Non è dato sapere quante ore abbiano dedicato all'insegnamento, ma di certo saranno state molto dense di informazioni per gli studenti. Tanto dense da meritare stipendi fino a 300mila euro all'anno. A tanto ammontano, infatti, le retribuzioni garantite dalla Scuola di formazione del Mef e dalla Scuola superiore della Pa a dirigenti ministeriali di lungo corso, come - per citarne alcuni - Francesco Tomasone, Vincenzo Fortunato, Giuseppe Nerio Carugno, Marco Pinto. Tutti alti burocrati dalle tante relazioni e dagli infiniti incarichi.
Tutti accomunati da questa passionaccia per l'insegnamento. Ovviamente molto ben retribuita. È davanti a cifre come queste che si capisce come, nell'affrontare il tema delle retribuzioni ai vertici della Pa, è fondamentale innanzitutto conoscere i numeri. Tutti i numeri. Ci si accorge allora che gli abusi più insopportabili, e soprattutto onerosi per le finanze pubbliche, vanno ben al di là di quella ventina di incarichi apicali che sono sotto i riflettori dei media. Quello delle scuole è un caso limite, giustamente sollevato da un articolo del Fatto quotidiano di qualche giorno fa sulla scuola del Mef, e rilanciato dall'inchiesta di Mariolina Sesto a pagina 2 del Sole 24 Ore di oggi. Una vera vergogna nazionale per la quale tutti i dirigenti coinvolti dovrebbero chiedere scusa al Paese. È stato, ed è ancora, un vero e proprio saccheggio di risorse pubbliche, perpetuato nell'arroganza del potere e nell'opacità del sistema.
Ma i dati che il Sole 24 Ore pubblica oggi rivelano una realtà di privilegi e incongruenze che va al di là dei casi singoli. Coinvolgendo interi comparti e intere categorie della pubblica amministrazione. È giusto che chi esercita funzioni di altissima responsabilità, e consegue risultati per la collettività, sia premiato con uno stipendio adeguato. Quello che non è tollerabile è un sistema per cui in alcune categorie si accede sempre e comunque a trattamenti elevati. Todos caballeros, si direbbe. E poco importa se il servizio offerto ai cittadini è scadente, se i risultati sono inesistenti, se le responsabilità esercitate sono di poco conto.

I dati che pubblichiamo (anno 2012) parlano da soli. Sul totale dei dipendenti statali solo il 14% guadagna più di 40mila euro lordi l'anno. Ma alla presidenza del Consiglio nessuno, dicasi nessuno, guadagna meno di quella cifra. Sempre a Palazzo Chigi, poi, il 16% dei dipendenti, 384 persone per l'esattezza, guadagnano più di 80mila euro, contro una media dei ministeri del 2%.
Anche presso le autorità indipendenti nessuno ha la sventura di guadagnare meno di 40mila euro e addirittura il 43% porta a casa uno stipendio che supera gli 80mila. Ma i veri record si toccano tra le magistrature e al ministero degli Esteri. Il 90% dei magistrati italiani guadagna oltre 80mila euro lordi all'anno (la media ponderata in questa fascia è di 149mila euro), per un totale di 9.123 persone, con un esborso per lo Stato di 1,8 miliardi di euro. Per molti di quei magistrati è certamente un trattamento più che meritato, ma anche qui una progressione e una differenziazione legata ai risultati sarebbe più equa e foriera di un servizio migliore per i cittadini. Per non parlare della carriera diplomatica: perché qui vieni proiettato automaticamente oltre gli 80mila euro (nel 96% dei casi), a prescindere dall'anzianità e dall'incarico.
Quello che manca, in particolare per i dirigenti di prima fascia, è il collegamento tra le retribuzioni, da una parte, e le responsabilità esercitate e i risultati conseguiti dall'altra.
Paradossalmente il capo della Polizia o il direttore dell'Agenzia delle Entrate possono ritrovarsi a guadagnare come il titolare di un insegnamento presso le scuole di formazione. D'altra parte oggi un direttore generale per le politiche attive e passive del ministero del Lavoro, settore strategico, ha uno stipendio annuo lordo (circa 148mila euro) inferiore a dirigenti che ricoprono incarichi di studio o al responsabile di un settore della Scuola nazionale dell'amministrazione (oltre i 230mila euro).
Sono incongruenze che fanno capire quanto sia difficile il lavoro per riportare ordine nelle retribuzioni della pubblica amministrazione. Ma è qui che Renzi dovrà dimostrare di saper compiere la sua rivoluzione. Perché è in queste cifre l'iniquità di un sistema dove le rendite di posizione e i ricatti delle corporazioni saccheggiano lo Stato e fanno strame del servizio al cittadino.

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