infatti è anche docente alla Luiss, l’università di Confindustria, che ha avuto alla guida della “sezione” giovanile proprio l’attuale ministro.
Un funzionario della Camera anche per l’esordiente Maria Elena Boschi: Roberto Cerreto, consigliere parlamentare dal 2003. Guai però a pensare che si tratti di un funzionario “puro”. Cerreto ha infatti alle spalle un passato assai politico: romano ma laureato alla Normale, prima di tornare nella capitale a Pisa è stato per quattro anni segretario Ds e consigliere comunale. E proprio un pisano, Enrico Letta, l’ha voluto a Palazzo Chigi. Per la fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema ha coordinato il gruppo di lavoro sul federalismo. La più renziana dei ministri, insomma, ha scelto un dalemiano doc.
Un tecnico puro è quello scelto dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti: Luigi Caso, magistrato della Corte dei conti fuori ruolo che da quasi 20 anni lavora coi governi di ogni colore. Da ultimo, con Fabrizio Saccomanni all’Economia. Un basso profilo che non gli impedì, nel 2001, di trovarsi al centro di un duro scontro con l’allora Guardasigilli, il leghista Roberto Castelli, che aveva rimosso cinque magistrati dell’Ufficio legislativo del ministero per un parere tecnico negativo alla contestata legge sulle rogatorie internazionali (pensata per depotenziare le prove dell’accusa nel processo Sme-Ariosto che vedeva imputati Silvio Berlusconi e Cesare Previti). Caso fu tra i dimissionari per solidarietà verso i colleghi e, da lì a pochi mesi, iniziò a girare da un dicastero all’altro: consigliere giuridico di Antonio Marzano (Attività Produttive), a Palazzo Chigi ai primi tempi del Prodi bis, al Lavoro con Cesare Damiano, alla Gioventù con Giorgia Meloni, nel Consiglio superiore dei Lavori pubblici e poi alla Vigilanza sui contratti pubblici e alla Corte dei conti.
LA RETE PER L’ISTRUZIONE
Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha pescato a piene mani da Rena (Rete per l’eccellenza nazionale), sorta di lobby di under 40 “non partisan” (come si definisce) dedita alla promozione dell'innovazione e vicina al mondo imprenditoriale. Certo non senza le giuste entrature, se nel 2010 all’assemblea fra gli ospiti erano annoverati il patron di Fiat John Elkann e l’ex amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo.
La senatrice montiana ha scelto come capo di gabinetto Alessandro Fusacchia, fondatore e presidente fino al 2012, che a 36 anni ha già un curriculum lungo così: consigliere di Emma Bonino ai tempi del Prodi bis (Politiche comunitarie), di Corrado Passera allo Sviluppo economico, di nuovo alla Farnesina con la Bonino e collaboratore del piano Destinazione Italia del governo Letta. Alla segreteria tecnica c’è invece il successore di Fusacchia: l’attuale presidente di Rena, Francesco Luccisano, un 32enne esperto di innovazione e già passato alle relazioni esterne Enel, i giovani di Confindustria ai tempi della Guidi, Palazzo Chigi e, da ultimo alla Farnesina con Emma Bonino. Sono arrivati spinti da una lobby ma dalla loro parte c’è almeno l’età della rivoluzione a colpi di rottamazione.
Al cambio della guardia Letta-Renzi molti neoministri come Maria Elena Boschi e Federica Guidi hanno scelto senza indugi tra i “papaveri di Stato” che conoscono alla perfezione la complicata macchina statale. Ma non mancano sopravvissuti della Prima repubblica (alla Cultura) e gli immancabili magistrati fuori ruolo, distaccati da più di dieci anni contrariamente a quanto prevede la legge. E se il Nuovo Centrodestra al potere (Angelino Alfano e Maurizio Lupi) ha puntato sui fidati collaboratori cresciuti a pane e fede ciellina, c’è anche chi è stato riconfermato (all’Agricoltura) grazie ad amicizie influenti e bipartisan, rimanendo imbullonato alla poltrona. Con buona pace dello sbandierato ricambio che dovrebbe portarci fuori dalla palude.
