Liberi cittadini contro il regime partitocratico, i privilegi della casta sindacale della triplice, la dittatura grillina e leghista, la casta dei giornalisti
mercoledì 31 dicembre 2014
Radio Voghera è una radio libera. Il contrario della Provincia Pavese testata serva della non informazione ed una redazione piena di giornalisti di paglia. Attacchi per anni. Complicità e sinergie tra politici, sindaco, giunta e PD vogherese, grillini e Rifondazione in accordo pieno con la Cisl per impedire ad una persona perbene di agire politicamente. Querele a morire da destra e sinistra. Ma io vado avanti. Sempre. Per sempre costi quel che costi. Per il mio paese ed i giovani che scappano da questo paese corrotto fino al midollo.
Una cara amica mi ha inviato questo messaggio di Buon Anno. Condivido con tutti questo dono. E che il Signore possa mandarci tanti matti da permettere a questo paese di diventare normale. In ogni parola vedo la mia vita.
Abbiamo bisogno di matti
O Dio, mandací dei matti, di quelli che siano capaci di esporsi,
di quelli che siano capaci di scordarsi di loro stessi,
di quelli che sappiano amare con opere e non con parole,
di quelli che siano totalmente
a disposizione del prossimo.
Donaci persone temerarie, appassionate,
capaci di andare contro corrente,
seguendo le tue vie senza paure e false sicurezze;
di quelli che sono capaci di guidare la gente
senza il desiderio di utilizzarla come sgabello;
di quelli che non utilizzano il prossimo per i loro fini.
Ci mancano questi matti, o mio Dio!
Matti nel presente, innamorati di una vita semplice,
liberatori del povero, amanti della pace,
liberi da compromessi, decisi a non tradire mai,
disprezzando le proprie comodità o la propria vita,
capaci di accettare tutti i tipi di incarichi,
di andare in qualsiasi luogo per ubbidienza,
e nel medesimo tempo liberi, spontanei e tenaci, allegri, dolci e forti.
Dacci questo tipo di matti, o mio Signore.
(LOUIS JOSEPH LEBRET)
Mamma mi si è ristretta la rendicontazione. Non sono come gli altri. Sono peggio degli altri.
Infografiche: M5S e rendicontazione, la situazione a fine 2014
Una battaglia all’insegna della trasparenza. Uno dei capisaldi del programma del Movimento Cinque Stelle è sempre stato la lotta per la trasparenza delle Istituzioni, a partire dalle due Camere, il centro della vita politica italiana. E così il Movimento fondato da Beppe Grillo ha attivato una pagina internet, chiamata “tirendiconto.it“, in cui viene dettagliato il processo di rendicontazione dei parlamentari pentastellati, con tanto di dettagli di spese, rimborsi e quant’altro.
Trattasi del sistema che, peraltro, è stato anche la miccia che ha innescato le ultime espulsioni dal M5S, cioè quelle di Paola Pinna e Massimo Artini, accusati di non documentare le spese da troppi mesi. Ma quale è la situazione attuale? Osservando lo stato delle rendicontazioni sul sito internet apposito, la situazione a fine 2014 è la seguente (posizionando il mouse sui due grafici è possibile visualizzare ulteriori informazioni; inoltre, nel box “Scegli Aula” è possibile selezionare una delle due Camere o visualizzarle entrambe accorpate):
Come si può notare dai grafici – l’elenco comprende anche gli ultimi fuoriusciti Currò, Iannuzzi, Simeoni e Vacciano – appena un parlamentare pentastellato su 5 ha rendicontato sino ad ottobre 2014. Ben 2 parlamentari su 3 invece non rendicontano da giugno, mentre due deputati – Eleonora Bechis e Francesco Cariello – non rendicontano addirittura dallo scorso marzo. Questi ultimi due, peraltro, sul tema risultano sul piede di guerra da settimane, come si può leggere sui loro profili Twitter. Se la Bechis ironizza sulla lentezza dello staff nella pubblicazione dei suoi dati, Cariello ha deciso di utilizzare il proprio sito per la rendicontazione, sino a quando non avrà risposte dai vertici su alcuni punti chiave.
Come sempre Salvini fa il furbo. Dice mezza verità dimenticando di precisare la cosa più importante. In quella struttura ci sono soggetti che sono tutelati da accordi internazionali firmati da tutti i paesi del mondo. O vogliamo uscire anche dalla comunità internazionale?
