"Renzi e Obama gemelli dem, ma per voi la sfida è la fine dell'austerity"
03 giugno @ 15.04
DAVID ALLEGRANTI
Franco Origlia/Getty Images
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Visione L'Italia vista da fuori. È stato uno dei più stretti collaboratori di Tony Blair ai tempi d'oro del New Labour, ora lavora per Obama ma guarda con interesse all'Europa e all'Italia. «Renzi e Barack si somigliano, sono due indipendenti che si sono opposti all’establishment dei loro rispettivi partiti». Parla Matt Browne del think tank Center For American Progress
Matt Browne, ex collaboratore di Tony Blair, segue le vicende italiane per il Center For American Progress, il think tank democratico più vicino all’amministrazione Obama. Browne è il braccio destro del fondatore del pensatoio americano, John Podesta, che da qualche tempo è consigliere del presidente degli Stati Uniti. Dopo le elezioni Europee, dice Browne, l’Italia e Matteo Renzi possono lavorare alle riforme, tenere a bada i populismi e battere l’austerity. Ecco come.
Lei pensa che il risultato di Matteo Renzi in Europa potrebbe fermare le politiche di austerity portate avanti, per esempio, dal governo tedesco?
Prima di tutto, a proposito del risultato, come tutti hanno notato in Italia, esso non ha precedenti. Ed è una conferma della leadership di Renzi, anche se lui su questo si è dimostrato modesto. Avevo detto, in un editoriale nel giorno del voto, che la strada per battere l’euroscetticismo e l’antipolitica di Grillo era pensare in grande e ispirare speranza. Questo è ciò che Renzi ha fatto con successo. Per quanto riguarda il futuro dell’Europa, il Primo ministro ha ragione a dire, nella sua recente intervista con la stampa europea, che la sfida ora va focalizzata sulla riforma del progetto europeo e che non c’è da impantanarsi in quella che io chiamerei la “soap opera” su chi si prende l’incarico. I media amano sempre il dramma, ma ciò che conta davvero sono le issues e le policies, non le persone. A questo proposito, definire un’agenda a favore della crescita e delle riforme è cruciale. L’Europa ha bisogno di concentrarsi sugli investimenti in tecnologia, lavoro, servizi e industrie del futuro, lontano dall’austerity.
La Casa Bianca come ha accolto il voto in Europa e in particolare in Italia?
Penso che il rischio del populismo a destra come a sinistra sia causa di preoccupazione negli Stati Uniti. Non voglio sopravvalutare l’importanza di quel risultato – in gran parte è stato un voto di protesta contro la lentezza della ripresa economica in Europa, e le Europee sono ancora elezioni secondarie – ma l’amministrazione americana cercherà leader in Europa per prendere nota del messaggio che i cittadini Europei hanno mandato. Quanto al voto in Italia, questo rassicurerà la Casa Bianca che i risultati e la guida per le riforme di Renzi sono riconosciuti, apprezzati e supportati da larga parte dell’elettorato italiano. Dalla prospettiva americana, un governo stabile che sia in grado di portare a termine le riforme tanto necessarie è essenziale.
È spaventato dalla vittoria di Marine Le Pen in Francia? Pensa che i partiti populisti aumenteranno il loro potere in Europa?
Penso che il risultato del Front National, come quello dell’Ukip in Gran Bretagna, sia scioccante, ma non mi spaventa. La questione ora è come i partiti progressisti risponderanno a questi risultati. I cittadini di entrambi i Paesi sono chiaramente frustrati da una élite con cui non sono più in contatto. Entrambi i Paesi hanno un dibattito disonesto circa il loro rapporto con l’Europa. I francesi a lungo hanno pensato che l’Europa sarebbe stata fatta a loro immagine e somiglianza, e così non è stato, quindi c’è frustrazione per questo; ora realizzano che il loro Stato debba essere modernizzato. Nel Regno Unito, similmente, generazioni di politici di destra e di sinistra non hanno saputo spiegare il valore dell’Europa e come il Regno Unito abbia un vantaggio a farne parte. Detto questo, l’Europa chiaramente ha bisogno di cambiare e di concentrarsi su come dare benefici tangibili ai propri cittadini, soprattutto sulla crescita economica. Se queste non saranno le priorità dei prossimi mesi, e le élite Europee si saranno impantanate in dibattiti su chi diventa Presidente della Commissione e del Consiglio, i rapporti tra il Parlamento e la Commissione e altre personalità, o in questioni istituzionali, allora io sospetto che la protesta populista crescerà, e sarà giusto così.
Sembra che Renzi creerà a Palazzo Chigi una sorta di Delivery Unit come quella che Tony Blair fece in Inghilterra grazie a Michael Barber. Pensa che sarebbe utile a spezzare le catene della burocrazia italiana?
Spero vivamente che qualcosa di simile alla Delivery Unit venga creato da Renzi a Palazzo Chigi. È stata fondamentale per il successo del governo Blair. La gente spesso confonde l’approvazione della legge o lo sviluppo di nuove politiche con il cambiamento del Paese. Ma policy e legislazione sono solo il 10 per cento del problema. Il restante 90 per cento è rappresentato dalla perseveranza e dal duro lavoro che ci vuole per permettere che il cambiamento accada, attraverso il sistema, fino alle persone. Le attuali risorse e disposizioni dei Presidenti del consiglio italiani per contrastare l’inerzia della pubblica amministrazione hanno senza dubbio bisogno di essere rafforzate. Renzi ha bisogno di un esercito che lo aiuti a modernizzare lo Stato italiano e a superare le resistenze.
I Democrats e il Pd hanno qualcosa in comune? Ci sono sfide concrete che essi possono combattere insieme? Come sono le relazioni tra i Democrats e Matteo Renzi?
Mi sembra che i rapporti fra i Democrats in Italia e negli Stati Uniti siano al meglio, come mai prima, e questo forse in parte per la somiglianza che c’è fra i loro leader. Sia Renzi che Obama sono due indipendenti che si sono opposti all’establishment dei loro rispettivi partiti, usando le primarie come processo per aggiornare la leadership. Entrambi hanno cercato di cambiare il modo in cui la politica è fatta, usando i social media e la comunicazione online per attrarre nuove persone verso il movimento progressista. Guardando al futuro, c’è una sfida in comune che entrambi condividono, vale a dire trovare il modo con cui coloro i quali sono attratti dal partito possano diventare supporter della causa progressista. Inoltre, essi hanno condiviso le preoccupazioni economiche, permettendo a due orgogliose nazioni industriali e creative di poter vincere in un mercato globale altamente competitivo. Io sento che il dialogo condiviso tra i Democrats in Europa e negli Stati Uniti, condotto dai Democratici Italiani, sarebbe molto utile da queste parti. E io mi aspetto che questo accada in un futuro molto vicino, forse quando Renzi prenderà la Presidenza del consiglio dell’Unione Europea.
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