Immigrazione, se Salvini convince più di Renzi
Il leader della Lega è riuscito a costruire una narrazione rozza, semplificata, populista quanto si vuole, ma tremendamente efficace. Ma non è un problema di comunicazione. La difficile gestione dell’emergenza mette a nudo la debolezza dell’Italia sul piano internazionale
Le urne per i ballottaggi, aperte a fine giornata, hanno decretato quale delle due fosse la comunicazione più efficace: Pd sconfitto, centrodestra a trazione leghista risorto. E dire che, a memoria d’uomo, i piani B fanno parte del linguaggio giornalistico, in bocca a un presidente del Consiglio servono a mascherare il fallimento del piano A.
«Non possiamo inseguire chi fa tweet sulla scabbia o propone di sparare sul primo che passa», ripete da giorni il premier per arginare la propaganda di Salvini. Ma il guaio è che il leader della Lega sulla bomba immigrazione è riuscito a costruire una narrazione rozza, semplificata, populista quanto si vuole, ma tremendamente efficace.
Predica Salvini: è in corso l’invasione (in realtà i numeri dei migranti arrivati in Italia fin qui sono di poco più alti dell’anno scorso: 57mila, più 6,8 per cento rispetto al 2014), bisogna organizzare i respingimenti alle frontiere (in che modo, se la frontiera italiana è il mar Mediterraneo?), l’Europa non ci aiuta (vero, ma non è Salvini il primo alleato di Marine Le Pen che spinge il governo socialista francese sulla linea dura?). Mentre a Palazzo Chigi sull’emergenza sbarchi il grande comunicatore non ha mai trovato il passo giusto. Ha cercato una precaria terza via tra «salvinismo e buonismo», senza trovarla.
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Il partito della Rabbia è stato sconfitto dal partito della Speranza, teorizzavano un anno fa gli spin renziani per spiegare perché alle elezioni europee il Pd avesse stravinto contro il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Sulla questione immigrati, però, chi interpreta la rabbia e la paura dei cittadini ha le praterie e sta espugnando l’intero centrodestra: anche il mite Giovanni Toti, neo-governatore della Liguria di Forza Italia, sul no all’accoglienza parla come Mario Borghezio. La speranza, in questo campo, non è trasmessa, alimentata, raccontata. E Matteo Salvini batte Matteo Renzi sul suo terreno: lo storytelling.
Non è un problema di comunicazione. La difficile gestione dell’emergenza mette a nudo la debolezza dell’Italia sul piano internazionale e nel Consiglio europeo, perfino nei rapporti con la Francia di François Hollande e di Manuel Valls, il primo ministro che è sembrato proporsi come il gemello d’Oltralpe di Renzi. I due governi socialisti hanno in comune la pressione di una forza di destra che riesce a cavalcare con abilità le paure dell’opinione pubblica. E sono finiti in rotta di collisione. Ma sull’immigrazione Renzi si gioca molto: in discussione ci sono la gestione dei centri di accoglienza con il sottosegretario Giuseppe Castiglione (Ncd) sotto inchiesta per gli appalti del Cara di Mineo, i rapporti di forza in Europa e soprattutto migliaia di migranti, persone in carne e ossa. Che non possono aspettare un piano B.
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