Cosa dicono le carte della destra al potere e all'opposizione nel Comune di Roma e in Regione Lazio. E cosa raccontano i precedenti della giunta Alemanno e della connivenza con Carminati. Tra un pranzo, una richiesta di favori, un posto in CdA e un appalto. E il PD?
Mentre l’asse politico tra renziani, grillini e fascisti procede verso il tentativo di defenestrazione antidemocratica del sindaco di Roma, Ignazio Marino ha scatenato polemiche con una frase sulla destra che a Roma dovrebbe “tornare nelle fogne”. La frase, che riecheggia lo slogan “Fascisti, carogne, tornate nelle fogne”, è in effetti pesante e tradisce la difficoltà politica del sindaco, che usa frasi a effetto per compattare un elettorato che non sembra più dalla sua parte dopo il plebiscito che lo portò in Campidoglio. D’altro canto, se tutte le richieste di dimissioni di Marino arrivano dopo l’inchiesta Mafia Capitale, che ha visto coinvolte la destra e la sinistra, in effetti la richiesta di tornare nelle fogne non sembra essere così campata in aria.
PERCHÉ IN EFFETTI LA DESTRA A ROMA DOVREBBE TORNARE NELLE FOGNE
In attesa di eventuali rinvii a giudizio e condanne, infatti, ciò che emerge è che durante il mandato di Alemanno molti fatterelli ingloriosi emersi dalle indagini rimangono lì, a screditare l’immagine della politica romana. Come ad esempio la faccenda ingloriosa dell’articolo del Tempo che serviva ad aiutare Buzzi a discapito di un concorrente che aveva vinto una gara per il C.A.R.A. di Castelnuovo di Porto:
In un’altra conversazione Buzzi parla «di un pagamento di 75.000 euro per cene elettorali a favore di Alemanno». Dopo un articolo sul Tempo, il 12 marzo scorso, sull’intervento del Tar per sbloccare un centro rifugiati («volto a promuovere da parte del Buzzi e del Carminati, una campagna mediatica favorevole al primo»), Buzzi ringrazia con un sms Alemanno per «l’ottimo articolo su il Tempo: ringrazia per noi il direttore e ancora grazie per la tua disponibilità». Alemanno rispondeva: «Un abbraccio». Quanto alle influenze sulla giunta Marino, Salvatore Buzzi commenta al telefono con Carminati, le ingerenze per la formazione della squadra. «Si dice che erano state espressele proprie preferenze in meritoalla nomina di assessori compiacenti rientranti nella propria scuderia di cui almeno sei erano già stati investiti di un incarico». In altri termini, viene registrato la «scuderia è pronta» e si è pronti a «cavalcare». Certo però, «se vinceva Alemanno ce l’avevamo tutti comprati, partivamo…c’amo l’assessore ai lavori pubblici, Tredicine doveva sta’ assessore ai servizi sociali, Cochi andava al verde. Ora noi c’avemo…… Ozzimo, quattro… Ozzimo, Duranti, Pastore e Nigro…».
Senza contare l’ingloriosa faccenducola che ha coinvolto Gian Antonio Chiocci, direttore del Tempo:
Nell’agenda di Carminati ci sono anche il quotidiano Il Tempo e il suo direttore Gianmarco Chiocci. Si legge a pagina 919 dell’ordinanza: «Il 12 marzo 2014 sul Tempo viene pubblicato un articolo dal titolo “Centro rifugiati bloccato dai Francesi. Palla al Tar” volto a promuovere da parte di Buzzi e Carminati una campagna mediatica favorevole al primo, al “Consorzio Eriches 29”, che si era aggiudicato la gara d’appalto europea bandita dalla Prefettura di Roma,nonostante l’esiguità del prezzo; ragione per la quale, in seguito al ricorso proposto dalla francese Gepsa, il Tar aveva sospeso l’assegnazione» .La campagna del Tempo — argomenta il gip — «è volta a ingenerare dubbi sull’imparzialità dell’autorità giudiziaria amministrativa» ed è «sollecitata anche dall’intervento di Alemanno, che viene ringraziato da Buzzi». Ma c’è di più. «Carminati — annota il gip — si era addirittura mosso di persona, incontrandosi, il 13 marzo 2014, con il direttore del Tempo». (La Repubblica, 4 dicembre 2014)
Ancora: la storia dei vertici dell’AMA (nominati dalla giunta) ci fa meglio comprendere a che punto siamo con la raccolta dei rifiuti a Roma e chi ha causato l’attuale degrado:
Per i giudici l’Ama «piuttosto che improntare la propria attività a criteri di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, ha intrattenuto con le cooperative di Buzzi rapporti basati sulla corruzione». Tra Buzzi e Fiscon, secondo i giudici, avvenivano frenetici scambi di sms e gli incontri, denotano l’esistenza di interrelazioni e contatti del tutto anomali nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto. «Buzzi con la giunta Alemanno, e con gli amministratori che ne erano espressione, ha fatto affari d’oro, anche grazie al ruolo di Massimo Carminati che con quei personaggi aveva dimestichezza perché provenienti dalla sua stessa area politica», sostengono poi i giudici del Riesame. «Il fatturato delle cooperative – scrivono – è più che raddoppiato in poco più di due anni, passando da circa 25 a circa 60 milioni di euro». In tal senso non «è possibile equivocare l’affermazione di Buzzi ‘se vince il centro sinistra siamo rovinati’». Per i giudici del Riesame il percorso di Salvatore Buzzi «dimostra il fallimento della funzione rieducativa della pena». «Pur essendo stato condannato nei primi anni ’80 per omicidio volontario e pur avendo beneficiato di misure alternative e della grazia -osservano i giudici nelle motivazione- ètornato a delinquere manifestando la propria insensibilità al precedente intervento dell’autorità giudiziaria».
