Inchiesta Mose, Renzi e lo scandalo Pd
Più poteri a Cantone. «Dossier Veneto» a Delrio. Beghe locali a Serracchiani e Guerini. Il premier: «Via i corrotti».
RETROSCENA
Furioso ancora no, ma ora Matteo Renzi inizia ad averne le scatole piene degli scandali giudiziari che coinvolgono anche esponenti del Partito democratico. In nessun modo il premier vuole intromettersi nel lavoro della magistratura (anche perché il suo motto è sempre lo stesso: chi ha sbagliato è giusto che paghi), ma su una cosa non transige: tutte queste vicende riguardano il passato, e nulla hanno anche vedere con l'attuale gestione del partito.
BUFERA MEDIATICA SUI DEM. Dando una rapida scorsa alla rassegna stampa, infatti, non ha potuto non notare che il fango uscito dall'inchiesta sulle tangenti per il Mose sia colato soprattutto sul Pd e non sugli eventuali comportamenti scorretti o illeciti dei protagonisti.
«CORRUZIONE EQUIVALE A TRADIMENTO». Per questo, da fonti vicine al Nazareno arrivano rumors su un possibile intervento pubblico del leader proprio per separare le inchieste dalla vita dei democratici. Dal G7 il premier ha già fatto sentire la sua voce: «Un politico indagato per corruzione fosse per me lo indagherai per alto tradimento. Il problema della corruzione non sono le regole che non ci sono, ma quelle che non si rispettano».
ITALIA IN CATTIVA LUCE. Soprattutto perché quella della corruzione è una piaga che mette in cattiva luce l'Italia nei consessi internazionali. E presentarsi alle trattative con la rigida Europa degli euroburocrati con la coda di uno scandalo da milioni di euro non è un buon biglietto da visita per trattare nuove condizioni con le istituzioni continentali, né uno spot accattivante per eventuali investitori esteri (il presidente del Consiglio ha in programma, dal 9 al 12 giugno, una serie di visite diplomatiche in Vietnam, Cina e Kazakistan).
BUFERA MEDIATICA SUI DEM. Dando una rapida scorsa alla rassegna stampa, infatti, non ha potuto non notare che il fango uscito dall'inchiesta sulle tangenti per il Mose sia colato soprattutto sul Pd e non sugli eventuali comportamenti scorretti o illeciti dei protagonisti.
«CORRUZIONE EQUIVALE A TRADIMENTO». Per questo, da fonti vicine al Nazareno arrivano rumors su un possibile intervento pubblico del leader proprio per separare le inchieste dalla vita dei democratici. Dal G7 il premier ha già fatto sentire la sua voce: «Un politico indagato per corruzione fosse per me lo indagherai per alto tradimento. Il problema della corruzione non sono le regole che non ci sono, ma quelle che non si rispettano».
ITALIA IN CATTIVA LUCE. Soprattutto perché quella della corruzione è una piaga che mette in cattiva luce l'Italia nei consessi internazionali. E presentarsi alle trattative con la rigida Europa degli euroburocrati con la coda di uno scandalo da milioni di euro non è un buon biglietto da visita per trattare nuove condizioni con le istituzioni continentali, né uno spot accattivante per eventuali investitori esteri (il presidente del Consiglio ha in programma, dal 9 al 12 giugno, una serie di visite diplomatiche in Vietnam, Cina e Kazakistan).
Il «dossier Venezia» in mano a Graziano Delrio
Renzi al momento vuole tenere separati i due fronti: governo e partito. Ecco perché, di ricomporre i cocci del Pd locale dopo il terremoto in Laguna, ufficialmente se ne dovrebbero occupare i vicesegretari, Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, mentre il «dossier Venezia» verrà aperto presto a Palazzo Chigi, e sarà affidato con tutta probabilità, al fidatissimo Graziano Delrio.
