Indagati i primi grillini, che ora litigano
Il consigliere Bono: «Distinguiamo
dal rinvio a giudizio». Ma la base si ribella
dal rinvio a giudizio». Ma la base si ribella
TORINO
«Davide, tu no vero?». A metà pomeriggio Irene Camassa, militante del Movimento 5 Stelle, scrive sul profilo Facebook di Davide Bono, capogruppo in Piemonte. Una domanda che suona come un’implorazione: non sei indagato, vero? Sì, invece: è indagato. Boom. Per la prima volta un esponente della galassia grillina finisce dentro un’inchiesta. E con lui c’è anche Fabrizio Biolè, eletto del 2010 e poi cacciato con lettera dell’avvocato di Grillo, accusato di essersi candidato anni prima come consigliere comunale a Gaiola, nemmeno 600 abitanti in provincia di Cuneo.
È un duro colpo. «Davide, puoi chiarire?», chiede Elisa Bevilacqua, un’altra attivista. Poco dopo Bono chiarisce o, almeno, ci prova. «Sì, sono stato raggiunto da un avviso di garanzia anche io (nessun gruppo è stato risparmiato)». Butta lì una frase che dice tutto sul mito della purezza andato in frantumi: «Un certo effetto lo fa, trovarsi ad essere il primo eletto M5S raggiunto da un avviso di garanzia. Soprattutto pensando ai ragionamenti che tutti abbiamo sempre fatto sui politici indagati. In effetti questo dovrà farci ben riflettere e imparare a distinguere nettamente tra indagini e rinvio a giudizio». Spiega, entra nei dettagli: «A me personalmente contestano 619,91 euro in due anni e tre mesi. E poi 3905,27 di spese per attività dei collaboratori». Benzina, alberghi, trasporti, bar, ristoranti. A una cosa tiene più che a ogni altra: «Non sono state fatte né spese per fini personali né per finanziamento del “partito”».
Dalle pieghe dell’inchiesta emerge una circostanza: per partecipare alle manifestazioni No Tav in Val Susa i consiglieri grillini avrebbero usufruito dei rimborsi chilometrici e per la benzina. Il malumore dei militanti soffoca anche le buone ragioni della lotta contro il super treno: «Potevano o no? Per andare a Chiomonte 4,35 euro si possono spendere di tasca propria... credo».
Brutta giornata, per Bono. La base rumoreggia. È vero che la Procura di Torino non ha risparmiato nessuno dei quindici gruppi in Regione. Ma il punto è proprio questo: loro, di fatto, appaiono come gli altri. Biolè, l’espulso cui viene contestato l’uso di 7500 euro, gioca allo scaricabarile: non è colpa mia, ha fatto tutto Bono. «Purtroppo, su proposta del mio ex capogruppo», da marzo 2011 una quota dei rimborsi sarebbe stata pagata dal conto corrente per il funzionamento del gruppo, non più da quello in cui i grillini raccoglievano l’avanzo degli stipendi (avendo scelto di prendere solo 2500 euro al mese). Errore? Svista? Scelta? «Quando, alcuni mesi fa, analizzando gli estratti conto, ho individuato il totale di queste operazioni non corrette, ho restituito immediatamente la somma al conto corrente del gruppo», racconta Biolè.
Bono non replica. Ma annuncia: «Da parte nostra non ci sono stati abusi. Però sono pronto a restituire ogni singola spesa che non possa ritenersi legittimamente rimborsata dal fondo».
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