domenica 21 giugno 2015

E la ruspa cosa c'entra con gli abbracci ed i baci.

Lega, Matteo Salvini a Pontida mostra il volto gentile. Abbraccio ai "fratelli" del sud. La ruspa "contro Renzi"

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MATTEO SALVINIommento


Ci sono i bambini sul palco di Pontida con i loro genitori, anche un paio di colore, per ossequiare le idee del Family Day. Ma ci sono soprattutto le parole “normale” e “normalità”, citate numerose volte, e poi “gioia”, “comunità”. Ci sono persino gli applausi ai delegati del sud che parlano dal palco, una pugliese e un campano, e l’abbraccio di Salvini: “Amici del sud siete miei fratelli. Se vinciamo, vinciamo tutti assieme”. C’è insomma la volontà di presentare una Lega, e soprattutto un leader che vuole fare un salto di qualità: parlare a tutto il Paese e anche a ceti sociali più moderati, ma sensibili sui temi dell’euro e dell’immigrazione.
La seconda Pontida di Salvini nasce nel segno di una svolta ancora in corso, di una metamorfosi che è ancora un cantiere a cielo aperto: ci sono alcune centinaia di militanti del centrosud, soprattutto da Lazio, Puglia e Sicilia, e gli strali di Umberto Bossi e Roberto Calderoli, che non ci stanno a vedere il pratone come simbolo di un'unità nazionale, anche se contro Renzi e contro Bruxelles. Che rivendicano le radici e soffiano sulla pancia dello zoccolo duro dei militanti. “La Lega è nata per ridare libertà al Nord, non si vince prendendo voti qui e là”, tuona il vecchio Senatur, che ricorda il patto tra i comuni lombardi contro il Barbarossa celebrato proprio a Pontida e grida “Padania libera”, mentre Calderoli avverte: “Piuttosto che scrivere uno statuto nazionale e centralista mi taglio una mano, mio nonno diceva Bergamo nazione e tutto il resto meridione…”.
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Salvini abbraccia tutti, a partire dal fondatore, ma la linea non cambia. Anzi, concludendo il suo discorso dal palco invita i leghisti di tutte le regioni e “gemellarsi e scambiarsi i numeri di telefono”, dal Nord al Sud. “Saremo sempre di più da nord a sud e finché non libereremo questa Italia noi non molleremo mai”. La ruspa campeggia sul pratone, ma è una ruspa più politica e meno aggressiva. Una ruspa rivolta “prima contro Renzi che contro i rom, il governo è assai più pericoloso dei rom”. La Padania resta nel discorso, ma come una delle tante Italie, sorella del Salento, della Sicilia, e degli altri “popoli”. E’ questo il cambiamento radicale di prospettiva, insieme alle parole meno aggressive. “Una volta al governo non dirò più vaffa, noi vogliamo governare questo Paese e cambiare le cose”, spiega Salvini dal palco, in un comizio prudente non solo per parlare a un pubblico più vasto, ma anche per non stordire una base che fatica ad accogliere questa svolta meridionalista. Condita anche dalla proposta di una “Pontida del sud”, visto che “ci sono località già pronte ad accoglierci”. I militanti dal sud sono alcune centinaia. E le loro parole sono simili a quelle di Marco, guardia giurata della Capitale, che vede in Salvini l’unico “argine contro nomadi e immigrati”. 
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Dal palco il leader non entra nel merito della squadra di professori che intende mettere in campo per scrivere il programma di governo. Però fa una lista di intellettuali, giornalisti ed economisti, con cui intende dialogare: oltre a nomi noti del pantheon leghista come Vittorio Feltri, spuntano nomi di “persone intellettualmente oneste che non votano per noi”, come Pietrangelo Buttafuoco, l’editorialista della Stampa Luca Ricolfi, Massimo Fini, l’economista euroscettico Alberto Bagnai. Il leader leghista li cita per descrivere una Lega aperta al confronto e la sua volontà di “aprire le porte del partito a chi è migliore di noi, non come Renzi che si circonda di mediocri”. Elogi anche a Celentano e Jovanotti, che negli ultimi tempi hanno fatto aperture di credito verso il leader del Carroccio.
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L’attacco al premier è una delle costanti della Pontida salviniana, fino al paradosso quando il leader dice “invidio i russi che al governo hanno Putin e non Renzi”. Si coglie anche un insolito rigurgito di modestia quando il Capitano spiega al suo popolo che “di errori ne faccio molti e voglio che voi mi aiutiate a correggerli”. In altri passaggi cita San Francesco - "Cominciano a fare ciò che è necessario poi ciò che possibile e, all'improvviso, ci sorprenderemo a fare ciò che è impossibile" - e intreccia un improbabile dialogo con il Papa: “spero che a Torino oltre ai rom incontri anche gli esodati”. 
“Il mio discorso siete voi”, grida al pratone, che lo applaude anche quando dice “libereremo l’Italia”. Qualche striscione secessionista spunta ancora qua e là, ma la metamorfosi della Lega sembra procedere. Per ora è più incarnata nel carisma politico dell’altro Matteo che in un reale progetto politico nazionale. Ma le radici sono state piantate. “A Pontida ci siamo sentiti a casa”, racconta all’Ansa Stefania Alita, consigliera comunale di Andria sotto le insegne di “Noi con Salvini”. “Nel mio discorso - racconta - ho sottolineato che interpretavo il malessere di tanti uomini e donne del Sud, delusi da una classe dirigente che finora ha privilegiato i ceti parassitari e garantiti rispetto a chi lavora, produce e si mette in discussione. Anche il meridione si riconosce nel programma di liberazione nazionale di Salvini, contro la burocrazia dell'Ue e contro le tasse asfissianti del governo Renzi”. Alle regionali i risultati però non sono arrivati: la costola leghista si è fermata sotto il 2%.
Le alleanze, infine. Sul cantiere del centrodestra, Salvini ripete gli stessi concetti ormai da un anno e non fa eccezione sul pratone di Pontida. “A me non interessano le alleanze ma mi interessa parlare a quel 50 per cento di italiani che non vanno a votare e stanno a casa. Non mi interessa parlare con Alfano, chi se ne fotte di Alfano, ma con gli esodati, i pensionati, quei commercianti costretti a chiudere, a coloro che non credono più nella politica”. Il 23 giugno, il leader leghista vedrà Berlusconi. Sul tavolo, moltissimi temi, ma Salvini ostenta sicurezza: “Un nuovo Nazareno? Non mi interessa. Chi ci sta sui nostri temi può essere alleato, le vecchie etichette destra-sinistra non esistono più”.

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