BEIRUT - Negli ultimi tre mesi lo Stato islamico- Is ha "giustiziato" almeno 120 dei suoi militanti, quasi tutti combattenti stranieri che cercavano di tornare a casa. Lo ha riferito l'Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede a Londra e che conta su una vasta rete di attivisti in Siria. In una dichiarazione al quotidiano The Independent, il fondatore dell'Ong, Rami Abdurrahman, ha detto: "Possiamo confermare che 120 combattenti sono stati uccisi dall'Is, ma dalle nostre fonti sul campo riteniamo che il numero sia superiore a 200": tra loro, sempre secondo Abdurrahman, 116 sarebbero 'foreign fighters' che volevano fuggire dalla Siria per tornare a casa. L'Osservatorio ha detto di non poter confermare età e nazionalità dei combattenti, ma è noto che alcuni di loro erano europei.

Il numero di militanti uccisi rappresenta solo una piccola percentuale delle 1.880 persone assassinate dall'Is da quando l'organizzazione terroristica ha annunciato la nascita del "califfato" nel giugno di quest'anno. Nel corso degli ultimi sei mesi l'Is ha ucciso 1.177 civili, tra cui otto donne e due bambini. Le vittime sono state fucilate, decapitate o lapidate nelle province siriane di Aleppo, Deir, Ezzor, Hama, Homs, Hasakeh e Raqa. L'Osservatorio, tuttavia, ritiene che il numero complessivo delle persone trucidate dagli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi possa essere superiore.

Nel frattempo lo Stato islamico-Is ha voluto mostrare oggi in una "intervista", Muadh al-Kaseasbeh, il pilota giordano catturato mercoledì scorso dopo che il suo F-16 è precipitato in Siria. Lo ha fatto vedere in una tuta arancione per indicare quale sarà il suo destino: la morte. Nell'"intervista" pubblicata ieri sera su Dabiq, il magazine ufficiale del califfato di Abu Bakr al-Baghdadi, è lo stesso ostaggio che viene presentato come "apostata" a fare previsioni sul suo destino. "Mi ucciderete", dice il 26enne nelle battute finale dell'intervista.

Dalle pagine del magazine, l'ostaggio, ricostruisce la dinamica della sua cattura. "Un missile ha colpito il mio aereo F-16 mentre sorvolavo la regione di Raqqa. Mi sono lanciato con il paracadute e, una volta atterrato sul fiume Eufrate, sono stato preso da soldati dello Stato islamico", afferma.

Di confessione sunnita, musulmano devoto, fresco di matrimonio, la vicenda del 26enne Mudah sta mobilitando la società giordana che "simpatizza" con i movimenti estremisti sunniti. Muadh stava bombardando una fabbrica di Raqqa e d'un tratto il suo aereo è stato visto fumare a bassa quota, mentre una mitragliatrice dell'Isis gli tirava contro: è probabile che il militare si sia lanciato fuori, una volta capito che non c'era nulla da fare per tenere in volo l'F-16. Una campagna di solidarietà è partita in tutto il mondo arabo. Un'ondata emotiva con migliaia d'appelli per la sua liberazione e con parole di condanna per i carcerieri.

Oggi molti giornali arabi dedicano l'apertura alla campagna intitolata "Non è la nostra guerra" per chiedere al governo di Amman di uscire dalla coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti contro l'Is. Il quotidiano palestinese Al quds al arabi afferma che l'esecutivo giordano starebbe per decidere "la sospensione" dei raid aerei "in attesa di conoscere i motivi dell'abbattimento" del velivolo militare.

Lo stesso quotidiano, mette in risalto le dichiarazioni sulla vicenda del comandante del Centcom, generale Lloyd Austin: "I giordani sono partner altamente rispettati e apprezzati e i loro piloti ed equipaggi hanno agito in maniera eccezionale nel corso di questa campagna. Condanniamo con forza le azioni dell'Is che ha preso prigioniero il pilota" e "sosterremo gli sforzi per garantire che venga recuperato sano e salvo e non tollereremo che l'Is tenti di travisare o sfruttare questo sfortunato incidente aereo per i propri scopi". Dichiarazione che, secondo i media arabi, riflettono "il timore degli Usa di perdere l'alleato giordano e in generale quelli arabi" in seno alla coalizione anti-Is.

Il governo giordano, per il momento, mantiene il riserbo e non commenta le parole del pilota né le indiscrezioni dei media che parlano addirittura di "contatti" tra notabili sunniti iracheni con l'Is per la liberazione dell'ostaggio in cambio del rilascio di detenuti qaedisti condannati a morte in Giordania, che fa parte del gruppo di Paesi impegnati con gli Usa in attacchi aerei mirati a distruggere le posizioni dell'Is in Siria e Iraq. Alla coalizione prendono parte anche molti paesi arabi come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait e Marocco.