giovedì 5 giugno 2014

La domanda è: " Chi ha votato questi ladri? ". Io di certo no. E che cosa ci dice questo. Che il popolo italiano si è scelto i politici a sua immagina e somiglianza. Quando c'è una persona perbene tra i candidati la fanno scappare o la lasciano sola. E poi si lamentano della cattiva politica. A differenza dei grillini talebani io non ritengo il popolo italiano privo di responsabilità.

Mose, l'ora della grande paura: dopo Galan, indagato Matteoli. E ora Berlusconi teme l'escalation sul "suo" governo

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E ora la melma della laguna rischia di risucchiare non solo il “sistema” veneto, con i suoi squali affamati di soldi. È l’onda che arriva a Roma a terrorizzare Silvio Berlusconi. Che con Galan pose la prima pietra del Mose nel 2003 quando uno era premier e l’altro venerato doge. Pure Altero Matteoli, ex ministro dell’Ambiente e poi dei Trasporti, è indagato. Ed è solo l’inizio. Questa è la paura dell’intero quartier berlusconiano: “È peggio dell’inchiesta del G8” dice chi ha dimestichezza con le carte. Ed è peggio perché si va oltre il sistema “gelatinoso”. Le parole del gip suonano come il presagio che siamo solo all’inizio: “Tutti hanno un prezzo e tutti hanno presentato il conto”. La corruzione è “sistema”.
Una parte è già documentata da prove bancarie, riscontri, documenti raccolti dagli inquirenti. Ma è appunto una parte. Ce n’è tutta un’altra tenuta “coperta”. Per chi conosce la materia sono molti, troppi, gli “omissis” negli interrogatori che lasciano pensare a nuovi filoni di indagine. Che l’inchiesta sia peggio dell’Expo non è un giudizio solo di Cantone. Ma anche degli azzurri che contano. Per questo tacciono, non dichiarano, evitano frontali con una procura che vivono come credibile grazie a Nordio e non politicizzata. La vivono come la madre di tutte le inchieste. E allora eccola la grande paura: “Siamo solo all’inizio - trapela dal bunker - e non si sa dove va a finire”. Si sa che arriva a Roma, nei palazzi del potere berlusconiano. Basta seguire i soldi, da una parte all’altra dell’Italia. Mezzo milione, secondo i magistrati, è finito a Marco Milanese. È lui il pulsante che gli imprenditori del Consorzio Venezia Nuova hanno spinto nel 2010 per sboccare i finanziamenti del Cipe, quando il ministero era contrario. È questo uno snodo cruciale. Perché, di fronte al primo no del Tesoro, il presidente del Consorzio Giovanni Mazzacurati si attiva per trovare qualcuno che faccia cambiare idea. Secondo le carte è Galan a portarlo da Gianni Letta, definito, nel corso di un interrogatorio del luglio 2013, “un riferimento molto importante per i nostri progetti”. Nello stesso interrogatorio Mazzacurati rivela che alcune volte Letta lo portò da Berlusconi che voleva sapere a che punto erano i progetti. Anche la struttura tecnica del ministero di delle Infrastrutture e dei Trasporti e il gabinetto del ministro Matteoli sono informati.
Alla fine arriva a Milanese, grazie al fondatore della Mediobanca del Nord Est, Roberto Meneguzzo, anche lui tra gli arrestati. Ed effettivamente quando si arriva a Milanese la questione si risolve. Il Cipe adotta la delibera sui finanziamenti alle opere prioritarie, tra cui il Mose. Intervento determinante. Che consente a Milanese di incassare il suo compenso. Ma è solo l’inizio. Che rappresenta l’insediamento del sistema a Roma, nel cuore dei palazzi del potere berlusconiano. Ma Milanese non è né il ministro del Tesoro né il presidente del Consiglio. E domanda che inquieta è questa: come fa a convincere il governo? Come opera il sistema a Roma?
Secondo quanto risulta all’Ansa, Milanese non è solo. Anche il ministro Matteoli sarebbe entrato nel gioco di dazioni di denaro, in cambio di favori, costruito dall'ex presidente del Consorzio, Giovanni Mazzacurati. Il suo coinvolgimento non riguarderebbe direttamente le opere del Mose ma altri interventi di carattere ambientale eseguiti sempre dal Consorzio. Insomma, le acque torbide della laguna portano dritti al cuore del governo Berlusconi. E poi ci sono i soldi di Galan. Per ora non è emerso che sarebbero serviti per finanziare Forza Italia e comunque l’attività politica del suo partito. Ma nessuno ci mette la mano sul fuoco. “Siamo solo all’inizio”. E non si sa dove si va a finire.
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