Il Movimento balla da solo: tre dimissioni e dieci parlamentari in bilico
Cambiano anche gli equilibri per l'elezione del Presidente della Repubblica. Ora la conta dei fuoriusciti sale a 26. Fico sul Corriere: «Se qualcuno non si ritrova in questa scelta, lo posso capire, ma poi prenda le sue decisioni»
Fogli in alto e banchi occupati ma anche lettere di dimissioni, irrevocabili. Il Movimento torna con il duro ostruzionismo in aula mentre perde tre pezzi dentro i suoi due gruppi parlamentari: due eletti a Palazzo Madama, uno a Montecitorio. «Preferisco dimettermi», spiegò Ivana Simeoni ai suoi compagni di meet up. Con lei se ne va via dal parlamento anche Cristian Iannuzzi, suo figlio, eletto alla Camera dei deputati e Giuseppe Vacciano, senatore. Lui è il primo a parlare in giornata, spiegando ai suoi elettori la decisione: «Il fatto che io condivida o meno il merito delle scelte fatte ha poca importanza, il problema è di metodo. Quel metodo al quale ho sempre attribuito pari dignità rispetto al merito e che credo sia stato uno dei segni fortemente distintivi della nostra storia». Non è più quel Movimento: «Ignorare o fingere di ignorare questo fatto vorrebbe dire essere intellettualmente disonesto e approfittare della fiducia di tante persone». Il problema è il direttorio. Una realtà nuova, in “barba” all’articolo 4 che cambierebbe, secondo alcuni, la natura delle cose.
DIRETTORIO: ORTODOSSI CONTRO DELUSI – «Allora chiariamo che da quando siamo stati nominati noi 5 non è cambiato niente», ribadisce Carla Ruocco, deputata m5s e mebro del “direttorio” a La Stampa. Eppure alla base dei tre addii c’è un profondo malumore che gli eletti di Latina hanno più volte espresso anche con i militanti. Un malessere trasversale dove, secondo il retroscena del Corriere della Sera, altri 10 parlamentari pentastellati sarebbero in bilico. Tre persone al Senato e sette deputati. Una cifra che sembra esser più concreta e confermata rispetto ai «venti pronti a mollare» paventati qualche giorno fa. «Sì siamo molti meno», spiegano dentro il gruppo alla Camera. Il problema però è lasciare tutto: lotta M5S, meet up. Una scelta che però diventa sempre più possibile nella testa di diversi eletti. Il prezzo in cambio? La libertà in aula, e operare sul proprio territorio senza gli ostacoli che spesso compaiono mentre militi sotto la bandiera di Beppe Grillo.
ALTRI 10 PRONTI A LASCIARE? – Con le defezioni di ieri salgono a 26 i parlamentari grillini che hanno lasciato il Movimento, con una percentuale di perdite pari al 16% (da 163 a 137). La più colpita delle Camere è Palazzo Madama con 17 addii. Un “gruppo” che fa gola alle altre forze politiche, ma rimane troppo variegato per avere una sua unità di voto. I grillini ortodossi lasciano fare mentre la voce “critica” dentro il Movimento si fa sempre più debole. Il direttorio rischia di scatenare altri saluti? «Ci stiamo un po’ riorganizzando su vari aspetti – spiega l’ortodosso Roberto Fico al Corriere – voglio chiarire, che sono non decisionali ma di funzioni e tecnici. Se qualcuno non si ritrova in questa scelta, lo posso capire, ma poi prenda le sue decisioni». Decisioni che potrebbero non esser isolate.
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