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GENOVA - Il lato oscuro della rete non è distante. Non è lontano. E' di fianco a noi: a un solo, semplice, clic. Perché se clicchi quel link, stai lavorando per Facebook. Se scarichi quella foto, stai solo aumentando gli introiti di Google. Un retweet? Soldi a Twitter. Soldi, potere, influenza. Quella che le aziende della Silicon Valley oramai detengono in quantità spropositata. In quantità preoccupante. C'è poca luce nella Sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale di Genova. Una penombra in cui Evgeny Morozov, intervistato da Riccardo Staglianò, conduce i lettori di Repubblica nella zona d'ombra della rete.

RepIdee, Morozov: "La Silicon Valley è il nuovo Welfare State"


Trentuno anni, bielorusso, il campione dei tecno-scettici, lo definiscono i detrattori. "Tecno-scettico? Cioè dovrei dirvi che sono contro gli ascensori? Ma non scherziamo. Si tratta di altro". E parte proprio da questa indicazione l'intervento di Morozov. "Io pongo solo una semplice domanda: siamo consapevoli degli effetti del nostro attuale uso della tecnologia? Sappiamo cosa comporta il nostro uso di Facebook, Google, Twitter per il nostro Welfare State?". La risposta che si intuisce tra le righe è da brividi: abbiamo diritti solo perché cediamo le nostre informazioni. La tecnologia che si sviluppa solo in una direzione capitalista. Una dimensione dove il profitto è garantito dal possesso dai dati. La merce è la privacy. Quella di tutti. Trasformata in pubblicità.

Per Morozov si tratta di comprendere che gran parte dei servizi che ci vengono descritti com "pubblici", in realtà ci sono forniti solo grazie a una dismissione di beni comuni. "Si è data carta bianca a delle società private che gesticono beni che sono di tutti: hanno la briglia sciolta". Google ci conosce meglio di noi stessi, insomma. "E se si tratta solo di dati, non bisogna perdere di vista l'impatto economico: Google, per esempio, non è un semplice motore di ricerca. E' un'azienda che fa previsioni economiche proprio in base ai dati che noi gli forniamo". Le nostre attività costantemente monitorate. "E si tratta si responsabilità politiche: parte della responsabilità in questa situazione è dovuta anche alle politiche degli stati".

L'equazione che Morozov propone lascia per un attimo impietriti: "Il welfare è la Silicon Valley". I nostri diritti, la possibilità di esercitare in una comunità le nostre prerogative, sono influenzate - spesso in modo non del tutto visibile - dai giganti dell'hi tech: acquisiscono le informazioni sulla nostra vita e utilizzano questo enorme archivio come capitale politico per influenzare le scelte dei governi. "Chi all'interno delle organizzazioni sovra-nazionali crede di poter combattere Google con una guerra frontale si sbaglia di grosso: il potere di questi giganti è senza fine".

Il punto è la possibilità di una exit-strategy da questa versione della Rete che conosciamo. "A breve termine non ci sono alternative. qualsiasi movimento che voglia lavorare alla costruzione di una nuova consapevolezza digitale deve comunque avere a che fare proprio con queste aziende". Con il nemico. Perché nulla si muove al di là di Facebook, al di là di Twitter, al di là di Google. Ciò non significa rassegnarsi alla condizione data. "L'unica via d'uscita è riprendersi i propri dati. Non si può distruggere Google. Bisogna aggirare il problema in un'altra maniera", conclude Morozov. Immaginare una nuova rete. Un nuovo modello. Che non svenda la privacy sull'altare del profitto. Anche se questa svendita dura l'attimo di un clic.