EQUILIBRI
Lombardia, la fine del potere di Formigoni
L'arresto di Rognoni. Lo spoil system di Maroni. Che nomina Robuschi in Expo. La rete dell'ex governatore si è sgretolata.
di Jonathan Russo
Il terremoto che ha scosso Infrastrutture lombarde spa, portando all'arresto del direttore generale Antonio Rognoni e di quattro avvocati, un ingegnere e un dirigente, è solo l'ultima scossa di un processo che sta lentamente portando alla disgregazione dell'impero che per anni ha governato la Regione.
Se sul fronte giuridico ora la parola spetta alla magistratura, su quello politico è facile comprendere come i vertici locali stiano vivendo questi giorni di crisi. Simbolico è il tweet inviato dal presidente della RegioneRoberto Maroni sabato 22 marzo: «La vicenda giudiziaria di Infrastrutture lombarde riguarda fatti del passato, accaduti prima del mio arrivo in Regione. Nulla da temere».
LO STRAPPO TRA MARONI E PISAPIA. Poche ore prima tra Maroni e Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, si era consumato uno strappo dettato, a quanto sembra, dall'atteggiamento che il primo cittadino avrebbe mantenuto verso il governatore, riassumibile in un severo: «Ti avevo detto di stare attento».
ROGNONI SIMBOLO DELLA RETE CELESTE. Rognoni, infatti, rappresenta il simbolo dei 18 anni di governo Formigoni. «Fatti del passato», ha sottolineato non a caso Maroni. Rognoni, inoltre, non era solo il direttore generale (dimissionario) di Ilspa, società per la realizzazione di opere infrastrutturali che vanno dagli ospedali al nuovo palazzo regionale, fino a Expo. Era ed è anche amministratore delegato di Concessioni autostradali lombarde (Cal), società a capitale partecipato da Ilspa e da Anas, nata nel 2007 su forte spinta di Roberto Formigoni per gestire la realizzazione di Pedemontana, Tangenziale Est esterna di Milano e dell'autostrada Brebemi. Non solo. Il suo nome era in lizza per affiancare quello di Giuseppe Sala come subcommissario a Expo.
UN POTERE CHE SI SGRETOLA. Una figura chiave, insomma, per competenze, la sua responsabilità sulle opere pubbliche e ovviamente per il rapporto privilegiato con il Celeste. L'ultima colonna di un tempio che in questi anni è stato progressivamente saccheggiato: le vestali del formigonismo hanno iniziato a diminuire, anche se ancora presidiano alcuni ruoli chiave nella mappa del potere lombardo.
Se sul fronte giuridico ora la parola spetta alla magistratura, su quello politico è facile comprendere come i vertici locali stiano vivendo questi giorni di crisi. Simbolico è il tweet inviato dal presidente della RegioneRoberto Maroni sabato 22 marzo: «La vicenda giudiziaria di Infrastrutture lombarde riguarda fatti del passato, accaduti prima del mio arrivo in Regione. Nulla da temere».
LO STRAPPO TRA MARONI E PISAPIA. Poche ore prima tra Maroni e Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, si era consumato uno strappo dettato, a quanto sembra, dall'atteggiamento che il primo cittadino avrebbe mantenuto verso il governatore, riassumibile in un severo: «Ti avevo detto di stare attento».
ROGNONI SIMBOLO DELLA RETE CELESTE. Rognoni, infatti, rappresenta il simbolo dei 18 anni di governo Formigoni. «Fatti del passato», ha sottolineato non a caso Maroni. Rognoni, inoltre, non era solo il direttore generale (dimissionario) di Ilspa, società per la realizzazione di opere infrastrutturali che vanno dagli ospedali al nuovo palazzo regionale, fino a Expo. Era ed è anche amministratore delegato di Concessioni autostradali lombarde (Cal), società a capitale partecipato da Ilspa e da Anas, nata nel 2007 su forte spinta di Roberto Formigoni per gestire la realizzazione di Pedemontana, Tangenziale Est esterna di Milano e dell'autostrada Brebemi. Non solo. Il suo nome era in lizza per affiancare quello di Giuseppe Sala come subcommissario a Expo.
UN POTERE CHE SI SGRETOLA. Una figura chiave, insomma, per competenze, la sua responsabilità sulle opere pubbliche e ovviamente per il rapporto privilegiato con il Celeste. L'ultima colonna di un tempio che in questi anni è stato progressivamente saccheggiato: le vestali del formigonismo hanno iniziato a diminuire, anche se ancora presidiano alcuni ruoli chiave nella mappa del potere lombardo.
Maroni e lo spoil system al Pirellone
La rivoluzione ha avuto inizio dagli uffici regionali, all'indomani delle elezioni che hanno incoronato Maroni al Pirellone.
