Immigrazione, se Salvini convince più di Renzi
Il leader della Lega è riuscito a costruire una narrazione rozza, semplificata, populista quanto si vuole, ma tremendamente efficace. Ma non è un problema di comunicazione. La difficile gestione dell’emergenza mette a nudo la debolezza dell’Italia sul piano internazionale
«Se il Consiglio europeo sceglierà
la solidarietà, bene. Se non lo farà, abbiamo pronto il piano B». Così ha dichiarato Matteo Renzi domenica 14 giugno sulla prima pagina del “Corriere della Sera”. Nelle stesse ore l’altro Matteo, il Salvini della Lega, faceva rimbalzare il suo pensiero su Twitter
e su Facebook: «La Stazione centrale
di Milano, fra scabbia e malaria, è ormai un’attrazione turistica:
decine di immigrati sono “rinchiusi”
in negozi vuoti dalle pareti trasparenti: spettacolo degno della città dell’Expo».
Le urne per i ballottaggi, aperte a fine giornata, hanno decretato quale delle due fosse la comunicazione più efficace: Pd sconfitto, centrodestra a trazione leghista risorto. E dire che, a memoria d’uomo, i piani B fanno parte del linguaggio giornalistico, in bocca a un presidente del Consiglio servono a mascherare il fallimento del piano A.
"Se l'Europa vuol essere quella che conosciamo ha il dovere di affrontare il problema dell'immigrazione tutti insieme. L'atteggiamento muscolare di alcuni ministri di alcuni Paesi va nella direzione opposta". Così a margine dell'incontro con il presidente messicano Enrique Peña Nieto commenta le parole del minstro dell'Interno francese Bernard Cazeneuve che ha rivendicato la legittimità dei blocchi dei migranti a Ventimigliavideo di Marco Billeci
«Non possiamo inseguire chi fa tweet sulla scabbia o propone di sparare sul primo che passa», ripete da giorni il premier per arginare la propaganda di Salvini. Ma il guaio è che il leader della Lega sulla bomba immigrazione è riuscito a costruire una narrazione rozza, semplificata, populista quanto si vuole, ma tremendamente efficace.
Predica Salvini: è in corso l’invasione (in realtà i numeri dei migranti arrivati in Italia fin qui sono di poco più alti dell’anno scorso: 57mila, più 6,8 per cento rispetto al 2014), bisogna organizzare i respingimenti alle frontiere (in che modo, se la frontiera italiana è il mar Mediterraneo?), l’Europa non ci aiuta (vero, ma non è Salvini il primo alleato di Marine Le Pen che spinge il governo socialista francese sulla linea dura?). Mentre a Palazzo Chigi sull’emergenza sbarchi il grande comunicatore non ha mai trovato il passo giusto. Ha cercato una precaria terza via tra «salvinismo e buonismo», senza trovarla.
Le Pen e Salvini di nuovo insieme in Europa
Il partito della Rabbia è stato sconfitto dal partito della Speranza, teorizzavano un anno fa gli spin renziani per spiegare perché alle elezioni europee il Pd avesse stravinto contro il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Sulla questione immigrati, però, chi interpreta la rabbia e la paura dei cittadini ha le praterie e sta espugnando l’intero centrodestra: anche il mite Giovanni Toti, neo-governatore della Liguria di Forza Italia, sul no all’accoglienza parla come Mario Borghezio. La speranza, in questo campo, non è trasmessa, alimentata, raccontata. E Matteo Salvini batte Matteo Renzi sul suo terreno: lo storytelling.
Non è un problema di comunicazione. La difficile gestione dell’emergenza mette a nudo la debolezza dell’Italia sul piano internazionale e nel Consiglio europeo, perfino nei rapporti con la Francia di François Hollande e di Manuel Valls, il primo ministro che è sembrato proporsi come il gemello d’Oltralpe di Renzi. I due governi socialisti hanno in comune la pressione di una forza di destra che riesce a cavalcare con abilità le paure dell’opinione pubblica. E sono finiti in rotta di collisione. Ma sull’immigrazione Renzi si gioca molto: in discussione ci sono la gestione dei centri di accoglienza con il sottosegretario Giuseppe Castiglione (Ncd) sotto inchiesta per gli appalti del Cara di Mineo, i rapporti di forza in Europa e soprattutto migliaia di migranti, persone in carne e ossa. Che non possono aspettare un piano B.
Le urne per i ballottaggi, aperte a fine giornata, hanno decretato quale delle due fosse la comunicazione più efficace: Pd sconfitto, centrodestra a trazione leghista risorto. E dire che, a memoria d’uomo, i piani B fanno parte del linguaggio giornalistico, in bocca a un presidente del Consiglio servono a mascherare il fallimento del piano A.
«Non possiamo inseguire chi fa tweet sulla scabbia o propone di sparare sul primo che passa», ripete da giorni il premier per arginare la propaganda di Salvini. Ma il guaio è che il leader della Lega sulla bomba immigrazione è riuscito a costruire una narrazione rozza, semplificata, populista quanto si vuole, ma tremendamente efficace.
Predica Salvini: è in corso l’invasione (in realtà i numeri dei migranti arrivati in Italia fin qui sono di poco più alti dell’anno scorso: 57mila, più 6,8 per cento rispetto al 2014), bisogna organizzare i respingimenti alle frontiere (in che modo, se la frontiera italiana è il mar Mediterraneo?), l’Europa non ci aiuta (vero, ma non è Salvini il primo alleato di Marine Le Pen che spinge il governo socialista francese sulla linea dura?). Mentre a Palazzo Chigi sull’emergenza sbarchi il grande comunicatore non ha mai trovato il passo giusto. Ha cercato una precaria terza via tra «salvinismo e buonismo», senza trovarla.
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Il partito della Rabbia è stato sconfitto dal partito della Speranza, teorizzavano un anno fa gli spin renziani per spiegare perché alle elezioni europee il Pd avesse stravinto contro il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Sulla questione immigrati, però, chi interpreta la rabbia e la paura dei cittadini ha le praterie e sta espugnando l’intero centrodestra: anche il mite Giovanni Toti, neo-governatore della Liguria di Forza Italia, sul no all’accoglienza parla come Mario Borghezio. La speranza, in questo campo, non è trasmessa, alimentata, raccontata. E Matteo Salvini batte Matteo Renzi sul suo terreno: lo storytelling.
Non è un problema di comunicazione. La difficile gestione dell’emergenza mette a nudo la debolezza dell’Italia sul piano internazionale e nel Consiglio europeo, perfino nei rapporti con la Francia di François Hollande e di Manuel Valls, il primo ministro che è sembrato proporsi come il gemello d’Oltralpe di Renzi. I due governi socialisti hanno in comune la pressione di una forza di destra che riesce a cavalcare con abilità le paure dell’opinione pubblica. E sono finiti in rotta di collisione. Ma sull’immigrazione Renzi si gioca molto: in discussione ci sono la gestione dei centri di accoglienza con il sottosegretario Giuseppe Castiglione (Ncd) sotto inchiesta per gli appalti del Cara di Mineo, i rapporti di forza in Europa e soprattutto migliaia di migranti, persone in carne e ossa. Che non possono aspettare un piano B.
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