domenica 1 giugno 2014

Riceviamo e pubblichiamo

Sconfitta del M5S: i toni non c'entrano, è fallito un progetto

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Il risultato straordinario del PD alle elezioni europee rischia di essere spiegato con una banalizzazione che non mi convince affatto: quella secondo la quale "Grillo ha sbagliato la campagna elettorale".
Questa tesi (avvalorata dallo stesso duo Grillo/Casaleggio) è smentita, peraltro, dalle rilevazioni IPR secondo le quali Grillo ha fatto la migliore campagna elettorale per ben il 24% degli italiani (contro il 37% che pensano che l'abbia fatta Renzi e, per dire, il 5% che pensano l'abbia fatta Berlusconi).
Io credo che le cose siano un po' diverse e che a determinare la vittoria e le sconfitte non siano stati i toni della campagna elettorale, quanto la visione di società e l'idea di rappresentanza che si sono sfidati.
Diciamo subito che Forza Italia era in lampante crisi da fine di un ciclo ventennale, con un cavaliere dimezzato dalle note vicende che, pur riuscendo a mantenere una buona fetta del proprio elettorato, non rappresentava una opzione con velleità maggioritarie in questa campagna elettorale.
Quali erano i due modelli di società, le due visioni proposte agli elettori dal PD e dal movimento?
Come si sono presentati i due leader?
Renzi è il rottamatore per eccellenza, ha fatto di questa caratteristica la propria cifra da anni, ribadendola finanche nella conferenza stampa successiva al voto. L'opinione pubblica ha potuto constatare come gli uomini della "vecchia politica" (D'Alema, Veltroni, Finocchiaro, Bersani, Letta, solo per citare i più famosi) siano effettivamente usciti dal dibattito pubblico. Contemporaneamente, però, Renzi non è rimasto l'uomo solo al comando. Ha formato una nuova classe dirigente che lo ha accompagnato durante tutta la campagna elettorale. Bonafè, Picierno, Moretti, Mosca, Chinnici (le capolista PD) sono state presentissime, ma anche i ministri PD ed i membri della segreteria hanno avuto il loro spazio. Grillo anche si presenta come rottamatore. Anzi, peggio, vuole mandare tutti a casa, distruggere. Terminator più che rottamatore. Eppure nessuno, sinora, è stato rottamato da Grillo. Quelli che hanno alzato, da una condizione di subalternità, la voce nei confronti del capo sono stati epurati, espulsi, allontanati, non prima di essere sottoposti alla ormai rituale gogna della rete. In più i candidati del movimento sono stati invisibili. Non si sono visti né sentiti (ed infatti hanno raccolto pochissime preferenze). Tra i due passa una differenza enorme. Renzi ha sostituito una classe dirigente con un'altra. Chi si oppone può ricevere un trattamento talvolta sprezzante (il chi? rivolto a Fassina) di cui si potrebbe fare a meno, ma non è mai stato espulso nessuno dal PD per dissensi con il capo. Grillo, invece, appare come colui che non consente a nessuno di criticarlo, pena l'espulsione. In questo senso, l'epurazione è esattamente il contrario della rottamazione, è difesa del potere da parte di chi lo detiene. Un partito aperto e scalabile contro un movimento settario e proprietario. Una società plurale contro l'unanimismo.
Per quanto riguarda, invece, le proposte politiche, come si sono comportati il PD e il M5S?
Renzi, dalla sua posizione di Presidente del Consiglio, ha messo sul tavolo una serie di proposte, forse anche troppe. Le riforme (lavoro, P.A., Senato), la burocrazia, la legge elettorale e, soprattutto, gli 80 euro ai lavoratori dipendenti. Cose concrete, non ideologiche. Il PD tratta con Berlusconi, difende i salariati, abbassa l'Irap del 10% alle imprese, chiede direttamente ai dipendenti della P.A. quale riforma vorrebbero, abolisce la concertazione, non parla con i sindacati, abolisce le province. Azioni concrete, già approvate o comunque calendarizzate. Un approccio ultra pragmatico, verificabile immediatamente da chiunque. L'elemento di cui si è discusso di più, gli 80 euro, sono una piccola somma data a molte persone, dicendo loro che si tratta di un primo passo per invertire la direzione (cambiare verso).
