Salvini cita D'Alema e lancia la Lega Italiana. Ma Bossi: «Me ne vado»
A Pontida 2015 sfila il nuovo corso del Carroccio. Dal palco parlano campani e pugliesi. Ma il Senatùr attacca: «Quando posso andarmene dal cazzo?»
Per capire la Pontida 2015, il consueto raduno della Lega Nord nella bergamasca che segna la svolta sudista del nuovo segretario Matteo Salvini, bisogna spostare le lancette dell’orologio indietro di 24 ore, tornare a sabato 20 giugno. Giorno della modifica dello statuto del movimento padano, durante il congresso federale a Milano. Lì, in corso Venezia, accade un fatto che lascia senza parole i pochi leghisti presenti, una trentina. Umberto Bossi, il vecchio Capo, sta mettendo la firma come primo firmatario alla nuova associazione Lega Lombarda. La modifica dello statuto infatti consente a ogni regione/nazione di diventare associazioni politiche per avere autonomia finanziaria e contabile.
Di fronte al Senatùr c’è Giancarlo Giorgetti, la mente economica del Carroccio. Mentre firma, Bossi chiede: «Quand’è che fate la Lega Italiana così me ne posso andare dal cazzo?». Concetti che poi il Senatùr ripeterà ai giornalisti, in maniera molto più edulcorata. Ma i problemi della nuova Lega a trazione Salvinirisiedono tutti in queste parole del fondatore. La Pontida 2015 non è altro che lo spartiacque tra il vecchio e il nuovo corso dei lumbard.
Bossi: «Quand’è che fate la Lega Italiana così me ne posso andare dal cazzo?»
Il popolo c’è. Come sempre. Il sacro prato accoglie militanti dalle valli del nord e del sud. È questa l’unica vera novità, soprattutto quando dal palco parlano Nicola Marotta, sindaco di Roccagloriosa in provincia di Salerno e Stefania Alita, da Andria, consigliere regionale in Puglia con il partito «Noi con Salvini». L’accento non è bergamasco e si sente. Ma il popolo che un tempo urlava contro i terroni applaude lo stesso.
Tutto merito di Salvini, che con la Lega forte nei sondaggi riesce comunque a tenere a bada i malumori di una base ancora legata al vecchio spirito secessionista. Del resto, lo stesso Roberto Calderoli, tecnico e amministratore del movimento, nel suo intervento mette subito in chiaro che l’articolo 1 dello statuto leghista non è stato modificato. «L’indipendenza della Padania» è rimasta. Non solo. Sottolinea che pure il simbolo è sempre il solito, quel Sole delle Alpi accanto all’Alberto Da Giussano. «Piuttosto mi taglio la mano!» conclude Calderoli a chi gli domanda se possa nascere una Lega Italiana, ricordando pure il nonno indipendentista che amava lo slogan «Bergamo nazione, tutto il resto è meridione».
Eppure il futuro di Salvini da presidente del Consiglio, speranza che risuona in tutti i discorsi degli esponenti leghisti sul palco, passa proprio da qui. Dalla conquista del Sud, dal rendere la Lega un partito capace di arrivare fino in Sicilia, senza perdere l’elettorato del Nord. Sarà anche per questo motivo che durante la Pontida 2015 i riferimenti al settentrione scompaiono, come pure i vecchi slogan “Viva la Padania” o “Prima il Nord”, rimasto solo sulle vecchie bandiere. Ormai i discorsi spaziano dal Venetoall’Italia intera, a un meridione che patisce come il Nord le politiche del governo Renzi. E forse, anche per questo motivo, nel suo discorso Salvini rompe gli schemi del passato.
Calderoli: «Bergamo nazione, tutto il resto è meridione»
Fa il leader moderato. Di centro, cattolico, quasi democristiano. Parla più volte di «normalità», da contrapporre alla sinistra di Matteo Renzi. Lo fa citando il «paese normale» che rimanda al libro di Massimo D’Alema “Un paese normale. La Sinistra e il futuro dell’Italia” del 1995, dove l’ex presidente del Consiglio pugliese - che proprio in quegli anni stringeva un accordo con Bossi quando la Lega era costola della sinistra - spiegava come «il compito della mia generazione è portare la sinistra italiana al governo del paese». Un riferimento non casuale per provare a pescare voti anche in quell’area di centrosinistra contraria al renzismo?
Non solo. Salvini punta sempre più al voto di centro. Solidarizza con la manifestazione contro le unioni civili, porta i bambini sul palco, dice di stare con polizia e carabinieri. E infine sottolinea che la «ruspa prima bisogna usarla contro Renzi, poi sui campi nomadi». Chiede persino ai militanti di stringersi la mano come in chiesa, come gesto di pace. E cita Papa Giovanni Paolo II: «Se sbaglio mi correggerete». Per Bossi di errori Salvini ne sta già facendo tanti. Partendo dal fatto che gli ha tolto l’ultima parola sulle espulsioni. Ma l’attuale segretario tira dritto. «No, noi non archiviamo nessuno, non pugnaliamo nessuno. Siamo riconoscenti nei confronti di chi ci ha portato fino a qua». Dal palco il Seantùr non replica le polemiche del congresso. Ma nel suo discorso cita solo Luca Zaia, il governatore del Veneto. Semplice casualità?
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