martedì 23 giugno 2015

Noi siamo con Marino. Stritolato dai meccanismi della politica cinica Marino è una persona perbene. E noi, persone perbene, ci riconosciamo nei suoi comportamenti. Ingenui e inesperti ma certamente da persona onesta.

Ignazio Marino incontra i consiglieri comunali e va avanti: "Nel 2023 restituiremo ai romani una capitale europea"

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La poltrona è sempre più “scomoda”, anzi “scomodissima” e lo ammette lui stesso. Ma Ignazio Marino, anche dopo l’addio del suo assessore alla Mobilità Guido Improta (tecnico di area renziana), rilancia la sua esperienza da sindaco. Con una serie di appuntamenti per fare coaching: domenica sera con i militanti Pd alla festa dell’Unità di Roma, lunedì nella riunione con tutti consiglieri di maggioranza. E’ un osso duro, Marino, soprattutto per chi vorrebbe spingerlo a una uscita spontanea, una exit strategy concordata con palazzo Chigi magari in cambio di qualche poltrona nazionale.
Dopo l’invito un po’ scomposto dal palco dem a “tornare nella fogne”, rivolto alla destra capitolina, il sindaco nella riunione con i suoi consiglieri ritrova equilibrio e compostezza dei toni. Ma il senso politico non cambia. E neppure l’obiettivo: “Nel 2023 restituiremo ai romani una vera capitale europea, dove non c’è bisogno di chiedere favori, dove le persone vincono le gare per i loro meriti”. La serata con il popolo dem deve averlo rinfrancato, e lo aiuta a digerire l’addio di Guido Improta, uno degli assessori di punta. Improta potrebbe lasciare prestissimo, anche prima del 29 giugno quando sarà inaugurata la nuova tratta della Metro C. “La mia è una decisione personale e non politica, non ho ricevuto input da Renzi”, chiarisce l’assessore, ma la sua scelta non è casuale. E la coincidenza con il pressing renziano per spingere Marino alla resa pare assai poco casuale. 
“Il mio incarico, si sapeva, era a tempo determinato”, aggiunge Improta, “sono stati due anni bellissimi ma faticosi, nei cassetti ho lasciato molti progetti per chi verrà dopo di me”. Per lui si ipotizza un incarico nazionale, al governo o in una delle grandi società controllate dal Tesoro. In bilico anche la titolare del Bilancio Silvia Scozzese, che nei giorni scorsi si è sfogata dicendo “così non si può andare avanti”. Dopo quello sfogo è stata subissata di sms dai colleghi di giunta che l’hanno invitata a restare, così come Marino che non intende perdere altri pezzi. Dopo alcuni giorni di cedimento, Scozzese sembra convinta a fare un altro pezzo di strada a fianco di Marino. Ma in Campidoglio le certezze durano ormai poche ore: tutto è liquido, tutto cambia da un momento all’altro. Almeno fino alla relazione del prefetto Gabrielli sullo scioglimento per mafia, che potrebbe arrivare in anticipo, entro un paio di settimane. Se da Gabrielli non arriverà uno tsunami, Marino potrebbe cogliere quella “assoluzione” per lanciare il rimpasto, rafforzare la squadra con 3-4 innesti e puntare a finire almeno il 2015 in Campidoglio. Tra questi potrebbe esserci anche Matteo Orfini: il suo nome circola da giorni come vicesindaco, ma il presidente Pd non ha ancora deciso: la politica locale non è mai stata la sua passione, e l’impegno da commissario del Pd romano è già molto pesante, tra circoli in rivolta dopo la relazione di Fabrizio Barca e ora anche la protezione del Viminale contro minacce mafiose.
La partita del rimpasto dunque non è ancora matura, almeno nei nomi. Chi ha parlato con Marino assicura che il sindaco “non ha alcuna intenzione di azzerare la sua squadra”, ma solo di rimpiazzare Improta e di fare pochi altri innesti di qualità. Le ultime ore Marino le ha dedicate a spronare la sua maggioranza, raccontando che “i cittadini alla festa del Pd erano entusiasti, ci sono le condizioni per fare bene e curare il male che abbiamo trovato”. Il sindaco chiede “sorrisi” e “determinazione” ai suoi consiglieri, “persone che ci credono”. “Abbiamo fatto un lavoro amministrativo straordinario, Roma può diventare un esempio per il Paese, stiamo ricostruendo le fondamenta della casa”.
L’appaluso dei consiglieri parte in ritardo, inutile dire che il morale è a terra. Molti intervengono raccontando episodi di degrado nei loro municipi (che riguardano in primo luogo la raccolta dei rifiuti), dalla periferia di Tor tre Teste alla borghesia di piazza Bologna. Il capogruppo Pd Fabrizio Panecaldo ricorda che su una delle opere di cui il sindaco si vanta per il buon lavoro, “non siamo stati in grado di comunicare con i romani che si sono arrabbiati, dobbiamo avere l’umiltà di spiegare le cose ai cittadini”. Athos De Luca chiede di “darci degli obiettivi a breve termine, un cronoprogramma. Resettiamo il programma di qui al 2018 e fissiamo 4-5 punti che i cittadini possano valutare”.
Sul sindaco piovono inviti a “coinvolgere i corpi sociali della città”, a fare squadra, a coinvolgere i romani nel lavoro dell’amministrazione. Marino prende appunti. La destra va all’attacco sulla frase sulle fogne, persino Angelino Alfano lo invita a “vergognarsi”. Anche il Pd sembra in imbarazzo: “Una frase sbagliata, ma nessuna sfiducia per Marino”, dice il capogruppo in Regione Riccardo Valentini. “Dimissioni? Dovete chiedere a Marino, francamente non lo so, dipende da lui”, dice il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Secondo Rosy Bindi, il sindaco “deciderà dopo la relazione del prefetto Gabrielli”. 
Nel Pd, sul caso Roma, continuano a suonare molte voci. Il capogruppo di Sel in Campidoglio, durante il vertice di maggioranza, mette il dito nella piaga: “Dobbiamo pretendere chiarezza da Renzi: il governo sta con Roma o vuole boicottarla?”. L’ex capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza invita il partito ad un time out: “Su Roma il partito deve avere una posizione chiara, non possiamo dare il senso che teniamo lì Marino a bagnomaria”. E in effetti la sensazione è proprio questa: quella di una cottura lenta, di una crisi politica prima ancora che giudiziaria, che ancora non trova sbocchi. Alle nove di sera al vertice di maggioranza alcune sedie si svuotano. Chi resta ribadisce a “Ignazio” il proprio “cahier de doleances”. E l’invito a un cambio di passo. Non c’è pace per il sindaco-marziano.

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