CASTA
Spending, la Corte Costituzionale e i suoi privilegi
La Consulta costa 45 milioni ogni anno. Ha una spesa previdenziale di 6 milioni. E giudici pagati fino a 550 mila euro all'anno. L'ultima sentenza sulla legge 40.
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14 Maggio 2015
Roberto Perotti, bocconiano chiamato a Palazzo Chigi da Matteo Renzi per ridare linfa alla spending review, ha scritto due anni fa sulla Voce.info: «Ogni giorno, ogni (suo) giudice costa 750 euro di sole auto blu. Esattamente: per ogni giudice, ogni giorno lavorativo si spendono in media 750 euro per le sole auto blu».
Rispetto ad allora la Corte Costituzionale - ultimo custode della sacralità della Carta e in queste vesti fustigatrice per eccellenza dei malvezzi della politica, come dimostra la sentenza sul congelamento della perequazione pensionistica - è cambiata molto poco, a riprova che la spending review non entra in alcuni palazzi.
SPESA CORRENTE DI 45 MILIONI. A ben guardare l’organismo, nella nota illustrativa e integrativa del suo bilancio di previsione, rivendica che «la diminuzione delle spese correnti precedentemente descritta era stata già avviata nel 2014. Tuttavia in un contesto di così radicale ridimensionamento, nel corso di detto esercizio, era stato comunque possibile realizzare ulteriori economie, consolidatesi nella misura complessiva di euro 480 mila».
Tutto vero, visto che nel 2013 la spese corrente fu di 61.476228,62 mentre 12 mesi dopo si è scesi a 45.210.401 euro. E che quest’anno si prevede di arrivare a 44.786.000.
EMOLUMENTI E CONTRIBUTI STAZIONARI. Peccato che non scendano di un centesimo le voci più onerose del bilancio: i trasferimenti da parte dello Stato (52.700.000) per finanziarne la dotazione e, soprattutto, l’accantonamento per gli emolumenti e i contributi dei giudici.
In quest’ottica basta dire che il governo Renzi, come i precedenti, non può estendere il tetto salariale ai dirigenti della Pubblica amministrazione ai giudici dell’Alta corte. Se pure volesse, dovrebbe cancellare la legge costituzionale n. 87 del 1953, che (dopo una modifica voluta dal governo Berlusconi nel 2002) recita: «I giudici della Corte costituzionale hanno tutti egualmente una retribuzione corrispondente al più elevato livello tabellare che sia stato raggiunto dal magistrato della giurisdizione ordinaria investito delle più alte funzioni, aumentato della metà. Al presidente è inoltre attribuita una indennità di rappresentanza pari a un quinto della retribuzione».
550 MILA EURO AL PRESIDENTE DEL CONSESSO. Se non bastasse, viene anche garantita «ai giudici eletti a norma dell’ultimo comma dell’articolo 135 della Costituzione un’indennità giornaliera di presenza pari a un trentesimo della retribuzione mensile spettante ai giudici ordinari».
I numeri che ne scaturiscono sono esorbitanti. Se la base di partenza è la retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione - il quale ha uno stipendio medio di 311 mila euro lordi annui - aumentato della metà, si arriva ai 467 mila euro annui per i giudici ordinari e ai 550 mila euro per il presidente del consesso, che per legge ha diretto a un incrementato di un ulteriore 20%.
Rispetto ad allora la Corte Costituzionale - ultimo custode della sacralità della Carta e in queste vesti fustigatrice per eccellenza dei malvezzi della politica, come dimostra la sentenza sul congelamento della perequazione pensionistica - è cambiata molto poco, a riprova che la spending review non entra in alcuni palazzi.
SPESA CORRENTE DI 45 MILIONI. A ben guardare l’organismo, nella nota illustrativa e integrativa del suo bilancio di previsione, rivendica che «la diminuzione delle spese correnti precedentemente descritta era stata già avviata nel 2014. Tuttavia in un contesto di così radicale ridimensionamento, nel corso di detto esercizio, era stato comunque possibile realizzare ulteriori economie, consolidatesi nella misura complessiva di euro 480 mila».
Tutto vero, visto che nel 2013 la spese corrente fu di 61.476228,62 mentre 12 mesi dopo si è scesi a 45.210.401 euro. E che quest’anno si prevede di arrivare a 44.786.000.