L’AMICO DI FAMIGLIA
Il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina ha preferito non cambiare le pedine chiave, confermando come capo di gabinetto Ferdinando Ferrara. Nominato da Nunzia De Girolamo, è un latifondista pugliese e soprattutto grande amico del marito, il deputato Pd Francesco Boccia. Un apprezzamento bipartisan, come ha ricostruito Emiliano Fittipaldi sull’Espresso : «I due hanno lavorato insieme alla presidenza del Consiglio a partire dal 2006, quando il parlamentare arrivò con un posto di capo dipartimento. Mentre Boccia dà consigli a Letta, nel 2008 Ferrara mette il turbo e fa carriera, diventando prima direttore generale di Palazzo Chigi, poi nel 2013 - grazie, dicono i maligni, proprio all’appoggio di Boccia - capo del Dipe, il dipartimento della programmazione economica. Stipendio da 218 mila euro l’anno».
Lo scorso dicembre, un nuovo balzo in avanti: al ministero delle Politiche agricole. Saltata la De Girolamo per l’affaire sanità a Benevento (con le imbarazzanti registrazioni delle lottizzazioni decise in giardino), è bastato aspettare il nuovo governo per tornare ai pieni poteri.
L’ETERNO POLITICO
Non mancano i “sempiterni” che grazie alle entrature giuste riescono sempre a trovare un approdo sicuro. Come Giampaolo D’Andrea, che Dario Franceschini ha voluto suo capo di gabinetto ai Beni culturali. Un amico di lunga data: a fine anni Novanta entrambi (insieme a Enrico Letta) erano vicesegretari del Partito popolare. D’Andrea di tecnico non ha nulla: capogruppo Dc alla Regione Basilicata nel 1990, due anni dopo diventa deputato. La Prima Repubblica finisce, la Balena bianca affonda ma per D’Andrea inizia una nuova stagione: alle europee del ’94 raccoglie 76.137 voti e vola a Strasburgo a fare l’europarlamentare. Nel ’98 D’Alema arriva a Palazzo Chigi e lui diventa sottosegretario ai Beni culturali. Nel 2001 Berlusconi stravince ma le sue quotazioni continuano a salire: è senatore della Margherita. Dopo cinque anni a Palazzo Madama, niente ricandidatura. In compenso con Prodi premier torna a fare il sottosegretario: stavolta alle Riforme.
E quando nel 2008 il Pdl trionfa alle urne, per l’ex popolare rimasto senza incarico si rimedia nel partito: Walter Veltroni lo nomina responsabile del settore Ricerca del Pd. Con un curriculum simile, si capisce perché il centrodestra, quando vide il suo nome nella lista del governo Monti, minacciò di non votare la fiducia. «Non faccio finta di essere un tecnico puro, ho un passato politico», ammise lui. Adesso, dopo un anno e mezzo coi tecnici e un altro anno a spasso, la grande rentrèe con l’amico di vecchia data.
TRA CIELLE E NUOVOCENTRODESTRA
Il potente Maurizio Lupi (Infrastrutture), sopravvissuto al tandem Letta-Renzi, non si è fatto mancare nulla nel suo staff. A capo della segreteria c’è Emmanuele Forlani, che insieme al ministro condivide la vicinanza a Comunione e Liberazione (entrambi ospiti fissi del meeting di Rimini). Nel passato di Forlani, infatti, c'è un posto da segretario della Fondazione per la Sussidiarietà e un incarico da responsabile dell'ufficio studi della Compagnia delle opere, il braccio economico del movimento fondato da don Giussani.
Nell’insolita veste di segretario particolare c’è Marcello Di Caterina, ex deputato Pdl che nel 2006 si distinse come uno dei più dinamici sostenitori dei Circoli della libertà di Marcello Dell'Utri. Non rieletto alle politiche dell’anno scorso, si è consolato con un premio-fedeltà a Lupi.
Sempre nel segno di Cl al Viminale Angelino Alfano ha scelto come capo della segreteria particolare l’avvocato Giovanni Antonio Macchiarola, ombra dell’ex Guardasigilli da parecchi anni e soprattutto figlio di Benito, peso massimo dell’organizzazione ciellina in Sicilia. Con Angelino è stato prima al ministero della Giustizia, poi nel quartier generale del Pdl in via dell’Umiltà e poi direttamente al ministero degli Interni. Nel 2012 diventa per pochi mesi assessore nella giunta di centro destra della Provincia di Palermo.
