Grillo e Le Pen, la triste differenza tra Italia e Francia
26 - 03 - 2014Benedetto Ippolito
Mentre i francesi scelgono una forza identitaria, criticabile quanto si vuole, ma con una lunga tradizione culturale, che si propone di voler amministrare efficacemente lo Stato, gli italiani preferiscono far convergere quasi un quarto dei propri suffragi a un movimento di protesta fine a se stesso.
La situazione politica che si sta determinando in Francia dopo il primo turno delle amministrative ha un riflesso in tutti i paesi dell’Europa. Il FN si avvia a raddoppiare il numero dei comuni, superiori a diecimila abitanti, che amministra rispetto al 1995. La ragione di questa performance indiscutibile di Marine Le Pen è duplice. Da un lato, il riferimento forte all’euroscetticismo e a una visione nazionalista integrale ben radicata nel cuore reazionario dei francesi. Dall’altro, la possibile rottura del patto di desistenza tra socialisti e gollisti che potrebbe avvantaggiare nel finale la destra radicale.
Il dato interessante è che la Francia mostra di sentire pienamente la crisi culturale e politica dell’Europa, e decide di rispondere dando consenso al più polarizzato dei partiti politici anti europei. Molti osservatori hanno osservato, oltretutto, che la Le Pen si sta proponendo come personaggio di governo, volendo stabilire, dove possibile, alleanze strategiche anche all’estero. Una via di opposizione totale al popolarismo e al socialismo che ha, perciò, grandi chance di successo.
Paragonando questa situazione a quella italiana non è difficile cogliere l’enorme difficoltà in cui versa il nostro Paese. Gli ultimi sondaggi del Tgcom24 sembrano indicare il Partito democratico intorno al 31 per cento. Un risultato che indubbiamente dà una certa stabilità alla leadership di governo di Matteo Renzi.Forza Italia è il secondo partito con il 24 per cento, segnando la cifra di un’opposizione molto consistente all’attuale maggioranza, raccolta attorno all’ex Cavaliere. Sebbene le incognite sul destino personale diBerlusconi potranno riservare qualche sorpresa nelle prossime settimane, il dato di oggi dice che comunque egli continua a tenere il quoziente più alto di elettori moderati.
E’ invece il successivo risultato di casa nostra che davvero fa pensare, per quanto ci siamo un po’ tutti abituati alla situazione. Il Movimento cinque stelle è il terzo partito nazionale con il 20 per cento di preferenze. Beppe Grillo, lungi da aver abbandonato il vestigio del comico, sta iniziando con il vento in poppa una campagna elettorale in pratica corrispondente a uno spettacolo teatrale violento e antisistema, con una punta forte di anti europeismo, senza dare però alcuna garanzia di governabilità. Cala, invece, almeno per ora il Nuovo centrodestra al 3,7 per cento, sempre più prossimo alla Lega ferma al 3,5.
Il paragone tra noi e la Francia rivela un’importante affinità. In entrambi i Paesi vi è un movimento politico, estraneo all’area socialista e popolare, che si attesta con grande successo. I problemi, d’altronde, ci sono, e la politica tradizionale non sembra dare garanzie di saperli risolvere. La differenza tra le due situazioni, tuttavia, è ancora più rilevante. Mentre i francesi scelgono una forza identitaria, criticabile quanto si vuole, ma con una lunga tradizione culturale, che si propone di voler amministrare efficacemente lo Stato, gli italiani preferiscono far convergere quasi un quarto dei propri suffragi a un movimento di protesta fine a se stesso, senza identità politica, senza tradizione, che non si propone esplicitamente alcun proposito concreto.
Non mi piace sventolare la bandiera del “voto intelligente”, anche perché ogni persona che vota lo è, ma certo forse è giunto il momento che anche noi cittadini italiani teniamo conto che votare è un atto di responsabilità, e non di assenso a chi la spara più grossa nel modo migliore.
In realtà, non si sa ancora cosa uscirà il 25 maggio dalle urne. Se, ad esempio, alcuni atti positivi del governo Renzi incideranno anche sugli altri partiti di governo che danno maggiori garanzie di gestione della cosa pubblica, o se, alla fine, le prossime europee cadranno nella più completa indifferenza. Una cosa però è certa. Quando si sceglie il medico, non lo si fa preferendo chi con migliore ironia e durezza descrive la malattia, ma chi meglio la può curare. Il voto a Grillo è inutile perché non può guarire i mali del nostro Paese che denuncia ai quattro venti. E, proprio, per questo, forse, il suo 20 per cento non depone a favore della proverbiale intelligenza italiana, potendo, al massimo, peggiorare le cose e in nessun modo risolvere niente di niente.
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