«Se arrivano i controlli, mangiate i pizzini delle tangenti»
di Alberto Sofia - 06/06/2014 - L'elenco delle mazzette conservato in carta commestibile da un dipendente del Consorzio Venezia Nuova, il concessionario unico per la realizzazione del Mose. Soldi a politici, tecnici e funzionari per "comprarsi" la città, gestire le nomine, evitare controlli sgraditi. Oggi gli interrogatori di garanzia: Orsoni si è dichiarato «estraneo ai fatti»
L’elenco delle tangenti da elargire a politici, tecnici e funzionari le conservava un dipendente del Consorzio Venezia Nuova, il concessionario unico per la realizzazione del Mose. Tutto scritto su carta commestibile, in modo che potesse mangiare i pizzini delle mazzette nel caso fosse stato scoperto, come ha rivelato la Stampa. Una «lista della spesa» infinita, considerato comeGiovanni Mazzacurati, il «padre» 82enne della grande opera «mangiasoldi» – direttore per 22 anni, presidente per altri otto e poi arrestato nel 2013 – si fosse di fatto “comprato” Venezia. Tutto con i soldi pubblici, ultimi finanziamenti arrivati da Roma in tempi di spending review. Così, pagando a destra e sinistra, Mazzacurati e il Cvn, dominus dell’affare e da tre decenni senza concorrenza, si erano assicurati il controllo della città e si erano arricchiti.
MAZZACURATI, IL CONSORZIO VENEZIA NUOVA E LE TANGENTI PER CONTROLLARE LA CITTÀ- Mazzacurati, “il grande burattinaio” di tutte le opere relative al Mose e definito il «capo supremo» dai suoi sottoposti, aveva “acquistato” controllori e politici a forza di mazzette. Secondo i magistrati, l’ingegnere spesso consegnava in prima persona le dazioni. Ben 22,5 milioni di euro, in totale, in pacchetti allungati alla politica locale e ai funzionari che avrebbero dovuto controllare che tutto avvenisse in modo regolare. C’era chi era considerato uno «stipendiato a vita», come l’ex governatore del VenetoGiancarlo Galan (Forza Italia), fedelissimo di Silvio Berlusconi. Un milione all’anno era la somma che avrebbe incassato l’ex presidente della Regione, tra il 2005 e il 2008: doveva rendere più rapide le decisioni degli uffici tecnici, “ammorbidire” la commissione di salvaguardia e la sezione controllo della Corte dei Conti, che era chiamata a verificare le procedure dell’opera. Ma non solo: gli inquirenti hanno individuato un altro milione ricevuto nel 2012 dall’esponente azzurro, dopo un’accelerazione nei cantieri. Con i soldi degli imprenditori del Consorzio, secondo l’accusa, Galan si era fatto anche ristrutturare la residenza di Cinto Euganeo, Villa Rodella, tra le colline padovane. Soltanto “fango” per la moglie dell’ex governatore, Sandra Persegato, che si è difesa spiegando come la sua famiglia paghi ancora due mutui: «Vengano a vedere i conti invece di tirare fango addosso a mio marito, l’uomo migliore del mondo», si è sfogata. Ma sono state proprio le spese a confermare agli inquirenti tutti i sospetti. A partire dalle denunce dei redditi. Come quella della famiglia Galan, composta dalla coppia e dai due figli. Come ha spiegato il Corsera, dal 2000 al 2011 hanno dichiarato entrate di poco superiori a 1,4 milioni di euro. Un valore molto inferiore a quello delle spese realizzate nello stesso periodo, scovate dalla Guardia di Finanza, che pesavano per oltre 2,6 milioni di euro. Una sproporzione sospetta: per i pm dietro quella differenza potrebbe nascondersi quello «stipendio» in nero contestato a Galan, derivato dalla corruzione.
