Moretti fa sul serio: "Altri al mio posto per Ferrovie? Ben vengano"
Mauro Moretti, ad di Ferrovie dello Stato, riaccende la polemica sul taglio agli stipendi dei manager pubblici: "Resto se Renzi saprà convincermi". E sul suo ruolo: "Nel 2006 nessuno voleva responsabilità"
Carmine Ranieri Guarino25 Marzo 2014
ROMA - Da "ferroviere consumato" viaggia dritto. Senza abbandonare i suoi binari. Anzi. Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, torna a parlare dopo i giorni delle polemiche sulla sua retribuzione - 850mila euro all'anno - e su quella battuta - "Se mi tagliano lo stipendio vado via" - che era piaciuta a pochi. L'ad di Fs, evidentemente poco preoccupato dal consenso popolare, non molla il punto. E, alla presentazione a Milano del piano industriale 2014-2017, rilancia. Ricorda i suoi meriti, rivendica la responsabilità presa quando nessuna era intenzionato a farlo e si dice, ancora una volta, pronto a lasciare.
"Se c’è un’alternativa migliore" alla guida delle Ferrovie dello Stato "ben venga", ha esordito il manager. "La sfida - ha continuato - è valorizzare il capitale investito nel gruppo. E' capitale pubblico che va a beneficio del contribuente, e questi ha interesse a che il gruppo vada gestito nel migliore dei modi e se ci sono alternative migliori alla guida che possa gestirlo meglio, ben vengano".
Quindi, leggendo fra le righe: Moretti sarebbe addirittura pronto a lasciare la guida di Ferrovie dello Stato. Non prima, però, di avere ricordato i suoi successi da dirigente: dal 2006 - ha spiegato - "abbiamo fatto un drammatico risanamento, altrimenti saremmo falliti, come successo per altri gruppi di terra, acqua e aria. Noi siamo un’impresa, e usiamo gli strumenti dell’impresa. Non possiamo fare altro, se ci sono altre scelte, quelle dipendono dal mondo politico".
Quindi, una stoccata a Diego Della Valle, socio di "Nuovo trasporto viaggiatori", che l’altro giorno era stato molto diretto: "Se Moretti va via nessuno piange". "Nel 2006 nessuno voleva fare l’ad di Ferrovie - ha stuzzicato l'avversario, moretti - lo si ricordi: farlo è una storia di fatica, non di giochetti per fare mezzo minuto di share in tv".
E ancora: "E' uno dei lavori più duri che si possono affrontare nella realtà italiana - ha commentato - Molti miei predecessori dicono che una realtà così difficile non l’avevano mai vista. Siamo una delle aziende più grandi d’Italia - ha rivendicato - siamo una realtà industriale e non stiamo a poltrire negli uffici".
Poi, dopo Della Valle, ecco finalmente Renzi e il tanto temuto taglio degli stipendi sotto la scure dell'implacabile spending review. "Attendo la proposta del premier su un eventuale taglio di stipendio, poi farò le mie valutazioni, vediamo se saprà convincermi". Accordo col presidente del Consiglio o meno, Moretti non ha intenzione di lasciare l'Italia: "Sono italianissimo - ha concluso - vorrei continuare a lavorare in un'impresa italiana". Che quel "vorrei" dipenda dallo stipendio?.
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