EMOLUMENTI E CONTRIBUTI STAZIONARI. Peccato che non scendano di un centesimo le voci più onerose del bilancio: i trasferimenti da parte dello Stato (52.700.000) per finanziarne la dotazione e, soprattutto, l’accantonamento per gli emolumenti e i contributi dei giudici.
In quest’ottica basta dire che il governo Renzi, come i precedenti, non può estendere il tetto salariale ai dirigenti della Pubblica amministrazione ai giudici dell’Alta corte. Se pure volesse, dovrebbe cancellare la legge costituzionale n. 87 del 1953, che (dopo una modifica voluta dal governo Berlusconi nel 2002) recita: «I giudici della Corte costituzionale hanno tutti egualmente una retribuzione corrispondente al più elevato livello tabellare che sia stato raggiunto dal magistrato della giurisdizione ordinaria investito delle più alte funzioni, aumentato della metà. Al presidente è inoltre attribuita una indennità di rappresentanza pari a un quinto della retribuzione».
550 MILA EURO AL PRESIDENTE DEL CONSESSO. Se non bastasse, viene anche garantita «ai giudici eletti a norma dell’ultimo comma dell’articolo 135 della Costituzione un’indennità giornaliera di presenza pari a un trentesimo della retribuzione mensile spettante ai giudici ordinari».
I numeri che ne scaturiscono sono esorbitanti. Se la base di partenza è la retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione - il quale ha uno stipendio medio di 311 mila euro lordi annui - aumentato della metà, si arriva ai 467 mila euro annui per i giudici ordinari e ai 550 mila euro per il presidente del consesso, che per legge ha diretto a un incrementato di un ulteriore 20%.
La situazione all'estero: 235 mila euro in Gb e 173 mila negli Usa
Questi numeri, tuttavia, non sono spropositati soltanto se paragonati agli emolumenti degli altri alti magistrati italiani oppure ai principali dirigenti apicali del Paese.
Per esempio in Gran Bretagna i giudici della Corte suprema ricevono un appannaggio di 235 mila euro. In Canada non si superano i 216 mila euro. E ancora meno guadagna il presidente della Corte suprema Usa: 173 mila euro.
Non meno salati, per il contribuente, sono gli assegni pensionistici degli ermellini.
LA MOLTIPLICAZIONE DELLE PENSIONI. La Corte ha messo nel bilancio di previsione 1.235.000 euro alla voce “Oneri per quiescenza a carico della Corte sulla retribuzione dei Giudici costituzionali”, 1,2 milioni a quella “Irap e altri oneri previdenziali a carico della Corte sulla retribuzione dei Giudici costituzionali” e 2.942.000 ancora a quella “Oneri previdenziali ed erariali a carico dei Giudici” e che vengono trattenuti sui lordi, pagati con soldi pubblici.
Questo perché la solita legge del 1953 prevede che «tale trattamento (la retribuzione, ndr) sostituisce ed assorbe quello che ciascuno, nella sua qualità di funzionario di Stato o di altro ente pubblico, in servizio o a riposo, aveva prima della nomina a giudice della Corte». In pratica, basta un passaggio alla Consulta per vedersi ricalcolata verso l’alto la propria pensione, soprattutto in soggetti che possono contare ancora in parte sul metodo retributivo.
SPESA PREVIDENZIALE DI 6 MILIONI. Sempre nella nota al bilancio previsionale si legge: «Circa il 20% dell’intera spesa corrente è costituito dagli oneri necessari al riequilibrio della gestione pensionistica». La spesa previdenziale dell’organismo viaggia verso i 6 milioni di euro. E a peggiorare le cose anche l’abitudine, in uso dagli Anni 90, di votare come presidente il membro con maggiore anzianità per liberare prima quella poltrona.
Per questo, in passato, abbiamo avuto Ugo De Siervo presidente per soli 140 giorni, Valerio Onida per quattro mesi e otto giorni, Giovanni Maria Flick per tre mesi e quattro giorni e Vincenzo Caianiello per 44 giorni.
