domenica 7 settembre 2014

E' evidente che sulla crescita gli italiani siano scettici. La crescita non dipende solo dall'Italia. Deve cambiare la politica economica dell'Europa altrimenti qualsiasi azione interna non potrà sortire effetti positivi.


Il premier convince quasi due italiani su 

tre: ma non sulla crescita

I consensi salgono dal 61 al 64 per cento Sulle misure prevalgono i giudizi negativi

di Nando Pagnoncelli

(Ansa)
(Ansa)
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Il primo sondaggio realizzato dopo la pausa estiva fa registrare un consenso stabile per l’operato del governo: il 58% degli intervistati esprime complessivamente valutazioni positive (rispetto al 59% di fine luglio), con un incremento del 3% di quelle «molto positive». E il sostegno a Renzi cresce: quasi due su tre (64%) esprimono un giudizio positivo con un aumento del3% rispetto a luglio. 
Peraltro le opinioni su alcuni interventi presentati o attuati dall’esecutivo risultano controverse: la riforma della pubblica amministrazione risulta apprezzata dal 42% dei cittadini e non gradita dal 40%; la riforma della scuola ottiene un buon livello di consenso (48% i giudizi positivi, 35% quelli negativi) mentre i provvedimenti a sostegno della crescita economica sono giudicati più negativamente (46%) che positivamente (42%). La decisione che incontra il favore più elevato è stata la nomina del ministro degli esteri Federica Mogherini alla guida della diplomazia europea: 49% contro 28% di giudizi negativi. Va sottolineato che una parte non trascurabile dei cittadini (dal 12% nel caso degli interventi per la crescita al 23% per la nomina del commissario Pesc) non si esprime, ignorando il tema o dichiarando di avere poche informazioni per giudicare. 

In generale si conferma il grande sostegno per il governo e per il premier da parte degli elettori del Pd (il 40% dei quali, lo ricordiamo, rappresenta elettorato nuovo, proveniente da partiti diversi) e di quelli centristi e un consenso inusuale, sebbene più contenuto, presso gli dei partiti di opposizione (FI e M5S). 

Tra i segmenti sociali risultano più critici con l’esecutivo quelli più esposti alle conseguenze della crisi: artigiani, commercianti, partite Iva e piccoli imprenditori penalizzati da una domanda interna che non decolla; disoccupati, sempre più preoccupati di rimanere ai margini della società, e casalinghe, quotidianamente alle prese con la quadratura del bilancio familiare. 

Il perdurante consenso della maggioranza dei cittadini per il governo risulta davvero sorprendente, tenuto conto di tre aspetti: gli indicatori economici che rimangono negativi (o addirittura peggiorano); l’abituale pessimismo che caratterizza l’opinione pubblica al rientro dalle ferie; l’atteggiamento decisamente critico nei confronti dell’esecutivo espresso da molti media nel mese di agosto. A questo proposito sembra che la «luna di miele» di Renzi con la stampa sia terminata, quella con l’establishment (imprenditori, realtà associative, sindacati e, in generale, corpi intermedi) attraversi una fase delicata, mentre quella con i cittadini continua senza cedimenti. 

In realtà l’indice della fiducia dei consumatori rilevato dall’Istat nel mese di agosto evidenzia una flessione (da 104,4 a 101,9): si tratta del terzo calo consecutivo, dopo un periodo di costante crescita registrato dal dicembre 2013 fino allo scorso maggio. 
Questo dato sembrerebbe in contraddizione con i risultati del sondaggio odierno, ma non lo è: un’analisi più approfondita dei dati Istat, infatti, evidenzia che il calo riguarda soprattutto il clima economico (-6,6 punti) e molto meno la situazione personale il cui indice si riduce solo leggermente (-1,1). Semplificando, si osserva che aumenta la divaricazione tra i giudizi sulla situazione economica del Paese, sempre più negativi, e quelli sulla condizione personale che non è certamente rosea ma almeno non è peggiorata. Come dire: l’Italia va male ma io me la cavo. 
E se lo scenario generale non migliora, la colpa è di chi resiste al cambiamento, dei conservatori, di chi non vuole rinunciare a rendite di posizione o privilegi... ma certamente non di Renzi. Così la pensano i suoi numerosi sostenitori. 
In questa fase, quindi, sembrano venir meno sia la tradizionale relazione tra l’andamento economico del Paese e il consenso sia la capacità dei media di influenzare significativamente l’opinione pubblica che, al contrario, in larga misura giudica il premier alle prese con una battaglia molto dura, solo contro tutti, per «fare uscire il paese dalla palude». E questa «solitudine» lo rafforza agli occhi dei cittadini.

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