Venditti-Salvini, lite in tv a Ballarò
Acceso dibattito su disoccupazione e migranti. Il cantautore: «Io lavoro per campare, tu che fai?».
di Matteo Forlì
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03 Giugno 2015
Comprimi il simbolo di Roma e della romanità e la voce della Lega nello stesso programma e non possono che uscirne scintille. Nel puntata di Ballarò del 2 giugno è andato in scena un concitato botta e risposta tra il cantautore Antonello Venditti e il leghista Matteo Salvini.
«Venditti si dice di sinistra ma non ha parlato di lavoro. L'emergenza non sono i matrimoni gay ma il lavoro», l'affondo di Salvini.
VENDITTI: «IO LAVORO PER VIVERE, TU CHE FAI?». «Salvini nun t'allargà!», la replica di Venditti, «Matteo stabbono, nun t'allargà, non ti devi allargare. Io lavoro per vivere, ho la mia arte. Tu che fai? Io non volevo proprio parlare con te. Siamo noi che ti diamo i soldi per esistere».
«Venditti si dice di sinistra ma non ha parlato di lavoro. L'emergenza non sono i matrimoni gay ma il lavoro», l'affondo di Salvini.
VENDITTI: «IO LAVORO PER VIVERE, TU CHE FAI?». «Salvini nun t'allargà!», la replica di Venditti, «Matteo stabbono, nun t'allargà, non ti devi allargare. Io lavoro per vivere, ho la mia arte. Tu che fai? Io non volevo proprio parlare con te. Siamo noi che ti diamo i soldi per esistere».
E ancora: «Non è svuotando l'Africa che si risolve il problema», perché è «un insulto parlare ancora di campi rom nel 2015». A questo punto è intervenuto anche Matteo Orfini (Pd) che ha ricordato come i campi rom vennero «realizzati da Maroni e Alemanno».
TRA I LITIGANTI TORNA IL SERENO. Ma dopo un po' tra i litiganti è tornato il sereno. «Quello che dice Salvini ha una sua concretezza», ha osservato il cantante riferendosi soprattutto alla proposta di cancellare la legge Fornero, «molte cose che sostiene sono condivisibili». «Solo», ha aggiunto, «vorrei chiedere a Salvini se è un cattolico, se è uno che crede in Dio». Il leader della Lega sorride e dopo aver riconosciuto a Venditti di «aver fatto delle vere opere d'arte» con le sue canzoni, ammette: «Porto mio figlio ogni tanto ad accendere una candela nella chiesa vicino casa, ma vorrei essere più credente, più praticante» e invece «da buon divorziato non credo di essere un grande cattolico». Ma non crede che sia dalla disponibilità all'accoglienza degli stranieri che si possa misurare la religiosità di qualcuno perché, afferma, «chi scappa dalla guerra è mio fratello e lo accolgo», mentre per «chi entra come clandestino in Italia» non «è la stessa cosa».
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