Dichiarazione analizzata | Matteo Salvini
Dichiarazioni Politico
"Sono stato a Mineo a visitare questo campo di accoglienza che sembra il villaggio vacanze Valtour in Sardegna, perché sono 400 villine di 160 mq l'una, con giardino davanti-dietro, parabola sul tetto e aria condizionata. Questa è la situazione che accoglie 4mila immigrati clandestini a Mineo in provincia di Catania".
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- Nì
- Pinocchio andante
- Panzana pazzesca
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Articolo originale | Data di pubblicazione: 29.08.2014 | Data origine: 29.07.2014 | questioni sociali
Matteo Salvini si è recato al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo, in provincia di Catania, lo scorso luglio.
Dovrebbe parlare con cognizione di causa, quindi, e in effetti il segretario della Lega sembra preparato. Il sito internet del centro non offre dati sulle caratteristiche degli alloggi, quindi ci siamo affidati a diversi reportage: Il Sole 24 Ore, Avvenire e un quotidiano online locale CTzen.
Tutti e tre confermano il numero degli ospiti, che si attesta a 4.000. Il Sole e Avvenire concordano sul numero di villette, mentre CTzen è più preciso nella loro destinazione d'uso: "le strutture a disposizione dei migranti sono 370, mentre una trentina sono occupate da uffici dell’amministrazione o sono usate per altri servizi". Corretta è anche la descrizione di queste villette, su cui Avvenire e CTzen convergono. Riportiamo quella di Avvenire: "Residence degli Aranci, quattromila persone e una infilata di padelle bianche che captano la tv satellitare: 400 villette color pastello, a due piani, di 160 mq. Fornite di tre bagni e aria condizionata e riscaldamento, con una media di 10, 12 ospiti per ogni casa, single e famiglie, diffuse sulla piana dove s’affaccia la città di Mineo acquattata sulla collina". Da questa foto, presa dal reportage di CTzen, apprendiamo che di fronte alle villette c'è effettivamente anche un piccolo giardino.
Su una cosa, però, sbaglia Salvini: quello di Mineo non è un centro di accoglienza per immigrati clandestini, bensì per richiedenti asilo. Il loro status giuridico è ben diverso dal mero migrante irregolare, ed è disciplinato e tutelato dal diritto internazionale. Noi ne abbiamo già parlato in quest'analisi, ma invitiamo i lettori anche a leggere questa sintetica scheda esplicativa redatta dal Ministero dell'Interno.
Matteo Salvini è preciso nel descrivere il centro di accoglienza, ma toppa sulla distinzione tra migranti irregolari e richiedenti asilo: "Nì"!
Quello di Tsipras è un ragionamento politico serio. Salvini e Grillo sparano solo sciocchezze.
Alexis Tsipras, la Grecia e la sfida all’UE dell’austerità
31/12/2014 - di Andrea MollicaIl 25 gennaio del 2015 si rinnova il Parlamento di Atene. Da più di un anno i sondaggi rilevano il leader di Syriza come il favorito per ottenere l'incarico di primo ministro ellenico. Il programma di ripudio del debito e di fine del rigore è sgradito alla Troika formata da Commissione, Bce e Fmi, che spera nel proseguimento dell'esecutivo di Samaras.
Il 25 gennaio del 2015 la Grecia rinnoverà il suo Parlamento, e il favorito per la vittoria appare Alexis Tsipras. Il ricorso anticipato alle urne è stato imposto dalla Costituzione, che prevede solo tre scrutini per l’elezione del nuovo capo dello Stato. Il leader di Syriza potrebbe diventare il primo premier appartenente al gruppo della Sinistra europea, e il suo programma economico di ripudio dell’austerità e del debito già ristrutturato dai Paesi creditori è guardato con grande preoccupazione dalla maggior parte dei governi europei.
