“Le piazze sono anche del Pd. Dobbiamo andare in piazza anche se ci provano, come ieri quando qualcuno non voleva farci parlare…”, vale a dire a Napoli, dove un gruppo di attivisti dei centri sociali ha contestato il premier. Matteo Renzi parla da Milano, in una delle iniziative elettorali che da qui a domenica lo terranno in giro per l’Italia senza sosta. Piazza e tv, a ritmo forsennato come non aveva previsto all’inizio dell’avventura di governo a Palazzo Chigi. Però “la piazza paga”, dicono ora i suoi. Paga anche ci sono contestazioni. “Serve a convincere quell’elettorato ex diessino magari ancora un po’ frastornato dalla leadership renziana…”. Serve poi anche per la sfida con Beppe Grillo, l’avversario numero uno da battere in quello che anche il premier definisce “derby” di domenica prossima. E poi la tv: per conquistare il voto più moderato, quello che ora fa gola pure al M5s. E in fatto di televisione, la tappa odierna di Renzi è densa di significati: Cologno Monzese, lì dove batte il cuore del Biscione, tra le braccia di Mediaset per farsi intervistare da Barbara D’Urso a ‘Pomeriggio cinque’. Nel frattempo, si allontana la nuvola del voto anticipato in autunno, spinta via da presagi elettorali che parlano di testa a testa tra M5s e Pd.
La puntata di ‘Pomeriggio cinque’ viene registrata in mattinata, tra un’iniziativa e l’altra di campagna elettorale, prima Milano e poi Bergamo, al fianco del candidato sindaco del centrosinistra Giorgio Gori, ex direttore di Canale 5 e renziano fin dalle prime Leopolde. Ad aspettare Renzi davanti agli studi Mediaset c’è tutta la prima linea della dirigenza del Biscione: Fedele Confalonieri in testa. Lui scherza: “Tutta questa scorta per me? Guardate che a Mediaset mica mi fanno fuori…”. Però la visita ha dei tratti storici. Renzi è il primo premier di centrosinistra a entrare nel quartier generale dell’impero televisivo di Silvio Berlusconi. Ed è anche il primo segretario del Pd a farlo. Andando a cercare tra i dirigenti Dem ma anche più indietro nel tempo, tra Ds e Pds, solo Massimo D’Alema era stato lì, nell’arena del ‘nemico’. Era il 1996. “Mediaset è una risorsa”, disse allora il presidente della Fondazione Italiani Europei. Un’epoca fa. Ora c’è Renzi, che in effetti aveva già messo piede a Cologno Monzese prima di D’Alema: nel 1994 per partecipare alla ‘Ruota della Foruna’ con Mike Bongiorno. Appunto: un’epoca fa.
La trasmissione della D’Urso, con la quale il tono è colloquiale al punto che si danno del 'tu', è l’occasione per parlare alle casalinghe. Proprio così. Renzi lo ammette, quando non si sottrae al gioco proposto dalla conduttrice di parlare alla “comare Cozzolina da Laurenzana in provincia di Potenza”. E dice: “Voglio parlare anch’io alla sua comare e anche alla signora Anna, che mentre guarda il programma stira…”. Strategie di campagna elettorale, non senza qualche azzardo. Come quando il premier ricorda gli 80 euro in più in busta paga così: “Guarda le mie labbra Barbara, 80 euro mensili e per sempre”. Osa. Perché secondo molti osservatori quella frase, seppure in inglese ‘Read my lips, no new taxes’, costò a George Bush senior la riconferma alla Casa Bianca nel 1988. Ma il punto è che con Beppe Grillo alle calcagna, questa sfida elettorale è di per sé funambolica per il Pd e per Renzi. Tanto da portare il premier a sminuire la portata nazionale delle urne per le europee.
Il presidente del Consiglio lo ha detto ieri a ‘Piazza Pulita’ su La7: quello di domenica “non è un voto politico”. Lo ripete oggi a ‘Pomeriggio cinque’: “Il problema di Grillo e Berlusconi è che devono sapere che si vota per le Europee. Non è che il giorno dopo le elezioni cambia il Governo”. E lo dice anche a Enrico Mentana a 'Bersaglio mobile': "Queste elezioni servono all'Italia se l'Europa cambia, se smette di fare la gnorri sull'immigrazione, sul patto di stabilità. Il resto, la sondaggite permanente su come va il governo, le questioni interne, addirittura qualcuno parla del ruolo di Napolitano... Che c'entra? Usano diversivi per lasciare che le cose continuino così. I conservatori sono quelli che parlano delle beghe italiane".
Parole che servono ad allontanare lo spettro del ritorno al voto in autunno, spettro pur agitato dal premier anche fino a pochi giorni fa. Ora, spiegano i suoi, la scommessa è “durare per fare le riforme fino alla fine dell’anno almeno”. Pure Roberto D'Alimonte, esperto di sistemi elettorali e consulente del premier in materia, esclude un ritorno al voto in un'intervista alla Dire: "Non c'è nessuna ragione costituzionale perché questo possa accadere. E oltretutto non credo che accadrà". Puntare verso le urne anticipate, questo sì, sarebbe un “azzardo”, riflettono nella cerchia del premier. Soprattutto se finisce con un testa a testa tra il M5s e il Pd, magari entrambi sulla soglia del 30 per cento o giù di lì, si ragiona tra i Dem.
Meglio puntare a lavorare su governo e maggioranza per “dare segnali concreti” e insieme lavorare sul partito per eliminare i “bubboni che ci siamo dovuti caricare anche in questa campagna elettorale”, dicono i renziani in riferimento all’affaire Expo in Lombardia ma anche ai dissidi del Pd siciliano che mettono in serio pericolo la vittoria su Grillo nell’isola. E poi c’è Giorgio Napolitano che continua a non guardare con favore scenari che riportino il paese al voto, tanto che proprio oggi il presidente della Repubblica ha ricordato come le riforme siano “da tempo mature” per chiedere ancora al Parlamento di agire subito e offrire un segnale riformatore in modo da poter chiudere il suo secondo settennato al Colle.