martedì 3 giugno 2014

Il grande statista ha capito che non va al ballottaggio e adesso vuole il proporzionale. Come Grillo.

Riforme, Silvio Berlusconi prepara la rottura con Matteo Renzi sulle riforme: "Il Senato rosso è inaccettabile"

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Adesso la luna di miele con Renzi è finita davvero. Su tutti i dossier, a partire dalle “riforme”: “Questo Senato che ci prospettano è semplicemente inaccettabile. Così non lo votiamo”. È nel corso del pranzo coi capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani che Silvio Berlusconi usa parole di fuoco sull’offerta che arriva dal Pd, il cosiddetto “modello francese”.
La Lega è già sulle barricate, con Calderoli che deposita quasi 4mila emendamenti. Pure per Berlusconi la proposta è “inaccettabile”. Perché, così come è congegnato, pare un trucco per regalare una Camera alla sinistra. La proposta prevede che, come in Francia, i senatori vengano eletti da una platea di consiglieri comunali e regionali. Quindi comunque c’è una forma di “elettività”. Ma comunque il Senato non avrebbe poteri legislativi, non darebbe la fiducia, non farebbe leggi di bilancio, configurandosi come una Camera delle autonomie. Una proposta che fonti affidabili di palazzo Grazioli definiscono una “porcata”, anzi una “doppia porcata”. Perché con la attuale geografia elettorale che c’è nel paese è chiaro che verrebbe fuori un Senato “rosso”, che darebbe alla sinistra ampi margini di manovra nell’elezione del successore di Napolitano al Colle. Basta fare due conti sui numeri che ha il Pd negli oltre 8mila comuni.
Ma sarebbe una “porcata” anche per un altro motivo. Nella proposta recapitata da Zanda non c’è scritto da nessuna parte se i futuri senatori debbano essere o meno membri del collegio che li elegge. Detta in modo semplice: non c’è scritto che debbano essere scelti tra i consiglieri regionali o comunali. Il che significa, è il sospetto degli sherpa di Berlusconi, che potrebbero essere anche gli attuali senatori: “Quindi – prosegue la fonte – Chiti si fa eleggere dal collegio di consiglieri comunali e regionali toscani e noi e i nostri elettori gli paghiamo lo stipendio”.
Ecco perché l’ex premier opta per il suo “no” secco. La proposta pare fatta su misura per ricompattare il Pd e tenere buona la minoranza di Chiti, senza recepire tutti i dubbi di Forza Italia. Sarebbe questo l’obiettivo anche se non risulta che Chiti sia rimasto particolarmente affascinato dal modello francese. Tanto che il suo ddl è stato trasformato in emendamenti con venti firmatari. E Zanda, timoroso del dissenso nel suo gruppo, ha fatto appello alla "responsabilità" del Pd. Sia come sia, sul punto – la bocciatura del modello francese – si consuma un confronto nient’affatto indolore. Quando Paolo Romani dichiara a metà pomeriggio che questa proposta non sarà votata da Forza Italia, la resistenza di Verdini è appena stata piegata, nel corso del lungo pranzo con i capigruppo. Almeno per ora.
Nel senso che Berlusconi si sta convincendo che va aggiustato il tiro rispetto a Renzi e che Forza Italia debba recuperare il profilo di una opposizione più incisiva. È la posizione su cui da giorni lo spinge a riflettere il “cerchio magico”: “Ora che la realtà è più dura con Renzi – è la frase consegnata dall’inner circle dell’ex premier – noi non possiamo essere meno duri della realtà”. La realtà dura è ben rappresentata dalle notizie di questi giorni: il monito Ue (con annesso dubbio sulla necessità di una manovra), i drammatici dati Istat sull’occupazione, la questione della Tasi, la rivolta della Rai. In questo contesto, fare la stampella al governo sulle riforme per molti equivale a un suicidio. Comunque conviene prendere tempo, quanto meno per non regalare a Renzi un’arma in più: “Non possiamo regalare a Renzi la chance di andare al voto, approvando le riforme. Quando entrerà in difficoltà sui tutta una serie di dossier punterà al voto anticipato. Meglio arrivare a quel momento col Consultellum”. E nel corso del pranzo si torna a parlare della necessità di un incontro Berlusconi-Renzi.

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