LA GRECIA E LE ELEZIONI ANTICIPATE - La Grecia rinnoverà il suo Parlamento domenica 25 gennaio 2015. Le elezioni avrebbero dovuto svolgersi a metà del 2016, ma il primo ministro Antonis Samaras ha preferito giocare una scommessa alla fine perdente, anticipando le elezioni presidenziali a fine 2014. La Costituzione ellenica impone un massimo di tre scrutini per indicare un nuovo capo dello Stato, e in caso di fallimento è obbligatorio il ricorso anticipato alle urne. La scelta del premier conservatore Samaras era stata dettata dalla fragilità della sua maggioranza, e dalle difficoltà di trovare un nuovo accordo coi creditori internazionali che prevedesse un consolidamento fiscale meno rigoroso rispetto alle ultime manovre di bilancio basate su continui tagli e aumenti delle tasse. La Grecia deve ancora ricevere una tranche di crediti di circa 7 miliardi e mezzo previsti per la fine 2014, la cui erogazione è stata ritardata per il crescente dissenso tra il governo Samaras, timoroso di nuove misure di austerità sempre più impopolari in una popolazione stremata da anni di crisi, e gli altri esecutivi europei timorosi di nuovi buchi di bilancio. I prestiti rimanenti fanno parte del secondo piano di assistenza finanziaria concordato nel 2012, dopo il sostanziale fallimento del primo. La Grecia è entrata in recessione nel 2008, e da allora ha attraverso una contrazione economica paragonabile alla Grande Depressione che affossò gli Stati Uniti negli anni Trenta del secolo scorso. Dal 2008 al 2013 il Pil ellenico si è ridotto del 24%, la più consistente flessione registrata nell’eurozona. Il debito pubblico è esploso dal 100 a poco sotto il 180%, ed è stato abbassato solo grazie alla ristrutturazione parziale del debito detenuto da creditori privati nel 2012, il cui valore nominale è stato diminuito di oltre 50 punti percentuali. Il tasso di disoccupazione è salito dall’8% pre crisi all’attuale 26%, mentre la disoccupazione giovanile è passata nello stesso arco temporale dal 22 al 54%.
Riceviamo e pubblichiamo.
Cosa c’è in gioco in Grecia (e in Europa)
Fallito l’ultimo tentativo di eleggere il presidente, la Grecia va verso elezioni anticipate, il 25 gennaio. Secondo i sondaggi è al momento in testa (con maggioranza relativa) il partito di sinistra Syriza.
Syriza viene abitualmente chiamata “sinistra radicale”, e cosi in effetti dice anche il suo nome. Tuttavia il suo programma è tendenzialmente socialdemocratico, neokeynesiano e a tratti addirittura rooseveltiano. Il Psi di Nenni, cinquant’anni fa, era probabilmente più radicale. Non è che se da noi si autodefiniscono di sinistra Boschi, D’Alema e Gutgeld, debba andare così per forza dappertutto.
Altro equivoco diffuso è che se in Grecia vince Syriza, Atene uscirà dall’euro e questo potrebbe essere l’inizio della fine della moneta unica, a domino.
Syriza in realtà non chiede l’uscita dall’euro, ma la rinegoziazione del debito greco; in particolare degli interessi, che soffocano ogni possibilità di investimento pubblico finalizzata alla ripresa. Il modello a cui Tsipras ha fatto più volte riferimento è quello che ha permesso alla Germania di rinascere quando, nel 1953, la sua economia era strangolata dai debiti (tra cui quelli di guerra) e il governo di Bonn ottenne una rimodulazione con moratoria di cinque anni.
In merito al rapporto con l’Europa, il tratto forte di Syriza è la richiesta di un cambiamento nel ruolo della Bce perché finanzi direttamente gli Stati e i programmi di investimento pubblico: «Siamo in attesa di vedere la portata e soprattutto i risultati del Quantitative Easing, che Draghi ha promesso e che dovrebbe apportare benefici tangibili all’economia reale», ha spiegatorecentemente Dimitrios Papadimoulis, vicepresidente del Parlamento Ue e principale esponente di Syriza nella Ue. Non è esattamente una posizione bolscevica, né lunare.
Ovviamente non mancano gli interrogativi, il primo dei quali riguarda la stessa Syriza (che, non dimentichiamolo, nasce come coalizione, per di più di sinistra: dunque con tutti i limiti di compattezza derivati) e la possibile maggioranza di governo che attorno a Syriza può formarsi.
Ma credo che gli elementi forti di una possibile vittoria di Syriza trascendano gli aspetti programmatici che riguardano la Grecia e siano invece altri due; questi sì, potenzialmente molto rilevanti anche per il resto d’Europa.
Il primo è che per la prima volta, nel Continente, potrebbe andare al governo una forza esterna all’accoppiata classica centrodestra-centrosinistra, le due forze che si sono alternate per oltre mezzo secolo e che oggi ancora dominano (talvolta in alleanze più o meno allargate) dalla Germania alla Francia, dalla Spagna al Regno Unito, Italia compresa. In altri termini, sarebbe la prima prova di governo, con tutte le responsabilità connesse, per uno di quegli aggregati politici che – in diversissimo modo – tendono a rappresentare la cosiddetta maggioranza invisibile (il turno dopo potrebbe essere quello spagnolo).
