giovedì 4 giugno 2015

Marino neanche sfiorato dall'inchiesta Roma Capitale. Maroni indagato. Mi sa che Salvini e Meloni devono chiedere lo scioglimento della giunta regionale Lombarda.

Perché Roberto Maroni è indagato

Secondo l'accusa avrebbe fatto pressioni su Eupolis e Expo S.p.a. per favorire due sue ex collaboratrici

Roberto Maroni
 Roberto Maroni (Roberto Monaldo/LaPresse)
Il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni (Lega Nord) è indagato dalla Procura di Milano con l’accusa di avere esercitato presunte pressioni tramite dirigenti a lui vicini su Eupolis (l’ente regionale di ricerca e statistica) ed Expo S.p.a. a favore di due sue ex collaboratrici quando era ministro dell’Interno: Maria Grazia Paturzo e Mara Carluccio. L’indagine che coinvolge Maroni è partita nel luglio del 2014 a Busto Arsizio da quella su Finmeccanica e poi è stata trasmessa per competenza territoriale a Milano.
Ieri, mercoledì 3 giugno, il pubblico ministero di Milano Eugenio Fusco ha chiuso le indagini contestando a Maroni il reato di “turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente” (avrebbe cioè turbato una gara per favorire qualcuno) e “induzione indebita”. L’induzione indebita a dare o promettere è compresa nella cosiddetta “legge Severino” che disciplina la sospensione e la decadenza dalle cariche pubbliche. Nel caso in cui Maroni fosse condannato in primo grado, potrebbe decadere da presidente della Regione.
L’indagine si occupa di due vicende distinte. La prima riguarda Mara Carluccio e un contratto di consulenza che l’ex collaboratrice di Maroni avrebbe ottenuto dalla società Eupolis (partecipata dalla regione Lombardia) per un compenso annuo di 29.500 euro, somma fissata dalla stessa Carluccio in base alle proprie esigenze fiscali: oltre quella cifra, scrive il Corriere della Sera, avrebbe «pagato troppe tasse». La consulenza sarebbe stata affidata a Carluccio su sollecitazione di Maroni attraverso altri dirigenti o ex dirigenti della regione: Andrea Gibelli, ex segretario generale della Regione appena nominato da Maroni alla presidenza di Ferrovie Nord, e Giacomo Ciriello, a capo della segreteria di Maroni. Scrive il Corriere che «secondo il pm a fine 2013 fu “Gibelli, su sollecitazione di Maroni” a “consegnare personalmente a Brugnoli (direttore generale di Eupolis) il curriculum della candidata Carluccio, chiedendogli di fare in modo che ottenesse una consulenza retribuita presso Eupolis”, richiesta che a Brugnoli veniva poi rafforzata anche “da Ciriello su mandato di Maroni nell’interesse del presidente della Regione”». Il 18 dicembre del 2013 la commissione di Eupolis assegna a Carluccio la consulenza “sulla base dei criteri di valutazione che erano stati fissati da Brugnoli in modo da favorire la candidata Carluccio”.
La seconda vicenda riguarda Maroni e Maria Grazia Paturzo che secondo il pm erano legati da una “relazione affettiva”. Non potendo, secondo l’accusa, essere inserita nello staff del presidente appena eletto per timore che la Corte dei conti potesse fare controlli e contestazioni, Paturzo avrebbe ottenuto compensi attraverso Expo S.p.a. (che è controllata al 20 per cento dalla Regione). Secondo gli investigatori l’amministratore delegato di Expo Giuseppe Sala e Maroni avrebbero concordato per Paturzo un contratto di 6 mesi rinnovabile fino a due anni per 5.417 euro mensili. Repubblica scrive che la questione del contratto non è contestata nell’imputazione, ma che le indagini partite da lì hanno portato alla scoperta di un presunto reato. Maroni avrebbe voluto che Paturzo fosse inserita nella delegazione della Regione per un viaggio promozionale di Expo tra fine maggio e inizio giugno a Tokyo e che fosse spesata da Expo. Le spese prevedevano un biglietto aereo in business class e il soggiorno in un hotel per un totale di circa 6 mila euro. Il viaggio non c’è stato, ma la contestazione resta.
La contestazione si basa su un SMS del 28 maggio di Giacomo Ciriello, capo della segreteria di Maroni, a Christian Malangone, direttore generale di Expo che diversi giornali riportano per intero:
«Christian il Pres ci tiene acché la delegazione per Tokyo comprenda anche la società Expo attraverso la dott.sa Paturzo e voleva che la Paturzo viaggiasse insieme alla delegazione, quindi nella stessa classe di volo e nella stessa classe di albergo».
Per la prima vicenda l’ipotesi di reato contestata a Maroni è «turbata libertà del procedimento di scelta del contraente». Per questa imputazione con Maroni sono indagati anche Andrea Gibelli, Giacomo Ciriello, l’ex direttore generale di Eupolis Alberto Brugnoli che ha già patteggiato 8 mesi e Mara Carluccio. Per la seconda vicenda, il reato contestato è «induzione indebita» regolata dall’articolo 319 quater del codice penale che prevede pene da 3 a 8 anni nei confronti di un pubblico ufficiale «che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità». Secondo il pm Eugenio Fusco, Maroni e Giacomo Ciriello sarebbero gli «induttori» e Christian Malangone sarebbe invece l’«indotto». In base alla legge 231 per la responsabilità amministrativa delle società, anche Expo S.p.a. compare nel registro degli indagati. In caso di condanna in primo grado per questo secondo reato Maroni decadrebbe da presidente della Regione sulla base della legge Severino.
Roberto Maroni ha detto al Corriere di essere tranquillo e di non aver mai fatto pressioni per nessuno. Sulla questione dell’SMS ha poi spiegato: «C’è un SMS sotto accusa, quello in cui sembra che io abbia fatto fare presunte pressioni a Ciriello (Giacomo, il capo segreteria ndr): a me non risulta. Ciriello me l’ha fatto vedere e il messaggio è diverso da quello diventato pubblico, com’è possibile?». E ancora: «Ma che danno c’è stato, visto che il viaggio non è avvenuto e io ho mandato al mio posto il vicepresidente Mantovani?». L’avvocato di Maroni, Domenico Aiello, ha scritto una nota dicendo: «A parte citazioni ad effetto di alcuni sms il cui contenuto è stato palesemente (e sorprendentemente) modificato, non si colgono né gli estremi del reato, né tanto meno il danno per le casse di Regione Lombardia. Spero che l’accusa non si lasci tentare dalle tante sirene del consenso e si torni da subito a confrontarsi e discutere di fatti e non di valutazioni extra giuridiche che non hanno rilevanza sul piano penale».

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