L’EREDITÀ DELLA CANCELLIERI
Il ministro della giustizia Andrea Orlando ha confermato al delicato incarico di capo dell’ufficio legislativo Domenico Carcano, vicedirettore del Massimario alla Corte di Cassazione. Una grana lasciata in eredità dalla Cancellieri che in un primo momento aveva chiesto di collocare il magistrato come fuori ruolo. Peccato che in base alla legge anti-corruzione le toghe non possano essere impiegati in trasferta per più di 10 anni nell’arco della loro carriera. E si dà il caso che Carcano abbia già superato questo limite
Un escamotage che non è piaciuto al parlamentare Pd Roberto Giachetti che in un’interrogazione ha messo in fila tutte le toghe (soprattutto provenienti dal Tar del Lazio e del Consiglio di Stato) prestate alla politica. Una lista in cui oltre a Carcano spuntanoPaolo Carpentieri, capo legislativo ai Beni culturali e
Gerardo Mastrandrea, nello stesso incarico delle Infrastrutture. Entrambi riconfermati.
LO SAI CHE I PAPAVERI
La pattuglia più gettonata è quella degli alti papaveri dell’amministrazione, che conoscono tutti gli ingranaggi della macchina statale. Come Vito Cozzoli, il capo dell'Avvocatura di Montecitorio che il ministro Federica Guidi (Sviluppo economico) ha messo alla guida del suo gabinetto. Un rapporto non nuovo, a incrociare le biografie dei due: Cozzoli infatti è anche docente alla Luiss, l’università di Confindustria, che ha avuto alla guida della “sezione” giovanile proprio l’attuale ministro.
Un funzionario della Camera anche per l’esordiente Maria Elena Boschi: Roberto Cerreto, consigliere parlamentare dal 2003. Guai però a pensare che si tratti di un funzionario “puro”. Cerreto ha infatti alle spalle un passato assai politico: romano ma laureato alla Normale, prima di tornare nella capitale a Pisa è stato per quattro anni segretario Ds e consigliere comunale. E proprio un pisano, Enrico Letta, l’ha voluto a Palazzo Chigi. Per la fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema ha coordinato il gruppo di lavoro sul federalismo. La più renziana dei ministri, insomma, ha scelto un dalemiano doc.
Un tecnico puro è quello scelto dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti: Luigi Caso, magistrato della Corte dei conti fuori ruolo che da quasi 20 anni lavora coi governi di ogni colore. Da ultimo, con Fabrizio Saccomanni all’Economia. Un basso profilo che non gli impedì, nel 2001, di trovarsi al centro di un duro scontro con l’allora Guardasigilli, il leghista Roberto Castelli, che aveva rimosso cinque magistrati dell’Ufficio legislativo del ministero per un parere tecnico negativo alla contestata legge sulle rogatorie internazionali (pensata per depotenziare le prove dell’accusa nel processo Sme-Ariosto che vedeva imputati Silvio Berlusconi e Cesare Previti). Caso fu tra i dimissionari per solidarietà verso i colleghi e, da lì a pochi mesi, iniziò a girare da un dicastero all’altro: consigliere giuridico di Antonio Marzano (Attività Produttive), a Palazzo Chigi ai primi tempi del Prodi bis, al Lavoro con Cesare Damiano, alla Gioventù con Giorgia Meloni, nel Consiglio superiore dei Lavori pubblici e poi alla Vigilanza sui contratti pubblici e alla Corte dei conti.
LA RETE PER L’ISTRUZIONE
Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha pescato a piene mani da Rena (Rete per l’eccellenza nazionale), sorta di lobby di under 40 “non partisan” (come si definisce) dedita alla promozione dell'innovazione e vicina al mondo imprenditoriale. Certo non senza le giuste entrature, se nel 2010 all’assemblea fra gli ospiti erano annoverati il patron di Fiat John Elkann e l’ex amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo.
La senatrice montiana ha scelto come capo di gabinetto Alessandro Fusacchia, fondatore e presidente fino al 2012, che a 36 anni ha già un curriculum lungo così: consigliere di Emma Bonino ai tempi del Prodi bis (Politiche comunitarie), di Corrado Passera allo Sviluppo economico, di nuovo alla Farnesina con la Bonino e collaboratore del piano Destinazione Italia del governo Letta. Alla segreteria tecnica c’è invece il successore di Fusacchia: l’attuale presidente di Rena, Francesco Luccisano, un 32enne esperto di innovazione e già passato alle relazioni esterne Enel, i giovani di Confindustria ai tempi della Guidi, Palazzo Chigi e, da ultimo alla Farnesina con Emma Bonino. Sono arrivati spinti da una lobby ma dalla loro parte c’è almeno l’età della rivoluzione a colpi di rottamazione.
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