Vincenzo De Luca impresentabile: Rosy Bindi balla da sola. Pure la minoranza è imbarazzata, solo Bersani la difende
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Il paradosso è che proprio sul colpo più duro, proprio sul colpo che “lascia il segno” per parafrasare l’auspicio di qualche tempo fa di Massimo D’Alema, insomma proprio sulla “bomba”, il primo effetto è la solitudine di chi l'ha sganciata, ovvero di Rosy Bindi.
La notizia non sono tanto gli strali, in linguaggio quasi “alla Berlusconi”, da parte dei big della maggioranza renziana, da Zanda che parla di “barbarie” a Carbone che parla di “violazione della Costituzione” a Orfini che evoca i “processi di piazza”. E se il numero di dichiaratori è indicativo dell’ira del Capo (cioè Renzi) il fatto che anche l’ultimo peones abbia diffuso una nota contro la “vendetta della Bindi” la dice lunga sullo stato d’animo del premier segretario.
La notizia è l’imbarazzo tra gli oppositori (interni) del premier. Perché la “bomba” è atomica davvero: la commissione Antimafia comunica in via formale che l’unico, vero, impresentabile del Pd è il candidato Vincenzo De Luca per un reato che sarebbe stato commesso nel ’98 e su un processo sul quale ha rinunciato alla prescrizione. A due giorni dal voto e a mezza giornata dal silenzio elettorale. Quando cioè non si può fare più nulla. Un annuncio che rischia di influenzare, e non poco, il risultato elettorale, e non solo in Campania, ma anche – spiegano le vecchie volpi del Pd – in regioni dove è importante il voto d’opinione e dove già si annunciano astensionismo record e boom dei Cinque Stelle. E l’annuncio rischia, e non poco, di complicare le mosse di Renzi subito dopo il voto in caso di vittoria di De Luca: “Dunque – sussurra un big del Pd – ricapitoliamo. De Luca era già ineleggibile per la Severino. E negli ultimi giorni la Cassazione ha detto che se ne occuperà il giudice naturale e non il Tar. Ora è anche incandidabile per l’Antimafia. È chiaro che se dovesse vincere come diavolo fa Renzi a non sospenderlo immediatamente? Ogni tentennamento verrebbe visto come un aiuto all’impresentabile”.
Ecco, la bomba dell’Antimafia (che nel paese non è una cosa incomprensibile come la Severino, ma un marchio indelebile) rischia di creare nel dopo voto, un inferno se possibile superiore a quello di chiusura di campagna elettorale. E rischia, di conseguenza, di alternare anche i termini dello scontro interno al Pd. E allora, anche in questo caso, se il numero delle dichiarazioni è indicativo di uno stato d’animo, non è un dettaglio che, dentro il Pd, in pochi si schierino a difesa della Bindi. Più delle parole di Bersani, l’unico (“paradossale dare la colpa all’Antimafia, codice votato da tutti”) assieme a D’Attorre e Fassina, contano i silenzi, le mezze parole, i sospiri sussurrati a microfoni spenti dai più: “La verità – è la tesi sussurrata dai più – è che stiamo alla follia. Quella della Bindi è una lista di proscrizione sbagliata, arrivata tardi, quelli dei renziani sono toni che neanche Berlusconi, quella di De Luca è una candidatura sbagliata a monte. A due giorni dal voto tutta una follia”. Anche Gianni Cuperlo, dopo aver spiegato che non si può attaccare l’Antimafia in quel modo, dichiara che va reso “più efficace il meccanismo che porta ad individuare gli impresentabili perché i processi si fanno nei tribunali”.
Il grosso della minoranza Pd, da Speranza a Stumpo, tace, preferendo non infilarsi in quella che pare una rissa. E tace perché, altro paradosso, il “colpo che lascia il segno” rischia di diventare un boomerang. Prosegue il democrat anonimo: “Schiacciarsi sulle posizioni della Bindi è un suicidio. Se l’alternativa a Renzi è questa siamo alla frutta. Dopo le regionali bisognava aprire la discussione in modo politico, sul fatto che Renzi ha gestito male candidature e approccio, mentre così la discussione è tutta sugli impresentabili, senza politica”.
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