La prima vittima è stato Nicola Sanese, ex potentissimo segretario generale e braccio destro di Formigoni, sostituito con il leghista doc Andrea Gibelli. Sono invece riusciti spuntarla (almeno per ora) altri fedelissimi formigoniani di estrazione ciellina, come Marco Carabelli (tra i vice alla segreteria generale) e Michele Camisasca (nipote del vescovo Massimo, biografo di don Giussani) alla direzione Personale.
I FEDELISSIMI DI BOBO. Dal Pirellone alle sue torri di guardia il passo è stato breve: Infrastrutture lombarde, il braccio operativo, e Finlombarda, la cassaforte.
Rognoni ha resistito fino a oggi come direttore generale della prima, pur avendo già rassegnato le dimissioni a gennaio. Ma già l'anno scorso alla presidenza della società era stato nominato Paolo Besozzi, fedelissimo maroniano, e nello stesso periodo si ipotizzava la sostituzione di Rognoni con Anna Tavano, moglie dell'avvocato di Maroni Domenico Aiello e attuale direttore generale alle Infrastrutture in Regione.
FINLOMBARDA IN SALSA LEGHISTA. Per Finlombarda, società finanziaria per i progetti di sviluppo che gestisce quasi 4 miliardi di fondi, la questione è più complessa. La Lega già da tempo aveva indebolito la presenza dei formigoniani ottenendo la nomina di Giorgio Papa a direttore generale, ruolo conservato ancora oggi.
Dalle scorse elezioni, la poltrona principale di presidente del consiglio di sorveglianza era andata pro tempore a Massimo Garavaglia, assessore regionale al Bilancio e uomo forte di Maroni. Oggi al suo posto siede un altro leghista, il consigliere regionale Ugo Parolo. Garavaglia invece è passato alla presidenza dell'altro baluardo societario regionale, Lombardia Informatica, affiancato da un altro esponente di nomina padana: Davide Rovera.
CAMBIO IN FONDAZIONE FIERA. Anche nell'importantissima Fondazione Fiera Milano, che gestisce il filone espositivo del capoluogo e possiede una fortuna milionaria tra strutture e terreni (tra cui parte di quelli destinato a Expo), la presenza del Celeste ha traballato nel tempo.
Dal 2001 al 2009 a comandare la Fiera è stato il presidente di Terna Luigi Roth, considerato una diretta emanazione di Formigoni. Nel 2009 l'arrivo di Giampiero Cantoni, uomo di Silvio Berlusconi ma non sgradito all'allora governatore, sembrò segnare una sorta di compromesso. Oggi a guidare la Fiera è il presidente de Il Sole24Ore Benito Benedini, indicato da Maroni con il placet di Pisapia e del centrosinistra. Insomma, l'era delle nomine di stampo formigoniano è finita.
La prima vittima è stato Nicola Sanese, ex potentissimo segretario generale e braccio destro di Formigoni, sostituito con il leghista doc Andrea Gibelli. Sono invece riusciti spuntarla (almeno per ora) altri fedelissimi formigoniani di estrazione ciellina, come Marco Carabelli (tra i vice alla segreteria generale) e Michele Camisasca (nipote del vescovo Massimo, biografo di don Giussani) alla direzione Personale.
I FEDELISSIMI DI BOBO. Dal Pirellone alle sue torri di guardia il passo è stato breve: Infrastrutture lombarde, il braccio operativo, e Finlombarda, la cassaforte.
Rognoni ha resistito fino a oggi come direttore generale della prima, pur avendo già rassegnato le dimissioni a gennaio. Ma già l'anno scorso alla presidenza della società era stato nominato Paolo Besozzi, fedelissimo maroniano, e nello stesso periodo si ipotizzava la sostituzione di Rognoni con Anna Tavano, moglie dell'avvocato di Maroni Domenico Aiello e attuale direttore generale alle Infrastrutture in Regione.
FINLOMBARDA IN SALSA LEGHISTA. Per Finlombarda, società finanziaria per i progetti di sviluppo che gestisce quasi 4 miliardi di fondi, la questione è più complessa. La Lega già da tempo aveva indebolito la presenza dei formigoniani ottenendo la nomina di Giorgio Papa a direttore generale, ruolo conservato ancora oggi.
Dalle scorse elezioni, la poltrona principale di presidente del consiglio di sorveglianza era andata pro tempore a Massimo Garavaglia, assessore regionale al Bilancio e uomo forte di Maroni. Oggi al suo posto siede un altro leghista, il consigliere regionale Ugo Parolo. Garavaglia invece è passato alla presidenza dell'altro baluardo societario regionale, Lombardia Informatica, affiancato da un altro esponente di nomina padana: Davide Rovera.
CAMBIO IN FONDAZIONE FIERA. Anche nell'importantissima Fondazione Fiera Milano, che gestisce il filone espositivo del capoluogo e possiede una fortuna milionaria tra strutture e terreni (tra cui parte di quelli destinato a Expo), la presenza del Celeste ha traballato nel tempo.