BENEFIT A NON FINIRE. C’è da dire che su questo versante con l’elezione di Alessandro Criscuolo, in carica fino al 2017, le cose sono cambiate. Ma più in generale non deve meravigliare che, nonostante i forti tagli avvenuti tra il 2013 e il 2014, la nostra Corte costituzionale costa più del triplo di quella britannica. Anche perché l’Alta Corte si mostra molto generosa sul versante dei benefit: si accolla l’utenza telefonica domestica, garantisce l’auto di rappresentanza, non lesina sui costi di trasporto e di trasferta (taxi, treni o aerei poco conta), dà la viacard e il telepass. E accanto al telefonino o al pc di ordinanza, i giudici costituzionali si vedono assegnare anche l’uso di una foresteria nel Palazzo della Consulta o nel centrale immobile di via della Cordonata.
Ma è difficile chiedere di più agli ermellini. Nel bilancio previsionale si legge infatti che «la Corte non ha chiesto la rivalutazione, pur spettante in base ai parametri di rivalutazione monetaria, per le dotazioni degli organi costituzionali, far data dal 2009». Come dire, noi la nostra spending review l’abbiamo già fatta.
Per esempio in Gran Bretagna i giudici della Corte suprema ricevono un appannaggio di 235 mila euro. In Canada non si superano i 216 mila euro. E ancora meno guadagna il presidente della Corte suprema Usa: 173 mila euro.
Non meno salati, per il contribuente, sono gli assegni pensionistici degli ermellini.
LA MOLTIPLICAZIONE DELLE PENSIONI. La Corte ha messo nel bilancio di previsione 1.235.000 euro alla voce “Oneri per quiescenza a carico della Corte sulla retribuzione dei Giudici costituzionali”, 1,2 milioni a quella “Irap e altri oneri previdenziali a carico della Corte sulla retribuzione dei Giudici costituzionali” e 2.942.000 ancora a quella “Oneri previdenziali ed erariali a carico dei Giudici” e che vengono trattenuti sui lordi, pagati con soldi pubblici.
Questo perché la solita legge del 1953 prevede che «tale trattamento (la retribuzione, ndr) sostituisce ed assorbe quello che ciascuno, nella sua qualità di funzionario di Stato o di altro ente pubblico, in servizio o a riposo, aveva prima della nomina a giudice della Corte». In pratica, basta un passaggio alla Consulta per vedersi ricalcolata verso l’alto la propria pensione, soprattutto in soggetti che possono contare ancora in parte sul metodo retributivo.
SPESA PREVIDENZIALE DI 6 MILIONI. Sempre nella nota al bilancio previsionale si legge: «Circa il 20% dell’intera spesa corrente è costituito dagli oneri necessari al riequilibrio della gestione pensionistica». La spesa previdenziale dell’organismo viaggia verso i 6 milioni di euro. E a peggiorare le cose anche l’abitudine, in uso dagli Anni 90, di votare come presidente il membro con maggiore anzianità per liberare prima quella poltrona.
Per questo, in passato, abbiamo avuto Ugo De Siervo presidente per soli 140 giorni, Valerio Onida per quattro mesi e otto giorni, Giovanni Maria Flick per tre mesi e quattro giorni e Vincenzo Caianiello per 44 giorni.
BENEFIT A NON FINIRE. C’è da dire che su questo versante con l’elezione di Alessandro Criscuolo, in carica fino al 2017, le cose sono cambiate. Ma più in generale non deve meravigliare che, nonostante i forti tagli avvenuti tra il 2013 e il 2014, la nostra Corte costituzionale costa più del triplo di quella britannica. Anche perché l’Alta Corte si mostra molto generosa sul versante dei benefit: si accolla l’utenza telefonica domestica, garantisce l’auto di rappresentanza, non lesina sui costi di trasporto e di trasferta (taxi, treni o aerei poco conta), dà la viacard e il telepass. E accanto al telefonino o al pc di ordinanza, i giudici costituzionali si vedono assegnare anche l’uso di una foresteria nel Palazzo della Consulta o nel centrale immobile di via della Cordonata.
Ma è difficile chiedere di più agli ermellini. Nel bilancio previsionale si legge infatti che «la Corte non ha chiesto la rivalutazione, pur spettante in base ai parametri di rivalutazione monetaria, per le dotazioni degli organi costituzionali, far data dal 2009». Come dire, noi la nostra spending review l’abbiamo già fatta.
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