Rai, fronte anti-tagli si sfalda, ma sciopero si farà. Vip contro, M5s a favore
Pubblicato il 2 giugno 2014 12:58 | Ultimo aggiornamento: 2 giugno 2014 12:58
di Redazione Blitz
ROMA – Rai, il fronte anti-tagli si sta sfaldando. Molti vip si stanno smarcando, aderendo alla crociata del presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Il direttore generale, Luigi Gubitosi, tace, anche se si profila all’orizzonte l’ipotesi licenziamenti, secondo quanto anticipa il Fatto Quotidiano.
Mario Ajello sul Messaggero riferisce la considerazione di Marcello Masi, direttore del Tg2, condivisa anche da altri giornalisti di Tg1 e Tg3:
“Questo sciopero rischia di farci apparire, agli occhi dei cittadini, ciò che non siamo: una corporazione. Io sono contrario allo sciopero perché fuori di qui non verrebbe capito”.
Il cronista del Messaggero parla di giornalisti, operai e tecnici che si “sentono assediati da se stessi”: sanno di avere contro “non un governo ma un Paese”.
Il Tg3, se potesse, andrebbe in onda nonostante lo sciopero. (…) nei piani alti dei tiggì, è tutto un ripetere: «No, lo sciopero noooo». Le paure di non potersi mai più riciclare renzianamente dopo aver fatto uno sgarbo a Renzi serpeggiano tra quelli di qui e anche in mezzo ai dirigenti. Tra cui spiccano due amici e sostenitori di Matteo che in queste settimane tutti chiamavano, tutti corteggiavano e tutti pressavano perché intercedessero – e i due sono Paolo Del Brocco e Luigi De Siervo, appena promosso – presso il premier e lo rabbonissero per quanto possibile. (…) Si sta giocando la partita dei vip intorno allo sciopero Rai. E uno come Massimo Giletti, il re delle domeniche, parla così: «Non accettare la ristrutturazione è atto di conservatorismo». E ancora: «Non bisogna fare le barricate. Va accettata la sfida a cui Renzi ci invita». Ma si sta giocando anche una lotta di classequaggiú a Saxa Rubra. E vede schierati per lo più contro lo sciopero Tafazzi i giovani non nababbi, i contrattisti a termine, i nuovi assunti e i non garantiti. Mentre il ventre molle e grasso della Rai di sempre, succursale dei partiti e dei loro protetti, sfrutta l’occasione dello sciopero e si accoda all‘Usigrai perché la palude deve restare palude e se proprio va prosciugata «la prosciughiamo noi» magari con l’aiuto dei grillini”.
In ogni caso i 150 milioni di tagli si abbatteranno sulla Rai, sciopero o no. Come ha spiegato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, al Festival dell’Economia di Trento, la
“tv pubblica come altri enti è sottoposta alle richieste della spending review e queste implicano che ci debba essere uno sforzo di efficientamento”.
Per il ministro la quotazione di una parte di Rai Way (la società che detiene le torri di trasmissione) “rientra nel processo di riduzione dei costi”.
Respinge così al mittente le critiche del grillino e presidente della commissione di vigilanza Rai, Roberto Fico,che, dal canto suo, sostiene che con questo taglio
“si vuole attaccare una struttura pubblica portando alla svendita di Rai Way. Si poteva mettere a reddito i lavori di ristrutturazione delle antenne avvenuta negli anni scorsi, investendo nella rete 4G. Così invece si obbliga l’azienda a deprezzare un pezzo delle proprie strutture”.
E infatti il M5S l’11 giugno sarà in piazza insieme ai lavoratori della Rai, appoggiati anche da Cgil, Cisl e Uil. A sostegno dello sciopero anche Forza Italia.
“Lo sciopero è più che giustificato. Il governo Renzi ha una strategia rozza. Costringe la Rai a svendere pezzi pregiati”,
commenta l’ex ministro Maurizio Gasparri.
Il tema sarà sul tavolo della commissione Bilancio al Senato martedì 3 giugno. Intanto, però, i bilanci della tv pubblica sono tutt’altro che rosei. E, secondo quanto riferisce Repubblica, con i tagli del governo il bilancio del 2014 sarà in rosso di 162 milioni di euro, tra mancato adeguamento del canone all’inflazione e nuovi morosi.
Nonostante questo il direttore generale, Luigi Gubitosi, pare intenzionato ad accettare i tagli. Scrive Repubblica:
“La spending review interna è cominciata: un milione qui, due là, cinque sopra, sei sotto e la speranza è di avvicinarsi alla soglia. Qualche esempio? La troupe di giornalisti e tecnici da mandare aimondiali in Brasile è stata ridimensionata. Invece di 44 inviati previsti, la scure li ha tagliati e portati a 17. Invece di otto milioni di spesa per l’evento si scenderà a tre. E sono cinque milioni rosicchiati. Si pensa ad una riorganizzazione delle testate giornalistiche e ad un ridimensionamento dei telegiornali:meno inviati, meno dirette, meno collegamenti. Ancora: lo scioglimento del contratto con Google, che dal 2008 aveva la libertà di pubblicare su YouTube gli estratti delle trasmissioni della tv pubblica: l’accordo fruttava 700mila euro l’anno. Adesso il fai da te, con tutte le clip riportate sul sito della Rai, porterà un guadagno annuo di 1,4 milioni. Sempre se le stime verranno confermate”.
Quel che al momento pare certo è che l’11 giugno, vigilia dei Mondiali di calcio in Brasile, i canali Rai potranno sembrare spenti: telegiornali ridotti, repliche e nessun programma in diretta.
Sette le sigle sindacali che hanno aderito allo sciopero. Come sottolinea il Fatto Quotidiano,
“neanche l’esecutivo di Silvio Berlusconi, annunciano gli organizzatori, ha mai scatenato una mobilitazione di queste pro- porzioni. Perché i 13.000 dipendenti di viale Mazzini conoscono le cifre che spingono il direttore generale Luigi Gubitosi a parlare di “perimetro ristretto”: licenziamenti.
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