MAGGIORI POTERI A CANTONE. Il primo passo da compiere, però, è quello di fare chiarezza sulla reale portata di questo nuovo scandalo. Per riuscire nell'intento, il premier - riferiscono fonti attendibili aLettera43.it - ha preteso da tutti l'impegno di premere sull'acceleratore per ampliare i poteri del Commissario Raffaele Cantone. «Sicuramente quello che sta emergendo in questa vicenda, che merita ancora di essere tutta vagliata dalla magistratura, è un sistema molto complesso e inquietante, ancora più inquietante di quello emerso dall'Expo, ha infatti detto pubblicamente il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. E questo perché «sembrerebbero compromessi il sistema imprenditoriale, il sistema della politica, ma anche il sistema dei controlli. E perché sono stati coinvolti ufficiali della Guardia di finanza e un magistrato contabile».
LA «ROTTAMAZIONE» NEL PD. La seconda fase del piano che Renzi avrebbe in mente riguarda, invece, il Partito democratico.
Il segretario è consapevole che la «rottamazione» non può essere più rimandata, e si sta attrezzando per far partire il programma di rinnovamento con il quale aveva ottenuto la vittoria alle primarie dell'8 dicembre 2013. Ma sarà ad ampio raggio, non necessariamente mirato a risolvere un problema specifico.
L'INCOGNITA DEI BALLOTTAGGI. In molti, a Sant'Andrea delle Fratte, dicono di attendere con ansia l'Assemblea nazionale del 14 giugno prossimo (nessuno dei big del Pd affronta argomenti delicati a pochi giorni dai ballottaggi di domenica 8). O almeno sperano che in quella data «il capitano indichi la rotta alla nave», perché sia in sede nazionale, che in molte sedi locali, la macchina è bloccata.
Su tutti spiccano i casi del Lazio, della Calabria, della Campania e della Sicilia. Ma il verso dovrà necessariamente cambiare dovunque. E ora anche in Veneto.
MAGGIORI POTERI A CANTONE. Il primo passo da compiere, però, è quello di fare chiarezza sulla reale portata di questo nuovo scandalo. Per riuscire nell'intento, il premier - riferiscono fonti attendibili aLettera43.it - ha preteso da tutti l'impegno di premere sull'acceleratore per ampliare i poteri del Commissario Raffaele Cantone. «Sicuramente quello che sta emergendo in questa vicenda, che merita ancora di essere tutta vagliata dalla magistratura, è un sistema molto complesso e inquietante, ancora più inquietante di quello emerso dall'Expo, ha infatti detto pubblicamente il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. E questo perché «sembrerebbero compromessi il sistema imprenditoriale, il sistema della politica, ma anche il sistema dei controlli. E perché sono stati coinvolti ufficiali della Guardia di finanza e un magistrato contabile».
LA «ROTTAMAZIONE» NEL PD. La seconda fase del piano che Renzi avrebbe in mente riguarda, invece, il Partito democratico.
Il segretario è consapevole che la «rottamazione» non può essere più rimandata, e si sta attrezzando per far partire il programma di rinnovamento con il quale aveva ottenuto la vittoria alle primarie dell'8 dicembre 2013. Ma sarà ad ampio raggio, non necessariamente mirato a risolvere un problema specifico.
L'INCOGNITA DEI BALLOTTAGGI. In molti, a Sant'Andrea delle Fratte, dicono di attendere con ansia l'Assemblea nazionale del 14 giugno prossimo (nessuno dei big del Pd affronta argomenti delicati a pochi giorni dai ballottaggi di domenica 8). O almeno sperano che in quella data «il capitano indichi la rotta alla nave», perché sia in sede nazionale, che in molte sedi locali, la macchina è bloccata.
Su tutti spiccano i casi del Lazio, della Calabria, della Campania e della Sicilia. Ma il verso dovrà necessariamente cambiare dovunque. E ora anche in Veneto.
Giovedì, 05 Giugno 2014© RIPRODUZIONE RISERVATA
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