Il secondo aspetto, ancora più fondamentale, è che per la prima volta da molto tempo avremmo uno Stato europeo che tenterebbe di rapportarsi alla stessa Ue, alla Troika e più in generale ai poteri economici con tutta la forza che deriva dal suo essere uno Stato e una democrazia, cioè cercando di restituire alla politica la sovranità che le spetta.
Questa sì che sarebbe una rivoluzione, dopo gli ultimi trent’anni.
Chissà se gliela lasceranno fare.
Adesso il Generale Pound detto Grillo si permette di dare consigli anche a Tsipras. Incredibile. Da non credere.
Grillo: "Tsipras sbaglia tutto, Italia e Grecia via dall'euro"
Il leader M5s torna alla carica e attacca l'esponente di Syriza: "Come può pensare di risollevare il suo Paese?"
ROMA - "Italia e Grecia fuori dall'euro". Beppe Grillo torna alla carica con il suo vecchio cavallo di battaglia e prendendo spunto "proprio dalla vicenda greca", ribadisce che c'è la "conferma dell'opportunità di una uscita dall'euro da parte dell'Italia", bocciando il leader di Syriza. Il leader M5S, poi, bacchetta i media parlando di vero e proprio "terrorismo mediatico", "quale occasione migliore per i media di regime nostrani - scrive riferendosi alla cronaca italiana di quanto sta avvenendo in Grecia - per alimentare il terrorismo 'a la matriciana' contro una uscita dell'Italia dall'euro".
Grillo non risparmia parole dure neanche per Alexis Tsipras: "Come può pensare - chiede - di risollevare il suo Paese rimanendo nell'euro? Come pensa di fare gli interessi del suo Paese senza ridargli la sovranità monetaria? La Grecia deve rimborsare agli investitori privati (per lo più banche estere) 15 miliardi di euro di debito nel 2015. Tsipras si avvia a vincere le elezioni sulla promessa di ripudiare il debito e l'austerity, ma senza uscire dall'euro. Un controsenso, anzi un suicidio", secondo Grillo.
"Ripudiare il debito senza uscire vuol dire inasprire le relazioni con i partner europei senza avere voce in capitolo e soprattutto senza acquisire strumenti monetari di gestione attiva della crisi. L'uscita dall'euro non è fine a se stessa - rimarca Grillo -, ma a un riacquisto di sovranità monetaria essenziale per rilanciare l'economia. Per questo i timori di fuga di capitali o la mancata liquidità da parte della Bce alle nostre banche in caso di uscita sono mal posti". E, insiste Grillo, l'uscita dell'Italia dall'euro dovrà essere accompagnata da tre misure essenziali a prevenire un eventuale disordine sui mercati: "1. Abolizione del 'divorzio' tra Banca d'Italia e Tesoro. 2. Introduzione di vincoli di portafoglio che definiscano un ammontare minimo di titoli di Stato detenuti dalle nostre banche. 3. Restrizioni all'uscita di capitali dal Paese". Insomma, conclude il leader M5s, "uscita dall'euro e ristrutturazione del debito, non c'è altra strada".
Grillo non risparmia parole dure neanche per Alexis Tsipras: "Come può pensare - chiede - di risollevare il suo Paese rimanendo nell'euro? Come pensa di fare gli interessi del suo Paese senza ridargli la sovranità monetaria? La Grecia deve rimborsare agli investitori privati (per lo più banche estere) 15 miliardi di euro di debito nel 2015. Tsipras si avvia a vincere le elezioni sulla promessa di ripudiare il debito e l'austerity, ma senza uscire dall'euro. Un controsenso, anzi un suicidio", secondo Grillo.
"Ripudiare il debito senza uscire vuol dire inasprire le relazioni con i partner europei senza avere voce in capitolo e soprattutto senza acquisire strumenti monetari di gestione attiva della crisi. L'uscita dall'euro non è fine a se stessa - rimarca Grillo -, ma a un riacquisto di sovranità monetaria essenziale per rilanciare l'economia. Per questo i timori di fuga di capitali o la mancata liquidità da parte della Bce alle nostre banche in caso di uscita sono mal posti". E, insiste Grillo, l'uscita dell'Italia dall'euro dovrà essere accompagnata da tre misure essenziali a prevenire un eventuale disordine sui mercati: "1. Abolizione del 'divorzio' tra Banca d'Italia e Tesoro. 2. Introduzione di vincoli di portafoglio che definiscano un ammontare minimo di titoli di Stato detenuti dalle nostre banche. 3. Restrizioni all'uscita di capitali dal Paese". Insomma, conclude il leader M5s, "uscita dall'euro e ristrutturazione del debito, non c'è altra strada".
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