Ambrosoli non commemora Andreotti
Il Consiglio lombardo lo ricorda, Umberto va fuori. Giulio parlò così del padre ucciso: «Se l'è cercata».
L'ha commemorato anche il Consiglio regionale lombardo. Tranne Umberto Ambrosoli, la voce fuori dal coro.
Il 7 maggio, giorno dei funerali di Giulio Andreotti, scomparso a 94 anni dopo una vita trascorsa in politica, la Regione Lombardia ha reso omaggio al Divo Giulio con un minuto di silenzio. Tutti i consiglieri, compreso il governatore Roberto Maroni, hanno ascoltato in piedi il discorso del presidente Raffaele Cattaneo («Se ne va un pezzo della storia italiana, dunque qualcosa che appartiene a tutti, amici e avversari politici»). A esclusione di Ambrosoli, coordinatore del centrosinistra.
QUEL «SE L'È CERCATA». Il figlio del commissario liquidatore della Banca Privata Italiana freddato nel 1979 dai sicari di Michele Sindona ha preferito uscire dall'Aula. Per non condividere il ricordo di chi parlò così di suo padre Giorgio: «Certo era una persona che in termine romanesco direi se l'andava cercando» (guarda il video).
«Non voglio fare polemiche», ha detto Ambrosoli, sebbene fosse chiaro che il suo gesto avrebbe destato scalpore.
UMBERTO: «LATI OSCURI». «Ho una storia personale che si mischia» con i lati oscuri di quella del sette volte premier, ha spiegato ai cronisti ripensando al padre, l'eroe borghese di Corrado Stajano. «Ma non è il caso», ha aggiunto, «di polemizzare: è giusto che le istituzioni ricordino gli uomini delle istituzioni, ma chi ne fa parte faccia i conti con la propria coscienza».
Ambrosoli non è sembrato comunque voler creare clamore o cercare la sponda di altri. Semplicemente, è uscito e, in quel momento, se ne sono accorti in pochi.
IL RUOLO DI ANDREOTTI. In fondo il suo impegno politico era nato anche dalla sua testimonianza pubblica dell'esempio del padre, ucciso quando lui aveva sette anni.
Nel libro Qualunque cosa succeda (la prefazione è dell'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi) ne ha raccontato storia e tragedia. Che sono una pagina di vita personale, ma anche uno spaccato degli intrecci oscuri fra politica e affari che spesso hanno caratterizzato la storia repubblicana. E nel libro, Andreotti con i suoi rapporti con Sindona emerge come una figura chiave del sistema che avrebbe isolato Giorgio Ambrosoli.
MARONI BOCCIA IL GESTO. La posizione del coordinatore del centrosinistra non è però piaciuta al presidente della Lombardia e leader della Lega Nord, Roberto Maroni. «Uscire dall'Aula non è stato un gesto elegante nei confronti di un politico che ha segnato la storia d'Italia» è stato il suo commento.
Anche Cattaneo si è detto sorpreso, dichiarando che «quando si opera nelle istituzioni, ci sono responsabilità collettive che trascendono le valutazioni squisitamente personali».
Sostegno ad Ambrosoli, invece da Riccardo De Corato, capogruppo di Fratelli d'Italia: «Lo capisco, è il minimo che si potesse fare, al suo posto avrei fatto la stessa cosa. E lo ha fatto 'da signore'».
Il 7 maggio, giorno dei funerali di Giulio Andreotti, scomparso a 94 anni dopo una vita trascorsa in politica, la Regione Lombardia ha reso omaggio al Divo Giulio con un minuto di silenzio. Tutti i consiglieri, compreso il governatore Roberto Maroni, hanno ascoltato in piedi il discorso del presidente Raffaele Cattaneo («Se ne va un pezzo della storia italiana, dunque qualcosa che appartiene a tutti, amici e avversari politici»). A esclusione di Ambrosoli, coordinatore del centrosinistra.
QUEL «SE L'È CERCATA». Il figlio del commissario liquidatore della Banca Privata Italiana freddato nel 1979 dai sicari di Michele Sindona ha preferito uscire dall'Aula. Per non condividere il ricordo di chi parlò così di suo padre Giorgio: «Certo era una persona che in termine romanesco direi se l'andava cercando» (guarda il video).
«Non voglio fare polemiche», ha detto Ambrosoli, sebbene fosse chiaro che il suo gesto avrebbe destato scalpore.
UMBERTO: «LATI OSCURI». «Ho una storia personale che si mischia» con i lati oscuri di quella del sette volte premier, ha spiegato ai cronisti ripensando al padre, l'eroe borghese di Corrado Stajano. «Ma non è il caso», ha aggiunto, «di polemizzare: è giusto che le istituzioni ricordino gli uomini delle istituzioni, ma chi ne fa parte faccia i conti con la propria coscienza».
Ambrosoli non è sembrato comunque voler creare clamore o cercare la sponda di altri. Semplicemente, è uscito e, in quel momento, se ne sono accorti in pochi.
IL RUOLO DI ANDREOTTI. In fondo il suo impegno politico era nato anche dalla sua testimonianza pubblica dell'esempio del padre, ucciso quando lui aveva sette anni.
Nel libro Qualunque cosa succeda (la prefazione è dell'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi) ne ha raccontato storia e tragedia. Che sono una pagina di vita personale, ma anche uno spaccato degli intrecci oscuri fra politica e affari che spesso hanno caratterizzato la storia repubblicana. E nel libro, Andreotti con i suoi rapporti con Sindona emerge come una figura chiave del sistema che avrebbe isolato Giorgio Ambrosoli.
MARONI BOCCIA IL GESTO. La posizione del coordinatore del centrosinistra non è però piaciuta al presidente della Lombardia e leader della Lega Nord, Roberto Maroni. «Uscire dall'Aula non è stato un gesto elegante nei confronti di un politico che ha segnato la storia d'Italia» è stato il suo commento.
Anche Cattaneo si è detto sorpreso, dichiarando che «quando si opera nelle istituzioni, ci sono responsabilità collettive che trascendono le valutazioni squisitamente personali».
Sostegno ad Ambrosoli, invece da Riccardo De Corato, capogruppo di Fratelli d'Italia: «Lo capisco, è il minimo che si potesse fare, al suo posto avrei fatto la stessa cosa. E lo ha fatto 'da signore'».
Martedì, 07 Maggio 2013
1 commento:
Vorranno mica Cattaneo e maroni dare lezioni ad un figlio su cosa fare per il proprio padre? Stiamo parlando di Giorgio Ambrosoli, un uomo che ha dato la vita per il proprio paese contro i poteri mafiosi di Sindona.
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