CONSORZIO VENEZIA NUOVA COMPRA TUTTI – Ma per l’accusa non c’era soltanto Galan a libro paga del Consorzio, vero padrone delle nomine in città e in grado di trattare amministratori pubblici e tecnici come sudditi. Dovrà difendersi dalle accuse di aver incassato finanziamenti illeciti anche il sindaco Pd di Venezia Giorgio Orsoni, ora ai domiciliari e questa mattina sentito dal Gip durante l’interrogatorio di garanzia. È entrato nell’inchiesta per il denaro ricevuto nel 2010 per la campagna elettorale (per le amministrative in cui Orsoni riuscì a sconfiggere Renato Brunetta) dallo stesso consorzio Venezia Nuova. Fondi neri realizzati grazie a fatture gonfiate, mediate dal consorzio di cooperative Coveco, poi finiti verso il candidato Pd. Come raccontano le intercettazioni telefoniche, Orsoni incontrò otto volte il collettore delle tangenti, Giovanni Mazzacurati, tra l’8 maggio 2010 e il 6 aprile 2011. Quattro volte ci furono degli scambi di denaro, secondo quanto ricostruito dai pm: gli inquirenti hanno fatto emergere finanziamenti per 560mila euro totali al sindaco e al suo comitato elettorale. Per potersi “comprare la città” la cupola del Mose pagava i referenti politici in modo bipartisan. Con lo scopo di «avere i soldi a monte e un ambiente favorevole a livello locale dove avviene la spesa» , come ha spiegatoPiergiorgio Baita della Mantovani (tra le società del Consorzio) durante le sue “confessioni” di fronte ai pm. E nella lista della politica da “stipendiare” c’erano, tra gli altri, anche il fedelissimo di Galan, Renato Chisso, assessore regionale alle Infrastrutture (Forza Italia), così come il Pd provinciale – da finanziare, come scritto su carta commestibile, con 33mila euro – e il consigliere regionale dem Giampiero Marchese. Da verificare anche la posizione di Altero Matteoli (Forza Italia), entrato tra gli indagati per un’opera marginale del Mose, la conca di navigazione. Senza dimenticare tecnici, magistrati delle acque e funzionari, da “comprare” per evitare controlli e rilievi scomodi. Secondo i pm, 400mila sono stati i fondi incassati dall’ex magistrato alle acque Patrizio Cuccioletta, dal 2008 al 2011. Più altri 500mila prima di lasciare l’incarico, su un conto svizzero. Lo stesso accusato di aver fatto assumere la figlia dal Consorzio concessionario. Altri 400mila euro sono stati diretti verso il successore di Cuccioletta, Maria Giovanna Piva. Quest’ultima avrebbe anche ottenuto un incarico come collaudatore dell’ospedale di Mestre da 328mila euro. Sia la nomina di Cuccioletta che quella di Piva erano state «decise dal Cvn», ha rivelato Baita. Mazzacurati decideva, mentre i funzionari e politici assecondavano le sue scelte, in cambio degli “stipendi aggiuntivi”. Una cupola che integrava controllati e controllori, in grado di dominare una città nella quale, per il progetto Mose, sono continuati ad arrivare fondi a pioggia, lievitati negli anni dagli iniziali 1,8 miliardi di euro fino ai 5,6. Tutto mentre l’opera non è ancora stata nemmeno completata.
LUPI: «NON POSSIAMO BLOCCARE L’OPERA» – Nonostante scandali e arresti, per l’attuale ministro delle Infrastrutture non è possibile però bloccare la realizzazione del Mose, già da anni oggetto di critiche di tecnici e ambientalisti: «Non possiamo buttare via 4 miliardi già spesi, tenendo a mente il suo scopo: salvare Venezia», ha spiegato durante un’intervista a Repubblica. «Acclarati i fatti dico che chi ha sbagliato dovrà risponderne», ha continuato. «Considero gli scandali Expo e Mose due casi di eccezionale gravità: stiamo provando a far rialzare la testa al Paese dimostrando che si possono fare grandi opere in tempi certi, ma puntualmente dimostriamo che siamo legati ad un passato che non riusciamo a scrollarci di dosso», ha aggiunto Lupi. «Questi fatti ci dicono che dobbiamo accelerare e io lo farò su tre punti fondamentali. Rendere tutti gli appalti trasparenti, pubblicando on online chi se li aggiudica, quali sono i tempi e i costi per la loro realizzazione. Accelerare sul lavoro già svolto nella revisione del codice degli appalti, eliminare burocrazia e lentezza. Ma non solo: serve semplificazione, certezza delle norme, controlli severi e pene certe». Anche Renzi ha invocato ieri misure pesanti, processando per “alto tradimento” i politici corrotti e tornando a evocare anche il “daspo”. Intanto però la legge sulla corruzione e il decreto legge per aumentare i poteri del capo dell’Anticorruzione Raffaele Cantone hanno subito un nuovo slittamento. Quest’ultimo non entrerà nel Cdm, mentre per la prima, inizialmente calendarizzata per la settimana prossima, sarà necessario altro tempo. Il governo presenterà un suo ddl, ma servirà un altro mese. L’intento dovrebbe essere quello di migliorare le normative, ma per ora si registra soltanto un allungamento dei tempi.
EDIT, ore 12 – LEGALE ORSONI: «SINDACO ESTRANEO AI FATTI» – Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni,ora ai domiciliari, ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee, «con le quali si è dichiarato estraneo ai fatti» come ha spiegato l’avvocato di fiducia, Daniele Grasso. «Orsoni non ritiene che gli sia addebitabile alcun tipo di responsabilità», ha chiarito il legale, precisando come il sindaco intenda «dimostrarlo attraverso una serie di indagini difensive a integrazione della documentazione acquisita dal procuratore». Per il legale la posizione di Orsoni «non c’entra niente con tutte le altre imputazioni e la dinamica dell’incontro con il gip è stata diversa da quella di un interrogatorio». Ha concluso: «Orsoni è molto provato, sta soffrendo dal punto di vista istituzionale come da quello umano: dobbiamo ancora decidere se fare ricorso, abbiamo tempo».
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