Il M5S ha puntato sul reddito di cittadinanza ed ha parlato molto di stampanti 3D. Proposte futuribili e astratte che, tuttavia, non hanno avuto la forza del sogno berlusconiano (il milione di posti di lavoro, nessuno rimanga indietro, meno tasse per tutti) che per 20 anni ha convinto gli italiani. Anche perché Berlusconi proponeva una società a sua immagine e somiglianza (sono un uomo di successo, so come si fanno le cose, se ce l'ho fatta io possiamo farcela tutti), occupando uno spazio politico ben preciso, il centrodestra moderato e anticomunista. Grillo invece ha proposto un progetto confuso, apolitico ma con richiami contraddittori (Berlinguer, i processi del popolo, addirittura Hitler). Il PD sta praticando la disintermediazione, ovvero un modello di rappresentanza diretto in cui il partito ed il governo dialogano direttamente con i cittadini saltando i passaggi con i corpi intermedi (vedi l'aver disertato il congresso CGIL e, oggi, quello di Confindustria). Grillo ha proposto un modello basato sulla adesione, più vicino a quello di alcuni movimenti religiosi e spirituali che ad un partito politico. Quando ha fatto riferimento ad alcune categorie ("i carabinieri e la digos sono con noi") lo ha fatto per annunciare una presunta annessione di queste, non per cominciare un dialogo.
Renzi ogni tanto lancia #matteorisponde e gigioneggia su twitter con tutti, altalenando serio e faceto. Grillo non ha mai risposto ad un tweet in vita sua. A commentare la vittoria, domenica notte, c'era tutto il gruppo dirigente del PD. Grillo ha affidato il commento elettorale ad un suo video in cui si lancia in una gag, anche divertente, ma senza spazio per le domande, per l'interlocuzione. Due leadership profondamente diverse, due modelli organizzativi, due visioni della società e due messaggi opposti. A scontrarsi sono stati anche due idee di democrazia partecipata diversi. Da una parte il PD con le primarie ed i congressi, un sistema non immune da difetti, ma comunque aperto e tendenzialmente inclusivo. Dall'altro la retorica dell'uno vale uno ed il voto online, che ha mostrato tutti i suoi limiti ogni volta che se ne è presentata l'occasione e che, soprattutto, è rimasta ancorata a numeri bassissimi. A prendere le decisioni in rete sono 20, 30mila militanti. Alle primarie del PD sono andati a votare in 3 milioni.
La storia dei "toni alti" che avrebbero danneggiato Grillo è una spiegazione risibile, data per non dover ammettere il fallimento della visione proposta. L'Italia per 20 anni ha votato Berlusconi che in quanto a toni alti in campagna elettorale non era secondo a nessuno, o ci siamo dimenticati di quando apostrofò gli elettori di centrosinistra con l'epiteto di "co****ni"?
Al di là delle uscite pubbliche, anche Grillo e Casaleggio, a mio avviso, si sono resi conto di non poter continuare sulla strada intrapresa. L'alleanza con il movimento di estrema destra, xenofobo e razzista dell'Ukip potrebbe essere il primo passo di una nuova era per i 5 stelle, in cui finalmente si sceglie uno spazio politico chiaro da occupare, quello che in Europa ha regalato successi a Le Pen e Farage. I due guru si sono accorti di avere un progetto che non risulta credibile. Al di là del risultato alle Europee, c'è un dato davvero impressionante: il 25 maggio si è votato in oltre 4.000 comuni, di ogni dimensione e in ogni parte d'Italia. Il Movimento 5 stelle ne ha conquistato solo uno. Sono al ballottaggio in altri 11, ma il dato che emerge è la totale diffidenza degli italiani nei confronti del movimento. Sembrano molto lontani i tempi in cui il comune di Parma fu affidato a Pizzarotti (peraltro oggi molto critico) e la differenza con allora non sono certamente i toni di Grillo quanto, appunto, la credibilità del progetto proposto.

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