sabato 7 giugno 2014

Mascalzoni e ladri. Con i soldi degli italiani.

Mose: indaga anche la Corte dei Conti. Baita: i costruttori pagavano 100 milioni all’anno

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Cantiere del Mose, Venezia (Getty images)
Si allarga l’inchiesta sul Mose di Venezia, l’impianto di dighe mobili per proteggere la città lagunare dall’acqua alta finito nel mirino della magistratura per un vasto giro di corruzione e tangenti. Dopo l’arresto del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e di altri nomi eccellenti, con una richiesta di misure cautelari anche per il senatore di Fi Giancarlo Galan, ex Governatore del Veneto, arriva ora l’inchiesta della Corte dei Conti, che ha istituito “una Commissione di indagine per l’accertamento di tutte le procedure di controllo effettuate negli anni in merito all’opera, la verifica degli atti e delle relative risultanze”, come si legge in una nota della Corte. Il 5 giugno “il Procuratore generale, Salvatore Nottola, ha aperto un fascicolo ‘atti relativi alla vicenda del Mose ed eventuali responsabilità di magistrati della Corte dei Conti’”, prosegue la nota.
Intanto, da indiscrezioni di stampa emergono nuovi particolari sulla vicenda, già ribattezzata nuova tangentopoli venetaPiergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani Spa, società capofila del Consorzio Venezia Nuova incaricato dei lavori del Mose, ha dichiarato in diverse interviste ai giornali, che i costruttori impegnati negli appalti per il Mose pagavano al Consorzio 100 milioni di euro all’anno, tra tangenti e consulenze. Se tutti questi soldi “si mettono in pila – ha spiegato Baita a “Repubblica” – fanno un miliardo di euro e non sono serviti al progetto Mose, solo a rafforzare il Consorzio Venezia Nuova nella città, nei rapporti con la politica, locale e romana”, è la sconvolgente rivelazione dell’imprenditore. Il costruttore ha spiegato che intorno al progetto del Mose “si è sviluppata la piovra del Consorzio. Lo costituivano le aziende, ma le aziende lo subivano – ha precisato -. Decideva tutto il presidente Mazzacurati”, ha detto (Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, già arrestato a luglio dello scorso anno). Baita ha illustrato il sistema che gli avrebbe imposto Mazzacurati: “Un extra dei vostri ricavi ritorna al consorzio, lo useremo per facilitare il percorso dell’opera”. Baita ha detto anche che parte delle somme di denaro pubblico ricevuto dalle aziende per i lavori del Mose venivano “restituite in nero” al Consorzio per la costituzione di fondi finalizzati al pagamento di tangenti. Il costruttore ha poi illustrato i vari cambiamenti avvenuti nel corso degli anni nel Consorzio Venezia Nuova, a partire dal 1992, quando subì “una mutazione genetica”, con i soci fondatori che lasciarono. Quindi “il consorzio sopravvive alla bufera Tangentopoli rafforzando la sua struttura, assumendo una veste autonoma che finirà per entrare in conflitto con le imprese”. Nel 2003, ci fu un altro cambiamento, ha detto Baita al “Mattino” di Napoli: “Le partecipazioni statali si ritirano e vendono Condotte, Mazzacurati diventa presidente. E la frattura con i soci si allarga: le imprese sono in difficoltà. Non sopportano una struttura che guadagna il doppio e non serve a niente”.
Parlando con il quotidiano “La Stampa”, Baita ha concluso: “Il sistema è crollato da solo, era inevitabile che finisse così. Non a caso è crollato proprio quando il Mose è praticamente finito“, perché, ha spiegato, “gli imprenditori ora che i lavori sono conclusi volevano finire di pagare. E il Consorzio Venezia Nuova voleva invece che si continuasse”. Nell’infinita spirale di denaro e tangenti.
Finora, la magistratura ha accertato 22,5 milioni di euro in tangenti pagate dalle imprese del Consorzio a politici vari, sindaci e presidenti di Regione, consiglieri regionali, a magistrati delle acque e della Corte dei conti, ecc. A questa somma vanno aggiunti i contratti di favore concessi dalle aziende, impegnate nei lavori del Mose, a figli e parenti dei beneficiari delle tangenti, per assunzioni inutili. Poi voli privati, vacanze e soggiorni di lusso a Venezia, Cortina e in Toscana.
Il Mose è costato finora, complessivamente, 5,6 miliardi di euro. Soldi pubblici.

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