IL SINDACO E I FASCISTI
Tralasciando poi le responsabilità già emerse sulla questione dell’emergenza rom – ovviamente inventata, come spesso capita alle emergenze di questi tempi – qualcuno potrebbe obiettare anche sulla rete di neonazi che Alemanno portò all’epoca in Campidoglio. Come quel Riccardo Mancini che era un ex di Avanguardia Nazionale, la sigla terroristica di Stefano Delle Chiaie che, incidentalmente, era anche amico di Pino Rauti, padre della moglie di Alemanno, Isabella. Grazie a Delle Chiaie, Mancini ha concosciuto Carminati, e la storia continua fino agli arresti di ieri. Poi c’è Stefano Andrini, che aveva una condanna per aggressione a sprangate risalente alla gioventù da naziskin (?), ma per Alemanno non era giusto che chi aveva ricevuto una condanna per “fatti politici” (sic) dovesse essere escluso dalla società. E così eccolo approdare in quota Gianni ai vertici dell’AMA, finché il caso Mokbel non scoppia e lui, che aveva aiutato Nicola Di Girolamo (il senatore “comprato” dal faccendiere) a ottenere la candidatura all’epoca in cui lavorava con Mirko Tremaglia al ministero per gli italiani nel mondo, ha dovuto lasciare. Mattia Feltri sulla Stampa fece all’epoca altri nomi:
Un giorno, di punto in bianco, a capo della segreteria del sindaco va Antonio Lucarelli, semisconosciuto al mondo; era stato portavoce di Forza Nuova, movimento di estrema destra fondato da Roberto Fiore e Massimo Morsello (ex Nar, di nuovo). Maurizio Lattarulo, altro nel giro della Magliana (dov’è chiamato Provolino), altro nel giro dei Nar, fa un passaggio in Comune come assistente alle politiche sociali. Gianluca Ponzio, compagno di galera di quel D’Inzillo amico di Mokbel, in gioventù vicino a Terza Posizione,viene arruolato nel Servizio relazioni industriali. Vincenzo Piso, ex militante di Terza posizione e di Ordine nuovo, è alemanniano prima di passare nel Nuovo centrodestra. Molti di questi hanno fatto carcere, molti sono stati assolti, molti non hanno commesso alcun reato, chiunque ha diritto, come dice Alemanno, di andare avanti con la vita; ma tutti assieme costituiscono un drappello da lasciar di sale persino i vecchi camerati, che oggi ricordano: «A ogni nomina ci chiedevamo: ma perché?». Non soltanto ex terroristi, sbandati di una volta ormai cresciutelli, ma persino picchiatori da stadio come Claudio Corbolotti, che entra nella segreteria nel sindaco dopo aver raggiunto qualche notorietà con l’arresto per gli scontri di un derby Roma-Lazio del 2004. Una poltrona non la si negava a nessuno, per l’affetto che non sopisce, per oscuro tornaconto, o perché non se ne può proprio fare a meno.
Infine, per quanto riguarda l’ex sindaco, c’è da ricordare anche la vicenda dei voti chiesti a Buzzi alle Europee, che hanno dato luogo all’intercettazione più divertente di Mafia Capitale, quella in cui Buzzi si lamenta con il collaboratore perché ha sbagliato lista, chiedendo il voto a chi non doveva e scatenando proteste.
