Export, una svalutazione non servirebbe a molto
L’elasticità di prezzo delle nostre esportazioni è in media più bassa che per altri Paesi europei
Come varia la domanda mondiale dei nostri prodotti al variare del loro prezzo relativo rispetto ai nostri competitor sugli stessi mercati? Stimare questa relazione, chiamata in economia elasticità di prezzo delle esportazioni, non è un compito semplice, data la differenza di metodologie e le ipotesi sottostanti alla calibrazione di tale stime.
In un paper del 2010, i ricercatori della Banca d’Italia hanno mostrato come gli esportatori italiani, lungi dall’essere spiazzati dalla concorrenza dei Paesi emergenti in mercati tradizionali, ipotesi spesso citata per corroborare il declino industriale del nostro Paese, conservano un potere di prezzo elevato, se comparati agli altri Paesi maggiori della zona euro.
L’elasticità di prezzo delle nostre esportazioni è in media più bassa, qualsiasi sia la metodologia usata. Tale stima media deriva, però, da un mero effetto di composizione delle nostre esportazioni, ovvero una volta esclusi i settori delle autovetture e degli equipaggiamenti di trasporto, le elasticità dei quattro Paesi sono simili. Per di più, la domanda dei beni prodotti è altamente integrata nei Paesi presi in considerazione: il commercio fra Italia, Germania, Spagna, e Francia da solo contribusice per la maggior parte della grandezza dell’elasticità stimata. Questi risultati, assieme ad altri, sono di capitale importanza per comprendere gli effetti sul commercio di una eventuale uscita dall’Euro. Con questi numeri, tenendo ben a mente le limitazioni metodologiche, l’Italia trarrebbe meno vantaggi della Spagna da una svalutazione reale del tasso di cambio.
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