Rischia di non essere un buon affare per gli italiani il passaggio dall'Imu alla Tasi. Lo mostra uno studio del Servizio Politiche territoriali della Uil, secondo cui in 12 grandi città capoluogo di provincia, su 32 che hanno deliberato già le nuove aliquote, la nuova imposta sarà più cara della precedente. Tra queste, ci sono Milano (+ 34 euro), Genova (+67), Bergamo (+21) e Palermo (+2).
Ma l'elenco potrebbe essere destinato ad allungarsi visto che, come riferisce lo stesso sindacato, solo 832 degli oltre 8000 comuni italiani hanno comunicato le nuove aliquote, e solo 514 le hanno pubblicate sul sito del Ministero dell'Economia. In prospettiva, quindi, il conto potrebbe essere più salato per molti italiani. Anche perché oltre alle aliquote differenziate a seconda dei vari tipi di immobili i comuni devono anche scegliere la varie detrazioni previste a seconda di redditi e rendite catastali. In totale, così, sarebbero circa 75.000 secondo la Uil le possibili combinazioni previste nella penisola per pagare l'imposta. A Bologna ad esempio, spiega lo studio, ci sono "ci sono 23 detrazioni diverse in base alla rendita catastale dell’immobile, decrescenti con il crescere della rendita: si parte da 175 euro per gli immobili con rendita catastale fino a 327 euro fino ad arrivare a 5 euro per una casa con rendita catastale di 1.637 euro".
I dati resi disponibili fino ad ora mostrano comunque come molti comuni abbiano spinto al massimo l'asticella dell'aliquota fino al massimo del 3,3 per mille previsto (2,5 di aliquota base +0,8 per le detrazioni). Scelta che non sempre comporta un'imposta media automaticamente più alta. A Milano, ad esempio, dove si rischia di pagare di più, l'aliquota è rimasta fissata al 2,5 e più bassa di quello della vecchia Imu l'effetto detrazioni è complessivamente più scarso e i proprietari di prima casa si troveranno a pagare in media 430 euro, contro i 396. Tra i più penalizzati, secondo la Uil. i genovesi, la cui imposta dovrebbe essere in media di 439 euro, rispetto ai 372 della vecchia Imu.
Ma, simulazioni a parte, il vero nodo riguarda i ritardi nella deliberazione delle aliquote visto che è proprio questa la ragione all'origine dello stallo di questi giorni. La grande maggioranza delle amministrazioni, complici soprattutto le elezioni in arrivo, non ha ancora provveduto a stabilire le nuove aliquote, creando un vero e proprio caos per la riscossione del tributo.
Dal vertice oggi a Palazzo Chigi tra i tecnici del Tesoro e Anci non è ancora arrivata una decisione, dopo che questa mattina il presidente dei sindaci Piero Fassino aveva indicato una soluzione: lasciare la scadenza al 16 giugno per il versamento della prima rata solo ai comuni che hanno già deliberato le aliquote, e concedendo un rinvio a settembre per tutti gli altri, a patto di anticipare ai comuni l'equivalente gettito previsto, circa due miliardi.
tasi