LA RETATA DI CONSIGLIERI E PRESIDENTI
Anche la retata di consiglieri della seconda ondata di Mafia Capitale ci insegna molto a riguardo della situazione della destra romana nella Capitale. Basti ricordare quanto si racconta nell’ordinanza a proposito di Luca Gramazio, accusato di essere l’anello di congiunzione tra mafia e politica a Roma (e queste accuse dovranno essere provate). Gramazio, figlio di Domenico, detto Mimmo o il pinguino, era un consigliere amico dell’estremismo nero della Capitale e intratteneva rapporti in particolar modo con Casapound. In un’intervista all’Unità che risale al 2009 dai banchi della maggioranza rivendicava di aver appena ottenuto il patrocinio del Comune per la prossima iniziativa di Casapound: una serata sul piano regolatore con Gramazio tra gli ospiti. E in nome di Casapound si preparava a dare battaglia con una delibera sulla casa che «garantisca l’italianità». E in questa intervista all’Espresso Gramazio parlava della sede da assegnare a Iannone e compagnia. Ma non si interessava solo a questo. C’è ad esempio la faccenda dell’approdo dell’avvocato Berti nel consiglio di amministrazione di AMA, una nomina che interessava la banda di Carminati e Buzzi, e che viene pilotata attraverso la scelta di nomi che dovrebbero poi essere utilizzati come referenti dell’organizzazione. A occuparsi della storia è proprio Gramazio:
Luca GRAMAZIO, il 21.11.2012, alle 09:20120, contattava Fabrizio TESTA ed esordiva: “lassù qualcuno ci ama…” precisando: “…oggi ci siamo… alle 18:30 aggiornati per chiudere… per chiudere il quadro io ho avuto un sostanziale sostegno da parte di tutti… di tutti sulla mia … sulla richiesta…su quella posizione che oggi non c’è più, del consiglio di amministrazione… poi dovremmo decide insieme il nome insomma… poi ragioneremo su questo…”. Fabrizio TESTA confermava e ripeteva: “lassù qualcuno ci ama”, utilizzando in modo allegorico una declinazione del verbo amare per indicare l’acronimo dell’Azienda Municipalizzata Ambiente. GRAMAZIO ribadiva che nel pomeriggio ci sarebbe stato “…questo tipo di chiusura e andiamo..”.
Chiosano i magistrati: «E’ appena il caso di rilevare che, in questo come in altri casi, l’uso della prima persona plurale è il segno linguistico di una realtà metaindividuale, della quale entrambi gli interlocutori sono espressione, nel cui interesse i due operano. Una realtà metaindividuale della quale Carminati condivide interessi, finalità e metodi, posto che, come si evince dalla conversazione che segue, egli chiama Testa, attraverso utenze dedicate, per manifestargli la sua soddisfazione e per incoraggiarlo in vista dell’imminente nomina». Ma c’è di più. Il 23 luglio 2013 veniva documentato l’incontro, presso il ristorante Dar Bruttone, tra Luca Gramazio, il Senatore Domenico e Massimo CARMINATI, della cui organizzazione s’interessava Fabrizio Testa. Sempre del periodo delle elezioni invece è invece questo dialogo tra Michele Baldi, poi eletto nella lista di Zingaretti, e lo stesso Gramazio, riportato dal Fatto:
Al telefono il 20 febbraio 2013 con tono scherzoso Baldi diceva: “Senti, visto che vai da Marione (Marione Corsi,speaker radiofonico, ndr), dove i tuoi colleghi vorrebbero pagare ma non ce vanno … Io a te, non a papà, a te … te posso chiedere un favore da leale? …Gli dici alla tua rete di scrutatori de rispettamme?”.E Gramazio assicura: “Cento per cento, stai tranquillo”. La familiarità di Gramazio con le trasmissioni di Mario Corsi è testimoniata anche dall’attività di indagine su Massimo Carminati, visto che il presunto boss si dà assai da fare per l’amico Luca. Scrivono gli inquirenti: “A proposito dell’appoggio da dare a Gramazio Luca per le prossime elezioni, giàemerso in numerose conversazioni telefoniche tra gli indagati, Carminati diceva ‘ho parlatocon quell’amico mio (CORSI Mario) per programmare qualche intervista in radio, le cose, mi ha detto che lui è a completa disposizione’”.
Alla fine Carminati esclamerà: «Sto con il più votato di tutta Roma», al telefono con Testa e riferendosi a Gramazio. Il quale scrisse insieme al padre Domenico una lettera al Fatto per difendersi dalle accuse. Era la fine del dicembre 2013. Altrettando ingloriose sono le vicende che hanno coinvolto Giordano Tredicine, anche lui nel frattempo arrestato. Insomma, le fogne saranno esagerata ma di motivi per darsi una calmata sembrano essercene a bizzeffe. Certo, voi direte, la stessa cosa si potrebbe dire del Partito Democratico. Assolutamente sì, visto il grado di coinvolgimento di nomi importanti del partito nel sistema Buzzi. Ma c’è da aggiungere che il grado di coinvolgimento era alto proprio tra coloro che fanno o hanno fatto la guerra a Marino in questi anni. Coincidenze?
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