Dal 2001 al 2009 a comandare la Fiera è stato il presidente di Terna Luigi Roth, considerato una diretta emanazione di Formigoni. Nel 2009 l'arrivo di Giampiero Cantoni, uomo di Silvio Berlusconi ma non sgradito all'allora governatore, sembrò segnare una sorta di compromesso. Oggi a guidare la Fiera è il presidente de Il Sole24Ore Benito Benedini, indicato da Maroni con il placet di Pisapia e del centrosinistra. Insomma, l'era delle nomine di stampo formigoniano è finita.
Ersaf e Agenzia dell'Ambiente: i fortini ciellini
Altre società hanno avuto percorsi più intricati. Pochi mesi fa il nome di Giancarlo Abelli, ciellino noto come «il faraone» di Pavia, ex assessore alla Sanità regionale, è tornato alla ribalta delle cronache perché la sua nomina a presidente dell'Ersaf (Ente per i Servizi all'Agricoltura e alle Foreste) è stata stoppata da Maroni, creando un incidente diplomatico con Forza Italia e in particolare con la componente giussaniana. Abelli non è riuscito a spuntarla, ma la crisi è stata risolta incaricando al suo posto Elisabetta Parravicini, ex presidente Arpa di provenienza formigoniana.
La casella dell'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente è andata a Bruno Simini, ex pidiellino appoggiato, pare, da Daniela Santanché. A fare le spese del compromesso è stato anche un altro uomo dell'ex presidente: il suo ex avvocato Salvatore Stivale, a sua volta in lizza per Arpa.
LA PARTITA PER TRENORD. C'è poi una partita ancora aperta, quella del settore ferroviario: Ferrovie Nord e Trenord sono in odore di ristrutturazione manageriale. Per la prima si porrebbe fine alla decennale era di Norberto Achille, presidente fin dagli esordi di Formigoni a Palazzo Pirelli, per sostituirlo con l'ex presidente di Sea Giuseppe Bonomi, di estrazione leghista.
Per Trenord invece la nuova nomina, che non è direttamente espressa dalla Regione, toccherebbe a Luigi Legnani, uomo di Formigoni che nel 2012 sostituì un altro nome forte della compagine del Celeste, l'amministratore delegato Giuseppe Biesuz, arrestato per bancarotta fraudolenta.
Infine, la madre di tutte le battaglie: quell'Expo a cui Formigoni ha sempre prestato la massima attenzione, scontrandosi prima con l'allora sindaco di Milano Letizia Moratti e poi persino con Berlusconi in persona.
L'EX GOVERNATORE E LA SCONFITTA ALL'EXPO. L'ex governatore ha difeso fino all'ultimo il suo ruolo di commissario generale, che gli garantiva un impegno e un prestigio internazionale (il ruolo era quello di contatto con il Bie, il bureau che assegna l'Esposizione, e con i Paesi aderenti). Ma nonostante gli sforzi, anche lì ha dovuto registrare una sconfitta: l'incarico non esiste più, cancellato dal governo Letta lo scorso anno per concentrare tutti i poteri nell'amministratore delegato di Expo Spa, Giuseppe Sala.
La casella dell'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente è andata a Bruno Simini, ex pidiellino appoggiato, pare, da Daniela Santanché. A fare le spese del compromesso è stato anche un altro uomo dell'ex presidente: il suo ex avvocato Salvatore Stivale, a sua volta in lizza per Arpa.
LA PARTITA PER TRENORD. C'è poi una partita ancora aperta, quella del settore ferroviario: Ferrovie Nord e Trenord sono in odore di ristrutturazione manageriale. Per la prima si porrebbe fine alla decennale era di Norberto Achille, presidente fin dagli esordi di Formigoni a Palazzo Pirelli, per sostituirlo con l'ex presidente di Sea Giuseppe Bonomi, di estrazione leghista.
Per Trenord invece la nuova nomina, che non è direttamente espressa dalla Regione, toccherebbe a Luigi Legnani, uomo di Formigoni che nel 2012 sostituì un altro nome forte della compagine del Celeste, l'amministratore delegato Giuseppe Biesuz, arrestato per bancarotta fraudolenta.
Infine, la madre di tutte le battaglie: quell'Expo a cui Formigoni ha sempre prestato la massima attenzione, scontrandosi prima con l'allora sindaco di Milano Letizia Moratti e poi persino con Berlusconi in persona.
L'EX GOVERNATORE E LA SCONFITTA ALL'EXPO. L'ex governatore ha difeso fino all'ultimo il suo ruolo di commissario generale, che gli garantiva un impegno e un prestigio internazionale (il ruolo era quello di contatto con il Bie, il bureau che assegna l'Esposizione, e con i Paesi aderenti). Ma nonostante gli sforzi, anche lì ha dovuto registrare una sconfitta: l'incarico non esiste più, cancellato dal governo Letta lo scorso anno per concentrare tutti i poteri nell'amministratore delegato di Expo Spa, Giuseppe Sala.
Lunedì, 24 Marzo 2014
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